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L’altra sera sono intervenuto ad un interessante dibattito alla Festa dell’Unità sul tema del trasporto pubblico e sulla sua effettiva fruibilità anche da parte delle fasce più “deboli” della popolazione. È un tema di grande rilevanza generale e che è di grande attualità nel contesto metropolitano bolognese.
In quel contesto ho ribadito la mia sollecitazione volta all’introduzione di una tariffa urbana unica integrata per il trasporto pubblico nella Città Metropolitana di Bologna, cercando di recuperare una visione di promozione del trasporto pubblico che vada oltre l’approccio sostanzialmente commerciale alla materia che mi pare abbia caratterizzato la gestione degli ultimi decenni. Forse negli anni ’70 il bus gratis a Bologna fu una scelta dettata da un mix di visione e di robustezza gestionale troppo squilibrato a favore della visione e per questo poi alla lunga insostenibile, ma nella fase attuale mi pare che si stia correndo il rischio opposto, come le tante sofferenze sul trasporto pubblico pur in presenza di bilanci in deciso attivo chiaramente dimostrano. Anche per questo dovremmo davvero recuperare una maggiore visione prospettica, come quella che sarebbe dimostrata da provvedimenti come appunto l’allargamento del perimetro del biglietto urbano.
Una maggiore visione che credo sarebbe utile per rileggere in chiave anche autocritica il percorso fatto su questa materia negli ultimi decenni, caratterizzati da alcune scelte giuste e difendibili ma anche da altre che lo sono molto meno o non lo sono affatto. Un alternarsi di decisioni che alla fine danno la sensazione di un nostro procedere in modo un po’ estemporaneo, e in ogni caso non all’altezza di una tradizione ormai remota che certo non era infallibile ma almeno aveva il pregio di inseguire una visione di lungo periodo.
Non voglio farla lunga, ma se fra qualche tempo avremo il tram a Bologna, non potremo non chiederci i motivi di un ritardo di oltre vent’anni rispetto alla proposta di tram fatta dal sindaco Vitali, e come mai – nella successiva stagione del Civis voluto dalla giunta Guazzaloca – si sia proceduto con lavori durati diversi anni prima di accorgersi che il mezzo non era nè omologato né omologabile. Se abbiamo impiegato diversi anni per renderci conto che il disegno del Passante Nord, pensato da Giuseppe Campos Venuti ed altri urbanisti in un contesto passato in cui era prevista una espansione della città di Bologna verso nord molto maggiore di quella che poi nei fatti si è verificata, non era più adeguato e si è poi passati all’idea di potenziare l’asse attuale tangenziale/autostrada nel cosiddetto Passante di Bologna, forse c’era anche il tempo per immaginare opere di mitigazione e compensazione ambientale più consistenti da quelle infine ottenute da Autostrade, peraltro in un contesto in cui comunque i costi dell’opera sono lievitati enormemente e in una misura che non mi pare sia ancora stata motivata in modo del tutto convincente. E se pensiamo ad una serie di opere urgenti per il nostro territorio – dal nodo di Funo al completamento della Lungosavena alla complanare nord a est della città per fare solo tre esempi – il fatto di averle inserite come opere complementari di progetti autostradali (l’allargamento della A13 per il nodo di Funo, il Passante per la Lungosavena, l’allargamento della A14 per la complanare nord) ha da un lato, almeno apparentemente, risolto il problema del finanziamento delle opere ponendole in larga misura in capo ad Autostrade, ma dall’altro sta determinando un ritardo di anni se non decenni che non è assolutamente accettabile: andate a spiegare a chi esce o entra dal casello Interporto della A13 il senso di non avere nemmeno una semplice rotonda sulla trasversale di pianura, per non parlare dei danni inflitti ad Interporto – su cui giustamente investiamo per aumentarne la capacità di intermodalità – dall’assenza di uno sbocco autostradale decente per gli autotreni in entrata ed uscita.
Se da un lato il SFM (Servizio Ferroviario Metropolitano) è un grande progetto giusto e positivo che doveva/dovrebbe portarci ad avere una sorta di metropolitana di superficie con linee passanti su diverse direttrici, si fatica a capire come non sia stato possibile, nonostante un ritardo di dieci anni sull’avvio dei lavori rispetto alla data inizialmente prevista, prevedere l’interramento della Bologna-Portomaggiore nell’ambito urbano con almeno la predisposizione per il secondo binario, fondamentale per il raddoppio della linea. E se l’idea del People Mover era giusta e difendibile, la scelta tecnologica della navetta sta purtroppo confermando i timori espressi da tanti nel lungo e accidentato percorso fra il bando e la realizzazione dell’opera, e che ha visto anche l’assurda (per non parlare degli aspetti legali) scelta di fare entrare Tper nella gestione di quello che era un project financing. Che dire infine di un Aeroporto che batte record di traffico ma senza dimostrare di considerare una priorità la compatibilità con la vita dei cittadini interessati da un numero di sorvoli largamente superiore a quanto sarebbe possibile ottenere con una gestione più attenta a questo aspetto, per non parlare dell’efficacia organizzativa o della necessità di un disegno più ampio di ripartizione di carico a livello regionale?
Insomma, occorre una visione di lungo periodo ed anche una capacità di autocritica che ci renda credibili nell’intenzione di migliorare quanto di buono si è fatto finora e di evitare il ripetersi di scelte sbagliate e di errori.
Il dibattito è stato interessante, ed ascoltando gli interventi degli altri relatori sono emerse notizie e riflessioni che meritano considerazione: l’importanza di rendere raggiungibili le stazioni del SFM ai potenziali utilizzatori emersa nel racconto di Giampiero Falzone, sindaco di Calderara; la necessità di rivedere i tempi della città e di tenere in maggiore considerazione il punto di vista dei lavoratori nelle parole di Roberto Rinaldi; l’importanza di ripensare il TPL per tutti e non solo per alcune specifiche categorie, col rischio che il bus sia visto come il mezzo per i cittadini di serie B, nella riflessione di Daniele Grillo; il punto di vista dei pendolari, in particolare sulla linea Porrettana, nell’esperienza di Valerio Giusti; le riflessioni sul ruolo di Tper rispetto al territorio di Alice Morotti; le sollecitazioni tematiche della moderatrice del dibattito Elisa Riccioni. C’è sempre da imparare gli uni dagli altri…