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Di questo argomento ho già parlato nella newsletter di febbraio, a proposito di un bando di ASP Città di Bologna per reclutare strutture idonee al servizio di accoglienza di minori oppure di nuclei familiari fragili, che è stato criticato da molte associazioni. Questo bando, nell’intento di tutelare l’ente pubblico introducendo criteri stringenti per il reclutamento delle strutture, rischiava di escludere una ricca costellazione di comunità familiari di piccole dimensioni che svolge il prezioso servizio di accogliere i minori in un ambiente familiare, come peraltro chiede la legge. E in effetti i lotti dedicati alle case-famiglia per minori sono andati per lo più deserti, dimostrando che i criteri previsti dal bando – criteri economici, di fatturato, richiesta di fideiussioni bancarie, previsione di regole rigide per spostare i minori da una struttura all’altra o per escluderle dall’elenco di quelle idonee – costituivano un appesantimento eccessivo, soprattutto per le piccole realtà.
Come tenere insieme l’esigenza, del tutto legittima e giusta, di avere un controllo effettivo e stringente su una questione così delicata e sensibile come l’affidamento dei minori, con la necessità di non strozzare a colpi di burocrazia “aziendale” le realtà che si impegnano in questo settore e dove spesso le piccole realtà a dimensione familiare sono anche le più idonee a fare sentiti amati i bambini assicurando loro precise figure di riferimento genitoriali? Al di là della vicenda citata del bando dell’ASP bolognese, l’argomento è davvero importante ed è importante che la Regione recuperi un suo forte protagonismo per riuscire a tenere insieme due esigenze che altrimenti rischiano di andare in conflitto fra loro, in definitiva perseguendo l’obiettivo che sta a cuore a tutti, ovvero tutelare il supremo interesse del bambino.
A maggior ragione dobbiamo farlo adesso, visto che il programma di mandato 2020-2025 individua quale obiettivo la qualificazione del sistema di accoglienza e cura dei minori, con particolare riferimento ai ragazzi seguiti dai servizi territoriali, collocati in affidamento familiare o comunità. È scritto a chiare lettere: i diritti delle persone di minore età prive di un ambiente familiare adeguato saranno una priorità per la Regione e nel confronto con gli Enti locali. Per questo la Regione ha già istituito un tavolo per qualificare il sistema di accoglienza e cura dei minori, ed ora questo tavolo potrebbe utilmente occuparsi di realizzare un’anagrafica regionale che censisca le realtà e costituisca la base per il loro accreditamento. Se le realtà potessero accreditarsi direttamente a livello regionale, i Comuni nei loro bandi potrebbero partire già dall’accreditamento regionale come punto di partenza, alleggerendo di gran lunga la burocrazia che finora sono stati costretti a prevedere.
Il secondo obiettivo è arrivare a un’armonizzazione dei contributi previsti dai Comuni per i nuclei accoglienti, definendo criteri comuni e modalità condivise. Da questo punto di vista la Regione, attraverso il tavolo già citato, potrebbe svolgere un ruolo di coordinamento e facilitazione, anche in questo caso non lasciando ogni Comune solo a dover decidere e col rischio conseguente di una differenziazione talvolta eccessiva da una realtà locale ad un’altra.
Queste in sintesi sono le cose su cui ho chiesto alla Giunta di impegnarsi, attraverso una risoluzione che ho appena presentata e di cui sono primo firmatario, sottoscritta anche da diversi colleghi del PD.
Leggi il testo della risoluzione presentata all’Assemblea Legislativa