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Qualche settimana fa ho accettato l’invito di un cittadino ed ho passato un’oretta a parlare con lui nel bel giardino di casa sua, a Bologna in zona Pescarola. Era pomeriggio, e fra un aereo in decollo ed un altro, abbiamo discusso del problema che affligge la sua famiglia e molti altri bolognesi sorvolati dagli aerei in decollo o atterraggio all’aeroporto Marconi.
Sapendo che sono anni che seguo questo argomento, mi ha manifestato le sue preoccupazioni, soffermandosi sui temi ahimè ben noti del diritto alla salute, alla quiete, al riposo. E anche più semplicemente il diritto di conversare, come stava facendo con me in quel momento, senza essere costantemente interrotti dall’impossibilità di sentirsi mentre gli aerei ci sorvolavano. Mi ha detto del suo scoramento di fronte alle tante parole che si sentono da anni su questo argomento senza però che ciò porti al miglioramento auspicato. E della fatica nel dover ascoltare a volte argomenti sprezzanti, come da parte di coloro che incolpano chi abita sulle rotte degli aerei di aver voluto acquistare case a prezzi bassi proprio per la vicinanza dell’aeroporto salvo poi lamentarsi del rumore dei movimenti aerei: argomento particolarmente offensivo per chi come lui risiede in una casa che appartiene alla sua famiglia da circa un secolo e quindi da ben prima che venisse costruito l’aeroporto Marconi.
Da parte mia gli ho manifestato soprattutto il dispiacere per il fatto che quando si parla della questione del rumore e dei sorvoli della città, generalmente si tende a contrapporre il diritto alla salute e alla quiete dei residenti con le esigenze di mobilità e di tutto l’indotto economico dell’attività aeroportuale. Se si imposta così il discorso, tutto si riduce a una scelta di campo: o si limita l’operatività aeroportuale – pagando prezzi in termini economici e di mobilità – oppure è inevitabile mantenere il pesante carico di inquinamento acustico (e non solo) sulle zone abitate sorvolate a bassa quota dagli aerei. E siccome è largamente prevalente la volontà di non penalizzare l’operatività dell’aeroporto, ai cittadini si chiede di attendere tempi migliori, quando aeromobili più moderni, meno rumorosi e meno inquinanti potranno (forse) mitigare il disturbo odierno. Tutto questo come se la gestione attuale fosse già attenta a contenere al minimo possibile il numero dei sorvoli della città.
Peccato che ciò non sia vero. L’amara realtà è che nella gestione dei movimenti aerei in genere non si presta attenzione a cercare di evitare di fare sorvolare la città agli aerei in decollo o atterraggio, salvo che di notte e in alcuni altri orari particolari. Ovviamente si evita di dirlo esplicitamente, cercando di fare intendere che vi siano tutta una serie di ragioni tecniche (mai del tutto esplicitate) e dunque si vuole far passare l’idea che se ne tenga già conto a sufficienza, senza che in realtà l’attenzione alla minimizzazione dei sorvoli sulla città sia una vera priorità per la gestione diurna del traffico aereo. Se questa attenzione ci fosse, potremmo avere molti meno sorvoli della città. Se vogliamo arrivarci, la prima cosa da fare è proprio sgombrare il campo dall’equivoco che non sia possibile fare meglio di così. Ma è un equivoco tenuto in piedi con tenacia in una difficile interlocuzione con la cittadinanza, ed osare metterlo in discussione è causa di evidente nervosismo ed imbarazzo.
Ne è prova anche il modo con cui è stata accolta la mia conferenza stampa di gennaio, con il calcolo dei sorvoli evitabili della città. E il conseguente palese tentativo di screditare quel mio calcolo, senza peraltro fornire chiarimenti o rispondere nel merito ad alcuna domanda, rimandando alle sedi ufficiali (la Commissione aeroportuale antirumore) dove poi – protetti anche dal fatto che i verbali non siano pubblici, e mi chiedo come ciò sia tollerabile – continuare ad alimentare la convinzione che l’unico modo per mitigare il disturbo dei sorvoli sia quello di limitare l’operatività aeroportuale. Non si vuole cioè riconoscere che ci siano ampi margini di miglioramento che consentirebbero di evitare moltissimi sorvoli dell’abitato di Bologna senza per questo minimamente penalizzare l’operatività aeroportuale e tantomeno mettere in discussione le ovviamente prioritarie esigenze di sicurezza.
È chiaro che riconoscere questi (ampi) margini di miglioramento sarebbe impegnativo per il trio costituito da Aeroporto Marconi di Bologna Spa, ENAC e ENAV, perché farlo implicherebbe poi doversi davvero impegnare per modificare la gestione attuale, che invece tende a non considerare affatto – tranne che in alcuni orari specifici – l’esigenza di limitare i sorvoli della città. Chi mai potrebbe non essere d’accordo sull’affermazione che – fatta salva l’operatività aeroportuale – i movimenti aerei debbano cercare di minimizzare i sorvoli della città? Cosa che peraltro è scritta nero su bianco da anni nelle ordinanze di ENAC, che parlano della pista 30 come preferenziale per i decolli in orario diurno (cioè verso ovest). Ordinanza peraltro largamente inapplicata, come vedremo.
Siccome sono cosciente di quanto siano impegnative questa mie affermazioni, non posso limitarmi a sostenerle solo in modo induttivo. Certo, si può pensare che se fosse vero che si fa già tutto il possibile per evitare di sorvolare la città, forse ci sarebbe maggiore trasparenza: verbali pubblici, studi resi pubblici e non solo citati alla bisogna, risposte chiare con dei numeri in fila e non solo evocative di problematiche non meglio specificate, meno rimpalli fra i tre enti coinvolti per cui la risposta alla domanda fatta in quel momento è di solito competenza di qualcuno che in quel momento non è presente. Ma sottolineare tutto questo non è sufficiente: credo che occorranno numeri e calcoli. È quello che ho cercato di fare a gennaio, dopo aver faticosamente ottenuto dati di utilizzo delle piste aeroportuali per il periodo gennaio-ottobre 2023, ed è quanto intendo fare ora in modo ancora più approfondito. Ci sono molte slide allegate a questo post e sulla base di quei calcoli provo a svolgere di seguito il ragionamento.
Come già detto, premetto che in questa disamina mi preoccupo solo di valutare soluzioni per minimizzare l’impatto di decolli e atterraggi sugli abitanti della città di Bologna. È evidente che si potrebbero fare altre considerazioni di quadro, chiedendosi ad esempio se i voli cargo debbano per forza operare sul Marconi, oppure ragionare di configurazioni alternative del traffico aereo che coinvolgano altri aeroporti in regione, o ancora valutare ordinanze che impongano limiti all’operatività aeroportuale e così via. Si tratta peraltro di provvedimenti considerati e in diversi casi adottati in altri aeroporti italiani ed europei. Ma qui io assumo che l’operatività aeroportuale debba essere garantita senza imporre alcun limite o vincolo esterno che la possa comprimere, perché voglio che sia chiaro il contesto e la domanda su cui vorrei giungere ad una risposta inequivoca. La domanda è la seguente: l’operatività aeroportuale del Marconi viene attualmente gestita al meglio per minimizzare l’impatto di decolli e atterraggi sui cittadini, o ci sono dei margini per fare di meglio? E quanto meglio?
Sappiamo che non stiamo parlando di ricerca della perfezione ma semplicemente di ottimizzazione della gestione del traffico aereo nelle condizioni date. Il Marconi è vicinissimo alla città, e se questo migliora la raggiungibilità dello scalo, d’altra parte rende anche inevitabile che i movimenti che si sviluppano sul lato est della pista (in gergo tecnico: i decolli per pista 12 e gli atterraggi per pista 30) comportino sorvoli a bassa quota dell’abitato di Bologna. I movimenti sul lato opposto (decolli per pista 30 e atterraggi per pista 12) sorvolano la frazione Bargellino di Calderara, e ciò ovviamente disturba i residenti lì, che però sono molto pochi rispetto alle decine di migliaia di abitanti di Bologna sottesi alle rotte sul lato est. Pertanto da tempo si è coscienti che il modo per minimizzare il disturbo ai cittadini sia quello di operare per quanto possibile sul lato ovest. Per questo motivo l’ordinanza 11/2016 di ENAC prescrive che in orario diurno “i decolli avvengono preferenzialmente per pista 30” e in orario notturno “i decolli avvengono per pista 30” (senza preferenzialmente), salvo (in entrambi i casi) “diversa richiesta del pilota per motivi meteo o di sicurezza” (e va bene) e inoltre nel caso diurno anche “salvo motivi ATC” (ovvero ragioni di controllo del traffico aereo).
La richiesta di operare sul lato ovest, per evitare i sorvoli, non è contenuta soltanto (soprattutto per quanto riguarda i decolli) nell’ordinanza citata di ENAC. È la richiesta dei cittadini, è la richiesta – almeno a parole – della politica. È anche la motivazione, esplicitamente dichiarata della scontistica prevista nella legge regionale istitutiva dell’Iresa, la tassa sul rumore aeroportuale, che all’art. 3 della LR 8/2019 (che modifica l’art. 16 comma 4 della LR 15/2012) recita: “L’imposta prevista per gli aeromobili …, tenuto conto delle peculiarità urbanistiche delle aree prospicienti i singoli aeroporti, è ridotta del novanta per cento per gli aeromobili che decollano e del trenta per cento per gli aerei che atterrano, sia in periodo diurno che notturno, verso aree residenziali ricadenti nelle zone di rispetto … e caratterizzate, ognuna di esse, da una densità abitativa non superiore a centocinquanta abitanti per ettaro”. Il che nel caso dell’aeroporto Marconi significa che sono applicati sconti anche molto forti se si decolla verso ovest (pista 30) o si atterra da ovest (pista 12).
In Regione lo abbiamo scritto nel DEFR del 2019, fra gli indirizzi dati alla società partecipata Aeroporto Marconi, che occorre “grande attenzione alla tutela della salute dei cittadini individuando ed attivando ogni strumento utile a minimizzare l’impatto acustico delle zone abitate”. Poi negli anni successivi la priorità è diventata affrontare la pandemia, e negli ultimi DEFR è invece stata reinserita una frase meno impegnativa, che parla di uno “studio di ottimizzazione delle rotte per verifica di sussistenza di possibili strategie di abbattimento del rumore nei dintorni dello scalo”. Comunque evitare i sorvoli della città è quanto tutti – a parole – vorrebbero che si facesse.
I dati non sono buoni. Non lo sono da anni, perché da anni si registra un numero di sorvoli mediamente superiore al 40% dei movimenti aerei, naturalmente con fluttuazioni orarie e stagionali. Al di là del drastico calo dei voli nel periodo peggiore della pandemia, c’è quindi da una parte una curva di crescita dei movimenti aerei sul Marconi, dall’altro una porzione rilevante di essi che avviene sorvolando la città. Quindi delle due l’una: o è impossibile fare meglio di così, oppure da molti anni non si tiene abbastanza in conto l’esigenza di contenere il numero di sorvoli, perché prevalgono altre priorità. Tutto questo avviene, ricordiamolo, mentre è vigente un’ordinanza di ENAC che prescrive che i decolli di giorno debbano avvenire preferenzialmente per pista 30, che viene nella pratica largamente disattesa. Per citare un dato, nel periodo di cui ho analizzato i dati ossia gennaio-ottobre 2023, i decolli diurni si sono così distribuiti: 11251 per pista 30 e 18099 per pista 12. Chiedo a tutti in generale, e a ENAC in particolare: è normale che questo “preferenzialmente” si traduca in un 38% circa dei decolli?
Per anni comitati, cittadini, e chi come me ha seguito il tema, si è posto la domanda di cosa ostasse davvero a cercare di utilizzare quanto più possibile il lato ovest. Ad esempio, in questo mio post del novembre 2017, scrivo che “ancora oggi comunque circa il 60% dei decolli avviene verso la città, ma c’è da chiedersi però come mai, ad esempio, nell’ottobre del 2015 i decolli verso la città siano stati il 18% dei movimenti ma questo sia rimasto un caso isolato”. Era già chiaro, sulla base dei dati allora disponibili, che sui movimenti diurni avessero un peso notevolissimo motivazioni che non erano né legate al meteo e alla sicurezza, né certo legate alla minimizzazione dei sorvoli. Motivazioni logistiche che potevamo presumere essere legate alla gestione del traffico, al rispetto degli orari, alla lunghezza della traiettoria, all’economia di carburante, alle richieste dei piloti, eccetera. Negli orari diurni, caratterizzati da un traffico maggiore rispetto agli orari notturni, questi fattori possono avere un peso maggiore, ma fino a che punto? Non lo sapevamo, e nessuno ce lo diceva con i numeri e la trasparenza che sarebbero stati necessari.
Ma nel 2023 l’Aeroporto riceve lo studio di ENAV intitolato “Misurazione delle performance aeroportuali nello scenario che prevede l’utilizzo delle opposte direzioni della pista, per decolli e atterraggi”. Al solito lo studio non è pubblico, ma arriva sui tavoli delle istituzioni e alcuni contenuti emergono in modo pubblico. Premesso che “opposte direzioni della pista” è un tecnicismo per parlare della situazione in cui decolli e atterraggi avvengono verso e dallo stesso lato, che nel caso del Marconi è ovest per non sorvolare la città. Lo studio calcola che usando piste opposte si possono gestire in modo soddisfacente un massimo di 14 movimenti all’ora, contro i 26 che invece è possibile gestire usando una pista sola (ossia atterraggi da un lato e decolli verso l’altro lato). Siccome l’operatività del Marconi supera non di rado di giorno i 14 movimenti/ora, questo risultato dello studio stabilisce che non è possibile applicare sempre la strategia per piste opposte. Vale a dire che se ENAC forzasse l’applicazione dello scenario a piste opposte lungo tutta la giornata ciò impatterebbe sull’operatività dell’aeroporto riducendone la capacità (infatti in alcuni documenti ne parlano come di uno scenario che ridurrebbe del 47% la capacità massima dell’aeroporto). Ma questa informazione è fondamentale, perché non è detto che possa tornare utile solo per dire che non è uno scenario globalmente applicabile su tutta la giornata: si può pensare anche ad un suo uso dinamico.
Se cioè è lo stesso ENAV – l’ente responsabile del controllo del traffico aereo – a certificare che si possono gestire fino a 14 movimenti all’ora con le “piste opposte”, che dire di tutti gli orari del giorno in cui la somma decolli+atterraggi è minore o uguale a 14? Sarebbero evidentemente gestibili senza sorvoli della città, ovvero almeno in quegli orari quel “preferenzialmente” dell’ordinanza ENAV potrebbe diventare effettivo e reale. E quindi inizio a porre esattamente questa domanda, come faccio ad esempio durante un’audizione in Commissione regionale il 23 giugno 2023 approfittando della presenza dell’AD di Aeroporto Nazareno Ventola. Chiedo “che cosa impedisce nell’operatività normale di utilizzare solo quel lato della pista con decolli verso ovest e atterraggi da ovest in tutte le fasce orarie che prevedono meno di 14 movimenti all’ora?”. Risposta durante la replica dell’AD Ventola: “Sull’uso delle piste contrapposte anche al di fuori della fascia oraria notturna, questo è un tema di ENAV, non possiamo rispondere”.
A questo punto mi rassegno a farmi il calcolo da solo e cinque giorni dopo (28 giugno) presento una interrogazione per ottenere i dati. Il giorno 11 settembre arriva la risposta dell’assessorato, corredata da risposte dei tre diversi enti. Sorvolo sulla parte delle risposte che si configurano come il classico rimando di responsabilità ad uno degli altri enti coinvolti, e mi soffermo solo sulla risposta di ENAV che contiene anche alcune informazioni interessanti. Infatti ad un certo punto spiega che “riguardo al valore di massima capacità teorica dell’Aeroporto di Bologna risulta necessario evidenziare come si tratti di un valore di ‘teorico picco massimo’ utilizzabile esclusivamente in fase strategica e di pianificazione e che, nella pratica effettiva, tale valore potrebbe essere ridotto, in fase tattica, in funzione del combinato di una o più variabili come l’effettivo mix arrivi/partenze; la tipologia e le caratteristiche dei velivoli (c.d. fleet mix); le condizioni meteorologiche (in particolare le condizioni relative alla visibilità) e l’effettiva agibilità della configurazione dell’infrastruttura aeroportuale (pista, vie di rullaggio, piazzali, aiuti visivi luminosi al suolo, incluse le stop-bar, ecc.) e dello spazio aereo nelle prossimità dell’aeroporto (CTR Control Zone)”. E inoltre più avanti “si verrebbe così a determinare una frequente variazione dei sensi della circolazione al suolo di mezzi e aeromobili e nello spazio aereo circostante degli aeromobili con conseguente aumento dei carichi di lavoro degli Operatori Aerei, del personale del Gestore Aeroportuale e degli Handler, dei tecnici impegnati nella manutenzione degli assetti e dei sistemi tecnologici in uso”. E ancora “l’implementazione dinamica dello scenario ipotizzato – oltre a dover esser compatibile con le condizioni meteorologiche in atto – introdurrebbe una modifica del sistema funzionale di gestione del traffico aereo che, nel rispetto della vigente e sovraordinata regolamentazione europea, dovrebbe essere valutato dal punto di vista della sicurezza operativa (safety)”. Riassumendo: non è detto che si riesca a mantenere sempre il limite dei 14 movimenti/ora; sarebbe un significativo aggravio di lavoro; la procedura dovrebbe essere preventivamente valutata dal punto di vista della sicurezza. A me non sembra un no su tutta la linea: anzi, evidenzia le difficoltà operative che sarebbero da affrontare per procedere su quella strada. Difficoltà operative che da sempre sospetto siano il vero motivo per cui c’è chi preferisce continuare a buttare la palla in tribuna piuttosto che rimboccarsi le maniche e verificare fino a che punto i sorvoli della città sarebbero effettivamente evitabili. Già, ma rimaneva aperta la domanda di quanti sarebbero i sorvoli evitabili, quanti cioè nelle ore con non più di 14 movimenti/ora, almeno come stima di massima eventualmente affinabile alla luce delle difficoltà implementative, che però emergerebbero solo se quella strada venisse effettivamente intrapresa. E torniamo ai dati richiesti.
In questa prima risposta i dati non c’erano e venivano preannunciati come in arrivo. In effetti i dati sono poi arrivati il 20 settembre: si trattava di molte tabelle interessanti ma tutte aggregate, per cui non si riusciva a ricavare in quali orari ci fossero stati movimenti entro i 14 o oltre. Eppure mi pareva di aver posto con chiarezza la richiesta di “ottenere un report dello storico di decolli e atterraggi che contempli un congruo periodo di tempo e che consenta di evidenziare – oltre alla pista utilizzata per decollo o atterraggio – anche il numero di movimenti aerei all’ora avvenuti lungo tutto il corso della giornata”. Ho allora fatto presente che quanto ricevuto, pur contenendo dati interessanti, non si prestava ad essere elaborato al fine che mi prefiggevo (e che peraltro avevo chiaramente spiegato nell’interrogazione). Così il 18 ottobre mi sono arrivati nuovi dati, ma si trattava degli stessi del 20 settembre, solo in un formato editabile (non più pdf ma excel): evidentemente era stata fraintesa la mia richiesta, ritenendo che il mio problema fosse quello di non riuscire a estrarre i numeri dai pdf. Ho ribadito e rispiegato il senso della mia richiesta, e grazie anche all’intervento della vicepresidente Irene Priolo sono infine riuscito ad ottenere i dati richiesti (in pdf): 15 dicembre 2023.
Così per Natale finalmente dispongo dei dati richiesti. Estraggo i numeri dai pdf e ottengo il numero dei movimenti aerei e dei sorvoli in orari con non oltre 14 movimenti/ora, ovvero i sorvoli teoricamente evitabili secondo lo studio di ENAV. Il calcolo dice che si sarebbero potuti evitare 17868 sorvoli sui 25249 totali avvenuti in orari diurni nel periodo gennaio-ottobre 2023. Non entro nel dettaglio delle elaborazioni fatte in quei giorni e di quanto ho comunicato in conferenza stampa il giorno 8 gennaio 2024, che trovate ampiamente illustrato in questo post.
Il giorno dopo diversi giornali e tv riportano il dato dei sorvoli evitabili. Mi arrivano diversi messaggi di apprezzamento da parte di cittadini. Qualcuno mi invita a leggere un gruppo facebook frequentato sia da cittadini dei comitati che da alcuni controllori di volo, ma da parte di questi ultimi arrivano i soliti rimandi a ragioni tecniche che noi umani non possiamo pretendere di capire, e in un paio di casi direttamente insulti. Ma la reazione più interessante è dell’AD di Aeroporto, lo stesso Nazareno Ventola che in Commissione mi aveva risposto che di questi argomenti non poteva parlare essendo di competenza di ENAV, che risponde a margine di un evento alle domande dei giornalisti dandomi sostanzialmente dell’incompetente, naturalmente senza fornire alcuna delucidazione sul perché il calcolo che ho presentato non abbia un fondamento. Capisco anche che fosse difficile controargomentare, visto che mi ero basato su dati forniti da loro e su uno studio fatto da ENAV. Gli rispondo pubblicamente chiedendo di dirmi quali sarebbero i sorvoli evitabili secondo lui, ma non arriva più alcuna risposta. E tutte le successive dichiarazioni rimandano ad un unico luogo di confronto: la Commissione Aeroportuale sul Rumore, vale a dire la Commissione ex art. 5 D.M. Ministero dell’Ambiente 31/10/1997.
In quei giorni successivi, al di là delle reazioni pubbliche ricevute, cerco il modo di portare avanti il confronto per cercare di ottenere risposte non evasive. Diversi consiglieri comunali bolognesi citano il mio contributo, e mi dicono che mi chiameranno a parlarne in Commissione comunale, spero che possa accadere presto. Cerco di parlare con ENAV, e alla fine ottengo un colloquio telefonico con un esponente della direzione societaria, ma dopo aver provato ad usare i soliti argomenti, di fronte alle mie considerazioni che portavano numeri e chiedevano numeri e non motivazioni vaghe, mi viene detto che loro sono tenuti a rispondere solo nei luoghi deputati, vale a dire ancora e sempre la Commissione Aeroportuale sul Rumore. Mi informo e vengo a sapere che la riunione successiva si sarebbe tenuta il 14 febbraio successivo. Siccome solitamente partecipano assessori di Bologna e di Calderara, presidenti di Quartiere, ossia non solo tecnici ma anche politici, chiedo di essere aggiunto alla delegazione della Regione per andare ad esporre i miei argomenti, in fondo sono un Consigliere regionale: ma non mi viene concesso. Mi promettono però di far rappresentare il tema dai tecnici regionali, cosa che mi risulta essere stata fatta, e in effetti nel verbale se ne parla (una riga). Nel verbale ci sono però ben 35 righe di dichiarazioni, convergenti fra loro, fatte dai rappresentanti dei tre enti coinvolti, che sostanzialmente intendono controbattere alle mie affermazioni. Mi piacerebbe molto poter riportare quelle righe per confutare le affermazioni fatte in quella sede, ma purtroppo nella lettera di accompagnamento con cui mi è stato fornito il verbale mi è stato esplicitamente ricordato che lo stesso non è pubblico. La non pubblicità di questi verbali è una scelta che trovo davvero difficile da spiegare ai cittadini, per usare un eufemismo. Non mi sono arreso e ho chiesto spiegazioni, che mi sono arrivate: “A seguito del riscontro di ENAC, si conferma che per la pubblicazione o la divulgazione a terzi dei suddetti verbali è necessario sia presentata debita istanza direttamente alla Direzione territoriale di ENAC da parte dei soggetti terzi interessati”.
Cercherò comunque di riassumere l’essenza degli argomenti che in vario modo ho sentito utilizzare per motivare la preclusione allo sforzo di evitare i sorvoli della città attraverso l’utilizzo delle piste opposte.
Una prima linea di argomenti è quella di cui ho già parlato, ossia intendere la richiesta come un limite operativo imposto all’aeroporto, che lo porterebbe a perdere voli, soldi, passeggeri. Ho già spiegato che non è questo il senso della mia richiesta, che viceversa chiede, senza toccare l’operatività, di fare il massimo per evitare i sorvoli della città.
Una seconda linea di argomenti consiste nel richiamare le ordinanze di ENAC ricordando che esse già prevedono misure per cercare di contenere i sorvoli della città. In effetti questo è vero, ma mi chiedo come facciano coloro che lo ricordano a dirlo restando seri, visto che come ho già ricordato quel “preferenzialmente per pista 30” si traduce quasi sempre in numeri lontanissimi dall’obiettivo indicato. Ho già detto nel periodo di cui ho i dati, per pista 30 c’è stato il 38% dei decolli, mentre il restante 62% ha sorvolato Bologna.
La terza linea di argomenti, quella più sottile, mira a sostenere che l’uso a piste opposte non può essere la regola ma una eccezione. Come a dire: buona grazia che ci impegniamo a farlo di notte, non potete pretendere che ci mettiamo a farlo anche di giorno.
Per controbattere soprattutto a quest’ultima linea di argomenti ho analizzato i dati in modo più approfondito di quanto fatto nei giorni di fine dicembre – inizio gennaio scorso prima della conferenza stampa del 8 gennaio. Il report che ne è uscito è un corposo documento che potete ovviamente consultare integralmente, qui di seguito ne riporto le principali risultanze.
1) Di notte c’è attenzione ad usare le piste opposte per evitare sorvoli della città, ma questa attenzione non era massima nei primi mesi dell’anno (20% di sorvoli) e diventa invece molto più attenta da fine giugno in poi (6% di sorvoli), come esito della polemica che c’era stata con il Comune e l’adozione di quello che hanno chiamato “scenario bridge” per la notte (sinonimo di uso delle piste opposte per far decollare verso e atterrare da ovest). Da notare che da giugno è operativa l’ordinanza ENAC 5/2023, e sulla differenza semantica fra questa e la precedente 11/2016 si potrebbe lungamente argomentare: ma per riassumere possiamo dire che sui decolli le due ordinanze sono pressocché identiche, e quindi la svolta sui comportamenti operativi è difficilmente riconducibile a quanto è scritto nelle ordinanze.
2) Dalle 6 alle 7: si tratta di un orario caratterizzato da moltissimi decolli e pochi atterraggi, e di solito si usa pista 30, quindi a sorvolare la città ci sono solo i pochi atterraggi. Questo orario con molti voli e relativamente pochi sorvoli pesa molto sul fatto che i sorvoli diurni sia di qualche punto percentuale inferiore alla metà dei movimenti diurni.
3) Dalle 7 alle 8 non ci sono tanti movimenti all’ora (circa 7 di media), e praticamente sempre si sta sotto i 14 movimenti/ora. In quest’orario osserviamo comportamenti a macchia di leopardo, ossia alcune volte si sta attenti ad evitare i sorvoli, altre volte invece non vi si presta alcuna attenzione.
4) Nel resto degli orari diurni viene usata normalmente una pista sola (ossia stessa direzione per gli arrivi e le partenze) con conseguenti sorvoli per circa la metà dei movimenti aerei. Diversi degli orari diurni hanno visto superare i 14 movimenti/ora. L’orario “peggiore” è risultato essere quello dalle 10 alle 11 con 12,7 movimenti di media, ma ben 120 giorni su 304 hanno registrato oltre 14 movimenti/ora.
5) Pur in un contesto di uso di una sola pista, sono frequenti i casi in cui c’è uno o più movimenti “contromano”, ossia che partano o arrivino aerei sulla pista opposta. Se di notte questo è chiaramente finalizzato ad evitare i sorvoli, di giorno avviene per altri motivi (ossia non vi è una correlazione chiara con l’evitare di sorvolare la città), con effetti a volte migliorativi e a volte peggiorativi sul numero dei sorvoli di Bologna. Quante volte? Per esempio fra le 8 e le 9 è capitato 158 giorni su 304 (40% delle volte) che qualche aereo usasse la pista opposta (1820 movimenti lungo la pista prevalente, 344 aerei “contromano”). E anche in orari dove è capitato poche volte, parliamo comunque di oltre il 20% dei giorni considerati. Questo cosa prova? Che la pista viene “girata” quando serve, anche in orari di punta, e viene fatto per lo più per altri motivi. E allora cosa osta a girarla anche per evitare i sorvoli della città?
6) In orario diurno è capitato diverse volte che si evidenzino comportamenti isolati virtuosi, vale a dire che in certi orari sono decollati e partiti aerei verso ovest riuscendo ad ottenere zero sorvoli della città. Perché in quei giorni sì e negli altri no? Non è dato saperlo. Ma sto parlando di casi in cui si sono usate le piste opposte evitando sorvoli, in modo episodico certo, ma significativo. Ed è interessante notare che è capitato anche in orari con molti movimenti. Ad esempio il 14 settembre 2023 sono decollati 14 aerei sulla 30 e atterrati 2 aerei dalla 12: ossia 16 movimenti in un’ora con zero sorvoli di Bologna. Ma è difficile immaginare che ciò che è evidentemente possibile in alcuni casi non possa essere ricercato ed ottenuto anche in altri casi ed orari.
7) Un giorno particolare che merita di essere citato è il giorno di capodanno 1 gennaio 2023. Fino alle 12 l’aeroporto ha operato per piste opposte, con zero sorvoli. Come se qualcuno avesse voluto lasciar dormire i bolognesi almeno fino a mezzogiorno. Poi dopo le 12 è ripresa l’operatività consueta coi sorvoli sulla città. Si può obiettare che non c’erano tanti voli quella mattina (una quarantina), ma in tanti altri casi con un numero di movimenti/ora uguale o inferiore ci sono stati sorvoli della città. Insomma, se era un regalo di capodanno ai bolognesi, perché non provare a farlo tutto l’anno?
Se siete arrivati fin qui vi invito a leggere il corposo report. Dopodiché restano solo le conclusioni. A me pare evidente dai numeri che se solo lo si volesse si potrebbero evitare un sacco di sorvoli della città. Forse non il 70% frutto del mio calcolo pubblicato a gennaio. Forse di meno, ma sarebbero comunque tanti. Ma forse anche di più, visto che lo studio è di ENAV e non si può supporre che siano stati volutamente di manica larga nelle loro stime, alla luce di tutto quanto sappiamo, e visto che ci sono delle ore che nella pratica hanno avuto zero sorvoli con più di 14 movimenti.
Certo, è una strada complicata e faticosa, perché impegnativa per gli addetti ai lavori. Impegnativa per ENAC, che forse potrebbe cominciare a non accontentarsi di scrivere “preferenzialmente” nelle sue ordinanze, ma andare a controllare anche come vengono praticamente applicate. Impegnativa per ENAV, che certamente vedrebbe un aggravio delle sue incombenze, dovendo gestire il traffico aereo tenendo conto di una priorità ulteriore, come per adesso fanno solo di notte. Impegnativa per Aeroporto, che ha la responsabilità di far girare un meccanismo complesso di cui aumenterebbe la complessità. Ma sono queste ragioni sufficienti per non provarci nemmeno?
Io continuo a pensare che invece intraprendendo questa strada anche il sistema – aeroporto Marconi farebbe un passo avanti. I bolognesi sarebbero grati degli sforzi intrapresi, e quando capiterà di avere un aereo che li sorvola sarebbe di consolazione pensare che lo fa perché si è fatto tutto quanto possibile per riuscire ad evitare che accadesse ma non ci si è riusciti. Mentre adesso, non prendiamoci in giro, non è affatto così: di giorno solitamente non ci si prova neanche. E i verbali segreti, la mancanza di trasparenza, i numeri che non escono o escono a fatica, sarebbero tutte cose da archiviare prima possibile. Questo è il mio pensiero. E spero che Aeroporto, ENAC ed ENAV ci facciano un pensiero.
Ma se non lo fanno loro spontaneamente c’è chi potrebbe portarli ad abbracciare quella strada. Parlo della politica. Qualcuno ha scritto, dopo la conferenza di gennaio, che non ha senso che io dica che tocca alla politica, perché la politica sono (anche) io. Lo so, è vero, e cerco di ricordarmelo sempre, con disciplina e onore. Ma io arrivo dove arrivo, è un dato di fatto, e come ho detto non sono nemmeno riuscito a farmi delegare per andare alla riunione del Comitato Aeroportuale Rumore a dire al trio di enti quanto i loro stessi dati evidenziano con chiarezza. E quindi lo dico a tutti voi, compresi i miei colleghi di partito e in generale della politica, lo dico in particolare a chi ha maggiori responsabilità e poteri di me. A questi colleghi consiglio di leggersi con attenzione queste righe e di decidere di fare propria questa battaglia: i sorvoli su Bologna possono essere largamente diminuiti. Fatelo, facciamolo: i cittadini sapranno apprezzare questo sforzo. Ne sono convinto.
Il report presentato in conferenza stampa il 17 giugno 2024 (slides)