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Sono giorni di passione, questi, per gli abitanti dei quartieri di Bologna maggiormente impattati dal rumore degli aerei in partenza e in arrivo all’aeroporto Marconi. Dopo mesi relativamente tranquilli dovuti alla flessione del traffico aereo in tempo di pandemia, oggi che (fortunatamente) si sta ricominciando a viaggiare, la sofferenza per il rumore aeroportuale si sta decisamente aggravando. Lo testimoniano le tante lettere che anch’io – come consigliere regionale che ha seguito nel tempo la problematica – sto ricevendo in questo periodo. Lo testimoniano le discussioni e le prese di posizione: in Regione, in Comune a Bologna, nel quartiere Navile se ne parla, e diversi esponenti politici stanno chiedendo interventi concreti per diminuire il disagio acustico della porzione di città impattata dai sorvoli. Lo testimioniano gli appelli dei comitati cittadini attivi sull’argomento, come il Comitato per la Compatibilità dell’Aeroporto Città di Bologna (Cocompaer) ed altri ancora.
È positivo che si levino diverse voci a chiedere che venga mitigato l’inquinamento acustico dell’aeroporto. Tuttavia, al di là dei giusti propositi, credo che bisognerebbe evitare di ripartire ogni volta da capo, magari proponendo nuovi studi e approfondimenti, e tollerando rinvii e ritardi nell’applicazione delle misure già decise. Sono tutti indizi che accrescono la sensazione che non si voglia davvero prendere il toro per le corna, come si usa dire, e si cerchi invece di allungare il brodo nella speranza, magari, che il trascorrere del tempo porti alla rassegnazione gli abitanti che in questo momento stanno protestando. Ben venga quindi anche lo studio dell’Ausl sullo stato di salute di chi vive nei pressi dell’aeroporto, che dovrà essere svolto su statistica biennale 2021-2022 e i cui risultati definitivi saranno pronti soltanto a marzo-aprile 2023, purché non sia un’ulteriore scusa per ritardare le decisioni necessarie.
E’ infatti del tutto evidente che la situazione migliorerebbe drasticamente se i movimenti aerei avvenissero da e verso Modena (cioè lato pista Bargellino), cercando il più possibile di evitare atterraggi e decolli da/verso la città di Bologna. Ma nessuno ci ha finora spiegato perché ciò non accade nel concreto, in barba alle raccomandazioni e ai protocolli, e quali siano i margini di manovra reali per riuscire ad usare quella leva. In una catena di responsabilità che vanno dall’Aeroporto all’Enac e all’Enav, finora abbiamo ascoltato solo discorsi generici che fanno riferimento al meteo e alla sicurezza del traffico aereo, ma nessuno ha mai detto con chiarezza quanti sorvoli della città dipendono effettivamente da ragioni di sicurezza (io sono convinto che siano molto pochi) e quanti invece da ragioni di convenienza. Personalmente sono convinto che nei momenti di traffico intenso nessuno voglia davvero considerare l’ipotesi di invertire spesso il verso dell’uso della pista (come sarebbe necessario per avere atterraggi e decolli da/verso Bargellino) e quindi si preferisca mantenere gli atterraggi da un lato e i decolli verso l’altro, in modo da avere una maggiore frequenza nei movimenti, ma uno dei due lati è inevitabilmente la città. Come pure immagino che la scelta del verso della pista (ossia se fare sorvolare la città dagli aerei in atterraggio o da quelli in decollo) sia dettato da considerazioni diverse da quelle della mitigazione dell’inquinamento acustico. Sono tutte cose che ho già spiegato in questo post del 2017 e in questo altro del 2018.
È sulla base di questi ragionamenti che ho combattuto in Regione una battaglia insieme alla consigliera Silvia Piccinini del M5S. Dapprima firmando insieme l’emendamento alla legge di bilancio del 2018 che ha deciso l’istituzione dell’Iresa (che doveva partire da luglio 2019) e successivamente adoperandoci perché la legge che regolamenta l’Iresa – di cui sono stato relatore in aula – incentivasse i movimenti aerei da/verso Bargellino. Nel frattempo l’applicazione dell’Iresa era slittata a gennaio 2020, e poi c’è stata la pandemia. Ma da allora sono passati due anni e mezzo, ed è francamente surreale che in tutto questo tempo l’Aeroporto non sia riuscito a mettere a punto il software necessario per applicare l’Iresa nel modo differenziato a seconda del lato della pista utilizzato, come la legge regionale prevede. Qui non stiamo parlando di un software critico per il volo aereo, ma di un banale software amministrativo. L’ulteriore rinvio annunciato in aula l’altro ieri dall’assessora Priolo pare essere un ulteriore indizio di questa volontà dilatoria: non possiamo fingere di non accorgercene. Oltretutto deve farci riflettere che questo ritardo comporti che l’Iresa costi di più al sistema aeroportuale. Nel primo biennio di applicazione della tassa al Comune di Bologna sono andati 1.299.000 euro e al Comune di Calderara 285.000 euro (dati forniti dall’assessora in aula), e queste cifre sarebbero state decisamente inferiori se si fosse applicata la scontistica prevista per incentivare i movimenti da/verso Bargellino.
Il fatto che aeroporto e vettori preferiscano pagare la tassa per intero piuttosto che affrettarsi ad applicare la scontistica prevista e a cercare conseguentemente di ridurre i sorvoli della città è purtroppo un pessimo segnale. Evidentemente l’importo dell’Iresa non rappresenta un incentivo/deterrente sufficiente ad indurre a comportamenti operativi più virtuosi. E a questo punto cresce il timore che quando il software verrà messo in funzione, potrà calare il gettito della tassa ma difficilmente vedremo un cambiamento delle abitudini di sorvolo della città. Quindi cominciamo da subito a pensare a misure alternative, se non vogliamo rassegnarci ad un trend che porterà prevedibilmente a peggiorare ulteriormente la situazione.
Se, come ipotizzo, sono considerazioni operative i motivi che inducono a non variare il verso della pista durante i periodi di traffico intenso, questa rigidità è destinata ad aumentare con la crescita ulteriore che si ipotizza per lo scalo bolognese. Ciò significa che, al di là dell’auspicabile disponibilità di aeromobili meno rumorosi che però richiederà decenni per dispiegarsi, abbiamo di fronte uno scenario di ulteriore peggioramento dell’impatto acustico sulle zone della città interessate dai sorvoli. Per questo dico che è inutile continuare a menare il can per l’aia: è invece ora di mettere le carte in tavola e spiegare le cose come stanno. Ora di smettere di giocare a rimpiattino fra Aeroporto, Enac ed Enav, promulgando protocolli e raccomandazioni che vengono regolarmente ignorate. Smettere di vedere le istituzioni solo come fossero interlocutori formali dell’Aeroporto, quando Comune, Città Metropolitana e Regione sono anche azionisti. La domanda chiave che bisognerebbe fare è la seguente: quanti movimenti aerei potrebbe permettersi l’aeroporto di Bologna se l’uso della sua unica pista fosse autorizzato soltanto (o al 90%, se vogliamo lasciare un ampio margine del 10% per le situazioni meteo avverse e per la sicurezza) da/verso Bargellino? Nel confronto fra questo numero e i numeri previsti dalla crescita del Marconi risiede il tasso di affidabilità delle promesse che si potranno fare ai cittadini che oggi si lamentano per i sorvoli della città.