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Devo tanto alle associazioni impegnate ad aiutare le persone malate di diabete e a sensibilizzare l’opinione pubblica sui notevoli aspetti sociali, oltre che sanitari, di questa malattia. Due rappresentanti di associazioni mi aiutarono ad approfondire la rilevanza di una malattia come il diabete, quand’ero assessore alla Sanità del Comune di Bologna. Uno è Stefano Tosi, che era allora presidente dell’associazione per l’Aiuto ai Giovani Diabetici di Bologna (AGD). L’altra persona è Vanna Benfenati, presidente in quella fase dell’Associazione Diabetici Bologna (ADB): ricordarla per me è particolarmente significativo, anche perché ci ha lasciati pochi mesi fa. Ho esordito così alla conferenza Diabeteasy#3, organizzata il 25 marzo al MAST dall’associazione AGD: un evento a conclusione delle celebrazioni per il centenario della scoperta dell’insulina e dedicato alle ultime novità nel trattamento del diabete. Ho portato il saluto istituzionale della Regione e ho colto l’occasione per evidenziare come questo centenario si collochi in un importante cambio di fase, nel quale siamo chiamati a riconoscere sia quanta strada abbiamo fatto sia quali sfide ancora ci attendono, in un contesto complicato dalle difficoltà che la sanità pubblica sta attraversando.
Ho ricordato alcuni dei grandi passi in avanti fatti nella cura di questa malattia, che nella nostra regione conta la cifra significativa di 271mila persone: dalla capacità di pensare i percorsi di cura in modo partecipato con le associazioni, al netto miglioramento di alcune complicanze, quali il coma diabetico (-40%), la cardiopatia ischemica (-20%), l’ictus (-21%), l’infarto (-13%), le amputazioni (-19%). Al tempo stesso ho detto che è opportuno riconoscere che c’è ancora parecchia strada da fare. Sfruttare tutte le potenzialità che derivano dal digitale, ad esempio, è una sfida da cogliere quanto prima: dall’interoperabilità dei sistemi per permettere uno scambio di dati essenziale per i pazienti, all’uso dell’intelligenza artificiale per monitorare i sintomi e i segnali in fase precoce, agli strumenti di monitoraggio digitale da estendere ad una più ampia gamma di pazienti, alla telemedicina. Sulle potenzialità del digitale e dell’informatica in medicina siamo colpevolmente indietro. E proprio nel momento in cui la sanità pubblica è in difficoltà serve il coraggio di intraprendere una seria analisi costi/benefici del digitale, ivi compreso il tema della cura dei pazienti diabetici. Lo dobbiamo in particolare ai giovani, che iniziano il loro percorso di vita con questo pesante fardello. E grazie all’associazione AGD, perché ci aiuta a riflettere su temi e percorsi di cura fondamentali.
I professori James Shapiro e Camillo Ricordi hanno presentato lo stato dell’avanzamento della ricerca per trovare una cura innovativa e sostitutiva dell’insulina nel diabete tipo 1, coadiuvati dal ricercatore bolognese, operante a Miami, Giacomo Lanzoni. Il Direttore della Diabetologia dell’Ospedale Niguarda di Milano, dottor Federico Bertuzzi, ha illustrato come i dispositivi biomedicali nel trattamento del diabete tipo 1 costituiscano un importante miglioramento nella cura e gestione della malattia, così come l’apprendimento automatico nell’intelligenza artificiale costituisce un aiuto fondamentale nella ricerca e analisi dei dati clinici, portando a stabilizzare la patologia, specie per i pazienti fragili. La conferenza ha poi visto la testimonianza dei medici del Policlinico Sant’Orsola e, in occasione del centenario della diabetologia bolognese sorta nel 1923 presso l’ospedale, AGD ha consegnato la targa celebrativa al direttore dell’Endocrinologia, prof. Uberto Pagotto. Vi è poi stato il contributo di Pietro Giurdanella, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche, che con il suo intervento ha evidenziato la necessità di rimettere al centro della rete sanitaria l’operato degli infermieri, specie ora che si va verso il decentramento delle strutture di assistenza con l’infermiere di comunità e il reinserimento di presidi di supporto nelle strutture scolastiche. Infine, un momento intenso è stata la testimonianza di vita vissuta col diabete da parte delle famiglie: l’esperienza raccolta è stata quella di Ilaria Bertinelli e di suo figlio, in collegamento dal Maine (USA), dove il ragazzo svolge un anno di studio prima del conseguimento della maturità.