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Verso le elezioni regionali con gli insegnamenti delle amministrative

Il 12 luglio scorso Stefano Bonaccini si è dimesso da Presidente della Regione per assumere il ruolo di Parlamentare Europeo, cui è stato eletto con oltre 390 mila preferenze. Le prossime elezioni regionali sono state fissate per il 17-18 novembre. I principali schieramenti hanno già indicato i loro candidati presidente: per il centrosinistra ci sarà Michele De Pascale, 39 anni, dal 2016 sindaco di Ravenna, esponente del Partito Democratico; per il centrodestra ci sarà Elena Ugolini, 65 anni, rettrice del liceo Malpighi a Bologna e già sottosegretaria all’istruzione nel governo Monti.

Sono persone che conosco e ritengo che siano entrambe candidature di qualità. Entrambi rappresentano un segno di cambiamento rispetto al passato: De Pascale nel senso del rinnovamento generazionale, Ugolini nell’apertura del centrodestra al civismo. Naturalmente io sosterrò convintamente De Pascale, anche se non mi proporrò per la ricandidatura come consigliere. Ma voglio aggiungere qualche ulteriore riflessione sull’interessante competizione che si profila, anche alla luce dei risultati delle elezioni amministrative del mese scorso.

Elena Ugolini è un’autorevole rappresentante di Comunione e Liberazione, movimento ecclesiale che ha un suo radicamento nel mondo cattolico, nonché risvolti importanti anche in altri settori come l’istruzione, la sanità, l’imprenditoria e la politica. Benché l’appoggio dei partiti del centrodestra sia del tutto esplicito, Ugolini cercherà di ampliarne il consenso sia con un approccio civico di stampo “guazzalochiano” (non è un caso che tanti protagonisti di quella stagione politica fossero presenti alla presentazione della sua candidatura) che cercando di attrarre i voti non solo di CL ma anche del mondo cattolico in generale.

Di fronte a questa sfida, ritengo importante che vi sia consapevolezza nel centrosinistra non solo di costruire una alleanza larga fra partiti, ma di custodire e valorizzare all’interno del PD la pluralità delle culture fondative. Vale a dire che certo sono importanti la tradizione socialista e di sinistra, la cultura ecologica ed ambientalista, ma anche la cultura cattolica democratica. Perché ciò sia vero e non solo uno slogan vuoto occorre riconoscere nella dialettica interna la piena cittadinanza a posizioni non necessariamente subalterne ad un pensiero che – ad esempio su alcune questioni cosiddette etiche – è certo legittimo ma non può pretendere di essere unico o dominante.

Alcune battaglie combattute da me in questi anni come consigliere regionale credo lo testimonino: ad esempio alcuni anni fa abbiamo approvato una legge contro le discriminazioni omofobiche ma abbiamo ribadito al suo interno la contrarietà alla pratica della maternità surrogata; ed anche nel dibattito recente sul suicidio assistito sono state espresse posizioni legittimamente diverse. Questo per fare solo due esempi di temi in cui la diversità di opinioni interne al PD rappresenta una ricchezza da far fruttare nel confronto e nel dialogo, evitando la tentazione (che ogni tanto ahimè affiora) di comprimere tale diversità selezionando come rappresentanti del mondo cattolico solo persone particolarmente accomodanti ed afone quando si tratta di discutere di temi delicati.

In Emilia-Romagna le tentazioni “omologanti” sono più forti che altrove perché la tradizione elettorale, da sempre favorevole al centrosinistra, alimenta la convinzione che la vera competizione sia quella interna al PD per ottenere la candidatura, e poi le elezioni siano una mera formalità. Ma, se mai è stato vero in passato, ormai sono vari i segnali che dimostrano che sia una convinzione non solo sbagliata ma pericolosa. Vero è che Guazzaloca vinse nel 1999 a Bologna anche grazie ad una divisione nei DS e poi fallì la rielezione nel 2004 di fronte ad un centrosinistra ricompattato. Ma da allora sono passati 20 anni, e nel contesto regionale rispetto ad allora ci sono diversi comuni che sono oggi governati dal centrodestra, come Forlì e Ferrara. Ed anche nel territorio bolognese, a ben guardare, sono giunti diversi segnali alle ultime amministrative che meritano di essere raccolti.

Il segnale più evidente è certamente quello che la divisione interna rappresenta sempre un problema. Tanti lo hanno detto commentando alcune sconfitte in comuni dove peraltro il PD ha avuto (lo stesso giorno delle amministrative) eccellenti risultati alle europee. Io mi permetto di aggiungere due cose: anzitutto che dividersi è un problema in ogni caso, anche dove poi si è vinto; e che la valutazione deve partire dal comprendere chi ha la responsabilità della divisione, perché le situazioni sono diverse e meritano di essere valutate nel loro specifico, evitando generalizzazioni sbagliate. E fra le domande da porsi c’è anche quella se tali situazioni potevano essere gestite diversamente.

Ma colgo l’occasione anche per fare qualche osservazione puntuale su alcuni risultati. Risultati da valutare sempre a partire dal voto “politico”, vale a dire dal risultato ottenuto dal PD alle elezioni europee svolte nello stesso giorno.

Per questo a chi elenca fra le sconfitte sorprendenti anche Molinella vorrei ricordare non solo la storia e la specificità di quel comune, in cui alle europee il centrodestra ha raccolto il 52,5%, ma anche che la nostra brava candidata Letizia Fattori, pur sconfitta, ha preso comunque oltre 16 punti percentuali in più del risultato del PD (che alle europee ha raccolto il 29,2%). Per fare un paragone, Milena Zanna a Valsamoggia ha vinto aggiungendo un 12% al 41,5% preso quel giorno dal PD alle europee. Quindi bene festeggiare la vittoria a Valsamoggia, ma diciamo brava anche alla Fattori, e riconosciamo come un miracolo politico la sindacatura per un decennio di Dario Mantovani a Molinella (unico esponente di centrosinistra che abbia governato per due mandati in quella città dal dopoguerra ai giorni nostri).

Il punto di partenza di Valsamoggia (ovvero PD sopra al 40%) è simile a quello registrato a Pianoro col 40,4% e a San Lazzaro di Savena con il 41,7%. Il centrodestra complessivamente ha ottenuto risultati attorno al 35% in tutti e tre i casi. A Valsamoggia la nostra candidatura è emersa da dinamiche locali senza divisioni e si è vinto, a Pianoro si è registrata una divisione che è stata determinante nella sconfitta al ballottaggio, mentre a San Lazzaro Marilena Pillati è stata premiata da un eccezionale 69,4%. Da notare che la candidatura di Pillati è arrivata con un percorso guidato dall’alto, che ha interrotto ad un certo punto il percorso locale, non senza polemiche. Ma questo dimostra che non è sempre vero che le dinamiche locali siano di per sé le migliori possibili: forse se anche altre situazioni locali fossero state maggiormente guidate, alcuni risultati potevano essere diversi.

Il punto di partenza era ancora più alto a Casalecchio (PD 44,7% e centrodestra 30,3%) e Castel Maggiore (PD 45,4% e centrodestra 29,2%). In entrambi i casi il candidato del PD alle amministrative è andato al ballottaggio contro un altro candidato di centrosinistra. A Casalecchio alla fine ha vinto Matteo Ruggeri del PD che al ballottaggio ha preso il 58,5%, ma già al primo turno la sua paziente e tenace campagna elettorale lo aveva portato quasi al 49%. Ecco, vedo due differenze determinanti rispetto a Pianoro e Castel Maggiore: un divario più ampio al primo turno fra i due candidati andati al ballottaggio (a Casalecchio 24%, negli altri due comuni rispettivamente 9% e 11%); e la convinzione diffusa che quella di Casalecchio fosse una competizione interna al centrosinistra, il che ha portato molti elettori a disinteressarsi al ballottaggio (tanto che l’affluenza al ballottaggio è stata del 38% mentre negli altri due comuni ha superato il 50%).

Questa diversa affluenza deve essere spunto di riflessione. Cosa ha portato molti elettori di Casalecchio a considerare il ballottaggio un fatto interno al centrosinistra e disertare le urne? Forse le polemiche che hanno caratterizzato il periodo pre-elettorale, forse la notorietà in città di persone con un lungo corso nel PD come Saverio Vecchia che hanno sostenuto Dario Braga, forse l’endorsement per Braga di Coalizione Civica. Viceversa, cosa ha determinato un maggiore afflusso ai ballottaggi di Pianoro e Castel Maggiore, convincendo parte dell’elettorato che aveva votato al primo turno per i candidati di destra esclusi dal ballottaggio a tornare a votare?

A Pianoro è facile da capire, vista la precedente esperienza nella Lega del candidato Luca Vecchiettini. E se certo ha giocato un ruolo importante nella sua vittoria il sostegno di Simonetta Saliera (già sindaca ed esponente del PD a livello provinciale e regionale), è da sottilineare che comunque il candidato del PD Marco Zuffi al ballottaggio, pur registrando un fisiologico calo rispetto al primo turno, abbia comunque ottenuto 3612 voti, ossia un risultato molto vicino ai 3747 voti presi dal PD alle europee quindici giorni prima. Vecchiettini al ballottaggio ha vinto con 3925 voti, e sicuramente l’appoggio di Saliera – visto il limitato scarto fra i due – è stato determinante, anche se in realtà Zuffi è riuscito a mantenere su di sé gran parte del voto al PD.

Situazione diversa a Castel Maggiore, per diversi motivi. Certo, la cosa più evidente è la ventata di gioventù: Luca Vignoli ha 27 anni e la lista che lo ha sostenuto era composta per lo più di under-30. Ma l’associazione Cose Nuove che ne ha promosso la candidatura aveva da molti anni una chiara caratterizzazione di centrosinistra, ed aveva espresso in passato il vicesindaco nei due mandati di Marco Monesi (con Giovanna Battistini) e poi nel primo mandato di Belinda Gottardi (con Francesco Baldacci). Il nome della lista era lo stesso, il sostegno dei “diversamente” giovani era pubblico: stiamo parlando di persone che avevano avuto ruoli importanti nel PD locale e che anche dopo essere stati (con non grande lungimiranza) messi da parte non sono andati a militare in altri partiti ma hanno semplicemente continuato il loro impegno associativo, sostenendo un gruppo di giovani. Perché i candidati di Cose Nuove sono risultati appetibili anche ad elettori di centrodestra, come dimostrerebbe l’affluenza al ballottaggio molto più simile a Pianoro che a Casalecchio? Forse perché essendoci fra essi diversi cattolici sono stati trattati da alcuni supporter di Paolo Gurgone come se fossero “altro da noi”. Non da parte di tutti, intendiamoci – lo dico per rispetto dei tanti miei compagni di partito che a Castel Maggiore hanno condotto con correttezza e passione la campagna elettorale – ma non mi sono sfuggiti alcuni endorsement per Gurgone che gettavano ombre sui “mondi di riferimento” di Cose Nuove e sottolineavano come un pericolo il loro potenziale disallineamento col pensiero mainstream “sui diritti”.

Non mi sono sfuggiti perché sapendo che “il mondo di riferimento” per diversi esponenti di Cose Nuove è un mondo cattolico di centrosinistra e valutando che il non allineamento con il pensiero mainstream “sui diritti” potrebbe applicarsi anche a diverse mie posizioni, mi è chiaro che veicolare quel messaggio rischia di essere escludente anche rispetto alla componente cattolico-democratica dello stesso PD. E peraltro su Castel Maggiore ha avuto l’effetto di segnalare agli elettori che avevano votato per altri candidati al primo turno che poteva valere la pena di votare Vignoli al ballottaggio. Contemporaneamente al ballottaggio tanti elettori del PD, riconoscendo (fondatamente) la candidatura di Vignoli come non estranea al centrosinistra, hanno colto l’occasione di votarlo per promuovere un rinnovamento. Lo dimostrano chiaramente i risultati al ballottaggio, dove Vignoli ha preso 4305 voti (1004 in più del primo turno e 1150 in più di Gurgone che al ballottaggio si è fermato a 3155 voti). E se a Pianoro al ballottaggio Zuffi ha comunque preso il 96% dei voti presi dal PD alle europee quindici giorni prima, a Castel Maggiore Gurgone al ballottaggio ha raccolto solo il 74% dei 4268 voti presi dal PD alle europee, chiaro segno di un voto che ha premiato Vignoli anche fra gli elettori del PD.

Morale: certamente sarebbe stato meglio ascoltare chi, come me, aveva chiesto invano da tempo di ricucire con Cose Nuove a Castel Maggiore, cosa che a mio avviso sarebbe stata forse possibile con una candidatura diversa, ma oggi saremmo qui a commentare un risultato diverso. Invece ahimè Castel Maggiore è stato l’unico comune a scegliere con le primarie, e adesso i detrattori delle primarie potranno usarlo come caso esemplare per evitare di farle anche in contesti in cui magari invece varrebbe la pena di svolgerle. Ma invito a riflettere anche sull’importanza di non considerare “altro da noi” persone semplicemente perché sono cattoliche: sarebbe un grave autogol anche in vista delle prossime regionali, dove dall’altra parte ci sarà una candidata autorevole come la Ugolini. Per fortuna Michele De Pascale mi pare avere le idee chiare sul punto.

A chiosa di questa riflessione aggiungo che in un paio di comuni purtroppo abbiamo avuto come candidato opposto a noi un nostro ex sindaco, sostenuto anche dal centrodestra. È successo a Malalbergo con la candidatura di Massimiliano Vogli contro il nostro candidato Luca Ferretti e a Castenaso con la candidatura di Stefano Sermenghi contro il nostro candidato Carlo Gubellini: entrambe le situazioni quindi erano potenzialmente molto insidiose. Ora, è vero che il centrodestra alle europee ha avuto risultati diversi nei due comuni, ma mentre a Malalbergo Vogli ha vinto aggiungendo un 8% al 44,8% preso dal centrodestra alle europee, a Castenaso Sermenghi ha preso il 10% in meno del 32,5% ottenuto dal centrodestra alle europee lo stesso giorno, con Gubellini che ha stravinto con il 65%. Il fatto che Gubellini sia un cattolico-democratico a mio avviso non è stato un fattore ininfluente su quel risultato.

Insomma, in questo periodo in cui va tanto di moda il “campo largo” proviamo a ricordarci – tutti – che il centrosinistra è ampio e plurale e anche il PD dovrebbe esserlo. Che non dovrebbe essere obbligatoria una sola provenienza cultural/partitica per poter aspirare a ruoli di rappresentanza dell’insieme. E che del centrosinistra fanno parte in tanti che dobbiamo provare a recuperare, gente che magari non è andata a votare e che dovremmo essere in grado di tornare a convincere. O anche gente che ci ha votato alle europee, ma non alle amministrative, e che non necessariamente sono “altro da noi”. Se riuscissimo a recuperarli per le prossime sfide, non sarebbe affatto un male.

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