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Federico Faggin, fisico, imprenditore e inventore italo-statunitense, è rinomato a livello internazionale per lo sviluppo della tecnologia che ha reso possibile la creazione dei microprocessori. Inoltre, nel 1986, ha fondato e diretto l’azienda che ha progettato e prodotto i primi touch screen. La sua lezione magistrale del 6 maggio scorso segna la conclusione del primo anno di iniziative promosse dall’Assemblea Legislativa sull’Intelligenza Artificiale, con un focus particolare sulla formazione dei giovani. Queste iniziative hanno coinvolto duemila tra studenti e insegnanti delle scuole dell’Emilia-Romagna. Dalla sua lezione magistrale voglio qui riportare alcuni passaggi fondamentali del discorso, per seguire a grandi linee il suo pensiero. Chi poi fosse interessato ad approfondire, può guardare il video integrale che è linkato in fondo. E il dibattito è aperto.
Volevo costruire un computer che imparasse da solo. Un computer che imparasse da solo a quel tempo era un’idea quasi arrogante. C’erano queste reti neurali artificiali che all’epoca erano considerate da poche persone – come me – che pensavano che fossero il futuro, mentre gli addetti ai lavori a quel tempo pensavano che le reti neurali non avrebbero avuto futuro. Questo lavoro mi ha permesso di capire molto di più di come il cervello funziona, mi sono interessato di neuroscienza e di biologia.
Studiando neuroscienza mi sono fatto delle domande, e la domanda fondamentale è come fanno i segnali elettrici del cervello a produrre le sensazioni e i sentimenti che noi proviamo dentro di noi. A quel tempo io ero meccanicista, e come molti scienziati di oggi io pensavo che bastasse trovare il meccanismo con cui da un sistema informatico si potesse passare alla coscienza. Ma più ci pensavo più trovavo impossibile il problema, perché non c’è niente nella fisica, nessuna legge, nessun fenomeno noto che poteva aiutarmi a capire come fare: è un problema irrisolvibile. Dopo alcuni anni è uscito il lavoro del filosofo David Chalmers che ha riconosciuto anche lui che non c’è nessuna fisica, nessuna scienza che spiega come si passi da funzionamento (quindi segnali elettrici) ad avere sensazioni e sentimenti: è il problema della coscienza.
Ho avuto un’esperienza straordinaria di coscienza che mi ha fatto capire che la realtà non è come la pensavo io. Io pensavo di essere separato dal mondo, invece la mia coscienza era anche fuori di me e non solo dentro di me. Mi sono quindi riconosciuto nel tutto, io sono un punto di vista del tutto sul tutto. E’ stata un’esperienza così potente che aveva un valore di realtà fortissimo e da quel momento in poi sono stato trasformato, al punto da dedicare dal 30 al 40% del mio tempo a capire questo fenomeno. Ho cominciato a meditare, a studiare psicologia, a guardare testi antichi.
Sono arrivato a una conclusione fondamentale: la coscienza e il libero arbitrio sono fenomeni fondamentali che esistono non perché esiste il cervello – come dice la scienza – ma esistono prima che esista il cervello. Sono cioè fenomeni della natura che devono essere fenomeni dei campi quantistici di cui tutto è fatto. Vi dico queste cose non perché siano cose intellettuali, ma perché è l’unico modo in cui noi oggi possiamo capire chi siamo, capire le differenze fondamentali che ci sono tra noi e i computer, e tra noi e i computer che hanno l’intelligenza artificiale. Questo è fondamentale per riuscire a difenderci dall’intelligenza artificiale che viene usata contro di noi. Se si usa la IA per essere più produttivi va benissimo. Ma ci sono molte persone che la usano contro di noi: per farci cliccare più in fretta, oppure per ingannarci e così via. Come ci difendiamo? Solo se noi sappiamo cosa vuol dire essere umani. E siccome oggi lo scientismo ci presenta come macchine, è fondamentale capire questo.
Io non posso dimostrarvi di essere cosciente, nessuno di voi può dimostrare a me di essere cosciente, però dentro di noi sappiamo di essere coscienti. Questa proprietà strana, perché si può conoscere solo da dentro, ci mostra che la coscienza ha le stesse proprietà che ha lo stato quantistico puro di un sistema, che non si può riprodurre. Capite che qui c’è una correlazione che può spiegare la coscienza. Il libero arbitrio può esistere solo se c’è la coscienza, perché il libero arbitrio vuol dire che so quello che voglio e posso decidere sulla base della mia intenzione e della comprensione della realtà. Anche il libero arbitrio deve avere una proprietà della fisica quantistica, e la proprietà della fisica quantistica che si può associare al libero arbitrio è il collasso della funzione d’onda, il fatto che quello che si manifesta nello spazio-tempo non è predicibile.
Se non ci fossero queste proprietà la coscienza e il libero arbitrio non potrebbero esistere, quindi partendo dal postulato che l’universo è cosciente e ha il libero arbitrio possiamo spiegare perché la fisica quantistica deve avere queste proprietà. Noi sappiamo che le ha e nessuno capiva prima perché, ma adesso si può capire perché la fisica quantistica deve avere queste proprietà. Capite, questo cambia tutto: il computer classico non potrà mai essere cosciente, perché i simboli classici sono deterministici e non hanno le proprietà della fisica quantistica. Ma allora vuol dire che la nostra coscienza deve controllare il corpo, che è semplicemente un qualcosa che esiste per essere controllato dalla coscienza per avere un’esperienza.
L’informazione quantistica non si può copiare: è privata, è qualcosa che possiamo conoscere solo noi. La straordinarietà della fisica quantistica è incomprensibile se uno pensa che noi siamo macchine, diventa comprensibilissima quando uno capisce che siamo di più di una macchina.
Ho un postulato, che chiamo il postulato dell’essere, che dice che uno, ossia la totalità di ciò che esiste, è dinamico (ovvero non è mai lo stesso istante dopo istante) ed è olistico (vale a dire che non è fatto di parti separabili perché tutto è interconnesso). Uno definito in questo modo è l’uno descritto dalla fisica quantistica. Ma aggiungo una cosa: uno è dinamico, olistico e vuole conoscere se stesso. E questo “vuole conoscere se stesso” cambia tutto. Vedete che “vuole” implica il libero arbitrio e “conoscere” implica la coscienza. Se prendiamo questo postulato come punto di partenza che unisce scienza e spiritualità in una nuova disciplina, da qui può emergere il nostro futuro. Se noi capiamo che non siamo macchine, che abbiamo una coscienza e abbiamo un libero arbitrio, possiamo lavorare insieme in maniera completamente diversa da come abbiamo fatto nel passato credendoci macchine e credendoci separati. Capiamo che esiste a livello fondamentale la cooperazione invece che la competizione. E in questo modo noi possiamo trasformarci come umanità e usare l’intelligenza artificiale per il bene comune, per arricchirci spiritualmente e fisicamente. E cambia la concezione di chi siamo e di come possiamo vivere la nostra vita.