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La generosità paga sempre: di solito alla lunga ma a volte anche subito. Ed è proprio questo il caso di una proposta concreta che riguarda le persone in attesa di un trapianto di rene, che supera di slancio il luogo comune che vede contrapposti cittadini italiani a cittadini stranieri nell’accesso ai servizi. E’ una proposta che, se attuata, andrebbe a vantaggio degli uni e degli altri, e farebbe anche risparmiare. Vediamola insieme.
L’insufficienza renale cronica terminale riguarda circa 3300 cittadini della nostra Regione: sono persone che per vivere devono essere sottoposti con regolarità all’emodialisi: trattamento faticoso per i pazienti – e molto costoso per la collettività – che tiene in vita queste persone in attesa che si renda disponibile un rene idoneo al trapianto. Fra queste persone in attesa di trapianto di rene ci sono anche alcune centinaia di cittadini extracomunitari (circa l’8%).
Da chi può arrivare il tanto agognato organo idoneo per il trapianto? Può arrivare da un donatore cadavere, ossia una persona che aveva segnalato la propria disponibilità alla donazione degli organi quando era in vita (facciamolo tutti, gli organi non ci servono da morti e possono fare la differenza fra vivere e morire per qualcun altro) o per cui la famiglia del defunto fornisce il necessario consenso alla donazione in tempo utile. Ma un rene può anche essere donato da un donatore vivente (di reni ne abbiamo due), di solito un familiare (ovviamente la probabilità di trovare una compatibilità con un familiare è molto più alta che con un estraneo). Il trapianto da donatore vivente può e deve essere promosso, sfatando i luoghi comuni (per stare bene conta molto di più lo stile di vita che avere un rene o due), ed è fondamentale per smaltire la lunga lista d’attesa e salvare più vite: ma non sempre è disponibile un donatore vivente e in questo caso l’unica chance è attendere che giunga il proprio turno di ricevere un organo compatibile da una persona che muore e dona i propri organi.
Ora, varie volte è capitato che un paziente in lista d’attesa per ricevere un rene (tipicamente un cittadino extracomunitario, ma può anche essere un cittadino italiano, o comunitario) disponesse di un congiunto disponibile a donare un rene, ma residente all’estero e cittadino di un paese che non ha in essere una convenzione sanitaria con l’Italia. In questi casi chi paga le spese sanitarie (per non parlare di quelle di viaggio) relative al donatore? Se tali spese sono a carico del donatore (o del ricevente), spesso capita che non possano permettersele. Risultato: la possibilità sfuma, il paziente resta in dialisi (con tutti i costi connessi) e nella lista d’attesa per avere un rene da donatore cadavere.
Se tali spese fossero invece poste a carico del servizio sanitario, ci sarebbero pazienti in più che riescono ad avere un rene da un familiare vivente e posti che si liberano nella lista d’attesa, a vantaggio di chi non ha donatori viventi e deve aspettare che arrivi un rene da una persona sconosciuta che muore e che dona. Il caso tipico possiamo dunque pensarlo come quello di un cittadino immigrato che riesce così a ricevere un rene e libera il posto magari a un italiano che non ha alternative ad aspettare in lista d’attesa. Ma, come ho già detto, questo è il caso più tipico, ad avere congiunti stranieri potenziali donatori potrebbe essere un italiano, ma in ogni caso il risultato non cambia.
Che spese comporta una decisione in questo senso? Comporta in ogni caso un risparmio, perché il costo della dialisi (ordine di grandezza: 50 mila euro all’anno per paziente) in ogni caso è di gran lunga superiore al costo per le spese sanitarie (e di viaggio) relative al familiare donatore. Insomma, una scelta che presenta solo vantaggi e nessuno svantaggio, e infatti l’idea ha iniziato a prendere piede nel contesto dell’associazione dei trapiantati di rene e delle persone che si occupano di questi temi.
Legalmente è possibile assumere una decisione in questo senso? Io credo di sì, perché ad oggi la normativa nazionale non prevede il caso in cui il familiare donatore sia un cittadino extracomunitario, ma neppure lo esclude. Pertanto, siccome il decreto che regola il trapianto di organi da donatore vivente stabilisce che le spese del donatore siano a carico del servizio sanitario, io credo che si possa decidere di estendere il concetto anche a comprendere la tipologia dei casi che ho illustrato.
Per dare voce a questa richiesta ho depositato una risoluzione che impegni la Giunta regionale da un lato, ad adottare una delibera che imputi tali costi al Fondo regionale trapianti e, dall’altro, a sollecitare il Governo nazionale affinché siano stipulate convenzioni sanitarie con quei paesi che ancora non ne hanno.
Mi auguro che questa risoluzione possa essere presto votata, con un consenso largo, e che possano essere adottati gli atti conseguenti da parte degli organi di governo. Sarebbe una scelta saggia e buona, di quelle da fare tutti i giorni, ma è bello parlarne in questi giorni natalizi: di buoni propositi messi in pratica ce n’è sempre un grande bisogno…