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Nel film fantascientifico “The Island” (2005) alle persone benestanti viene proposto di investire sulla propria salute acquistando in anticipo organi perfettamente compatibili con il proprio organismo, in vista di possibili futuri trapianti, ottenuti attraverso la creazione di propri cloni genetici. O anche di delegare la gravidanza a copie geneticamente identiche di loro stessi, in modo da poter ricevere il bambino come se l’avessero fatto direttamente loro. L’azienda che vende il servizio lo pubblicizza sottolineando i grandi benefici e i valori positivi connessi alla salute e alla vita, ma tace la reale situazione di schiavitù e inganno in cui sono relegati i cloni. Il film racconta della lotta di alcuni di essi per emanciparsi ed essere considerati persone vere.
Si tratta evidentemente di un film distopico, ma l’analogia con alcune situazioni del presente ci spinge a riflettere sugli elementi di distopia che caratterizzano il nostro tempo. Anche nella maternità surrogata, che ormai costituisce un settore di business significativo nel mercato mondiale, chi gestisce il servizio e chi lo fiancheggia culturalmente cerca di sottolineare i valori e i sentimenti positivi che stanno attorno alla generazione di nuove vite, evitando di illustrare gli aspetti che invece ne svelano la natura di possesso e sfruttamento delle persone. Poco si sa infatti dei cataloghi patinati per la scelta del donatore di sperma o della donatrice di ovuli, delle norme di esclusione della “prestatrice di utero” da qualunque pretesa sul neonato dal momento in cui viene al mondo (men che meno allattarlo, ovviamente), delle clausole di salvaguardia nel contratto che consentono di restituire eventuali “prodotti” difettosi o di riavviare il processo in caso di morte prematura, e così via. Sui media si cerca di descrivere la gestante in conto terzi come una donatrice desiderosa di fare del bene, pur sapendo che la stragrande maggioranza di esse lo fa per denaro essendo in una situazione di bisogno, e sorvolando sul fatto che lo sfruttamento della donna sia insito nella pratica stessa indipendentemente dalle intenzioni delle persone coinvolte. E soprattutto che non può esservi alcuna analogia col dono di un organo (come si sa la legge italiana consente il dono ma non l’acquisto di un rene, ad esempio) perché parliamo di bambini e i bambini sono persone e quindi non solo non dovrebbero mai essere venduti ma neppure regalati. E l’adozione, giustamente, si occupa dei bambini rimasti senza il supporto di genitori che possano accompagnarne la crescita, che è una situazione non solo diversa ma logicamente opposta al fatto di essere messi al mondo su commissione.
L’urgenza di prendere una posizione chiara sulla maternità surrogata deriva da due considerazioni: primo, è una pratica che si sta diffondendo ed un mercato con un giro d’affari che sta crescendo vertiginosamente, quindi se merita di essere fermata (come io credo) va fatto alla svelta; secondo, è in atto una offensiva culturale su vasta scala per portare ad accettare socialmente questa pratica come normale. Per rendersene conto basta leggere i giornali e i media online, e verificare la frequenza con cui compaiono – soprattutto nei media di alcuni gruppi editoriali – articoli che decantano le virtù dei genitori intenzionali (così si chiamano coloro che accedono come clienti al mercato mondiale dell’utero in affitto) o che illustrano ricerche sedicenti scientifiche che proverebbero gli effetti positivi delle situazioni che così si vengono a creare. Nel leggere uno di questi articoli, in cui due genitori intenzionali spiegavano l’amore con cui avevano cercato e infine ottenuto con la maternità surrogata il proprio figlio, sottolineando che si trattava di un amore di gran lunga superiore a quello di una coppia “normale” che magari il figlio l’aveva concepito e avuto “casualmente”, non ho potuto fare a meno di ricordare un altro film distopico, Gattaca (1997), in cui il protagonista è un “non valido” essendo stato concepito in modo naturale dai suoi genitori invece di ricorrere come tutti all’inseminazione artificiale dopo attenta selezione genetica, e di come nella società immaginata dal film il concepimento casuale a seguito di un rapporto sessuale venisse considerato una grave mancanza da parte dei genitori.
Prendere posizione di fronte alla maternità surrogata significa o dire chiaramente che si tratta di una pratica inaccettabile, con tutto ciò che ne consegue, compresa la richiesta di moratoria internazionale; oppure dichiararsi esplicitamente a favore. Ogni altra posizione che attinga al repertorio di “la questione è complessa”, “bisogna pensarci”, “tanto in Italia è vietata”, “bisogna distinguere fra chi lo fa per denaro e chi lo fa per dono” e così via, è semplicemente una scelta tattica adottata da chi è favorevole alla surrogata ma ritiene prematuro scoprire le carte. Siccome prendere tempo significa lasciare che il mercato dell’utero in affitto continui a prosperare e che la pressione mediatica a favore di questo mercato plasmi lentamente le coscienze, sinceramente preferisco chi ha il coraggio di dire con chiarezza che è a favore, piuttosto che le posizioni tartufesche che cercano di relegare chi è contrario a fare la fine della rana bollita. La mia avversione per le posizioni ambigue l’ho già esplicitata – ad esempio in questo post del 2019 – al tempo del dibattito che ha preceduto la legge dell’Emilia-Romagna contro l’omotransfobia.
Oggi, dopo i diversi appelli a pronunciarsi contro la surrogata, trovo francamente deludente il tentativo di glissare sulla questione per l’ennesima volta. Perché ritengo che una risposta chiara sia non solo dovuta, ma possa rappresentare una cartina di tornasole su cosa è o è diventato effettivamente il PD. E non mi riconosco in ricostruzioni che affermano che nel PD si è tutti d’accordo nel dire no a dichiarare la pratica come crimine universale e dire sì sulle trascrizioni anagrafiche. Prima di tutto perché io – e non credo di essere il solo – sono invece favorevole alla moratoria internazionale e ad ogni altra iniziativa volta a fermare questo mercato, perché se una cosa è inaccettabile, lo è a prescindere dal territorio in cui viene praticata. E poi mi chiedo dove nel PD si stia discutendo della questione. A meno che la discussione riguardi sempre e solo i “nostri” parlamentari, che come si sa da decenni sono (stavo quasi per scrivere “geneticamente”) selezionati da capicorrente e padri nobili vari (tutti, anche quelli che a parole si dicono contro le correnti). Magari si potrebbe sentire cosa ne pensano anche gli eletti che le preferenze le hanno prese davvero, a volte perfino senza essere sostenuti da Social Changes o da altri generosi finanziatori stranieri.
E a proposito delle trascrizioni anagrafiche, stiamo parlando di diritti dei bambini o del diritto a essere riconosciuti come genitori? Perché è evidente che sui diritti dei bambini non si possono fare differenze, ma è incredibile che ci sia chi prova a sostenere che ne va del diritto all’assistenza sanitaria o ad andare a scuola, argomenti del tutto infondati. Certo, i bambini vanno tutelati, sempre. Ma sostenere che il riconoscimento del genitore intenzionale come genitore effettivo sia un diritto del bambino implica giudicare la maternità surrogata come una strada percorribile per diventare genitore, e il tentativo di fare passare questo sillogismo implicito non mi pare corretto: si chiarisca prima la posizione sulla maternità surrogata, e a valle di questa decisione possono derivare conseguenze diverse anche sulle trascrizioni. La frase “i bambini non si toccano” dovrebbe essere un mantra, uno statement assoluto, da ripetersi prima di tutto guardandosi allo specchio. Chiunque è genitore ha ben chiaro che la vita dei figli non è sotto il nostro controllo, per cui certamente può capitare che il figlio di una famiglia “perfetta” con genitori bravissimi finisca per diventare un poco di buono e invece qualcuno nato nella più sordida delle situazioni divenga un benefattore dell’umanità. Ma proprio perché la vita dei figli non è sotto il nostro controllo, proprio perché i figli vanno accolti come un dono e non cercati come un bene di consumo, proprio perché i desideri non sono diritti, dovremmo avvicinarci in punta di piedi là dove nasce la vita e comprenderne la profondità senza volerla ridurla ad un mercato. E quindi parliamo dei diritti dei bambini, ma dovremmo partire dal diritto del figlio al legame con la madre che ti ha generato, prima di ogni altra cosa. Insomma, per parlare di trascrizioni va prima sciolto con chiarezza il nodo legato alla maternità surrogata. Altrimenti è evidente che dietro al tema delle trascrizioni può nascondersi l’ultimo anello che di fatto rende possibile e legale l’accesso al mercato della surrogata all’estero, indipendentemente dal fatto che stiamo parlando di coppie etero o omosessuali.
Quindi facciamola questa discussione, anche nel PD. Vorrei sentire gli argomenti di chi accusa noi contrari alla surrogata di voler imporre uno “Stato etico”, e chiedere loro quando parliamo di salario minimo, di lavoro dignitoso, di sanità universale, di welfare sociale di cosa stiamo parlando se non di uno Stato etico? C’è poco da fare, bisogna fare una scelta. Se si accetta il principio cardine che ognuno è libero di essere e di fare ciò che vuole (di solito si aggiunge “senza danneggiare gli altri”, ma proprio la surrogata ci dimostra che è una postilla assai teorica), e l’autodeterminazione come valore assoluto, allora ne consegue che chi è ricco può comprarsi tutto, previa accettazione libera (autodeterminazione) da parte della controparte, naturalmente dietro compenso. Così l’autodeterminazione arriva a giustificare la prostituzione (sex work) – non dimentico il patrocinio negato dal Comune di Bologna dopo le proteste di Arcigay alla presentazione del libro “Strupro a pagamento, la verità sulla prostituzione” di Rachel Moran a Palazzo d’Accursio, fra lo sconcerto internazionale del mondo femminista. Giustifica il cambio di genere a semplice richiesta, con tutte le conseguenze in campo sportivo, penitenziario, civile e sociale che stanno già sperimentando nelle nazioni che hanno già aderito a questo nuovo credo. Giustifica la somministrazione di farmaci ormonali dagli effetti sicuramente non positivi a minori per ritardarne lo sviluppo in attesa di una decisione sul genere da scegliere. Giustifica naturalmente la maternità surrogata. E poi lo stesso principio logico giustifica molto altro, dal suicidio assistito all’eutanasia, alla libertà di drogarsi e così via. E se questa è la linea logica, in nome di cosa dovremmo continuare a vietare che un organo per il trapianto possa essere oggetto di compravendita? E molte altre scelte distopiche che il futuro non mancherà di illustrarci se non fermiamo questa deriva. Invece la capacità di porre dei limiti etici (sì, etici) a protezione delle persone anche da se stesse o da chi rischia di fare loro del male solo perché ha sentimenti positivi (“lo faccio per il tuo bene”) è una scelta doverosa. Capisco che si possa non essere d’accordo, quindi discutiamone. Ma non provate per favore a spacciare come “sinistra” questa deriva individualistica e sostanzialmente iperliberista e ultracapitalista. Perché poi forse qualche domanda sul perché gli operai abbiano votato la destra invece del PD dovremmo cominciare a farcela.
Chiosa finale sul “mondo cattolico”. Fin qui ho svolto il ragionamento senza tirare in ballo il tema dei cattolici nel PD, perché sono abituato a fare politica parlando di politica e non di altro. Non nascondo di essere cattolico, mi pare giusto dirlo per una questione di trasparenza. Penso che dovrebbero cominciare a farlo anche altri, anzi fatelo: cari compagni massoni (per fare solo un esempio), perché non dite di esserlo? Solo per trasparenza…
Ma proprio perché sono cattolico, so bene che i cattolici possono avere le posizioni più varie. Peraltro la storia ci ha consegnato un’ampia gamma di esempi di politici cattolici che spaziano dalla destra alla sinistra estrema passando per tutte le posizioni intermedie. Quindi sì, sono cattolico, non pretendo di rappresentare tutti i cattolici, ma solo le persone che si riconoscono nelle mie idee, nel mio operato e soprattutto nelle mie battaglie. Altro consiglio: se dovete giudicare un politico, chiedetevi quali battaglie controcorrente ha avuto il coraggio di fare. Se la risposta è “nessuna” ve ne siete già fatti un’idea. Tornando a bomba, so di rappresentare solo quelli che condividono le mie idee, e non sono solo cattolici: sulle questioni di cui ho scritto siamo in tanti, anche nel PD e nel centrosinistra, cattolici e non, a condividere queste posizioni.
Ma certo il tema di come il PD possa riuscire a dare rappresentanza alle sue diverse culture costituenti è una questione attuale, a maggior ragione dopo l’elezione di una segretaria che ha detto di voler maggiore radicalità e chiarezza programmatica. Vedo un affannarsi da parte da più parti a dire che come cattolici non c’è alcun problema a restare nel PD. Ora, posto che quello che vale per me – il fatto che io sia cattolico non significa che io rappresenti tutti i cattolici che votano PD – vale anche per costoro che sentono l’esigenza di dichiarare che va tutto bene madama la marchesa, sarebbe interessante chiedere loro che si applicassero ad alcune questioni di merito. Per esempio al tema della maternità surrogata: cosa ne pensate? Dite la vostra.
Altrimenti, se gli unici temi di cui costoro parlano sono quelli su cui non ci sono particolari problemi di convergenza nel PD, il sospetto di voler fungere da semplice paravento rischia di insinuarsi. Ad un cattolico impegnato a destra che parlasse solo di surrogata e di gender, chiederei per esempio cosa pensa del valore dell’accoglienza e della solidarietà rispetto alle migrazioni, perché parlare solo dei temi comodi è appunto una scelta di comodo. E vale lo stesso per quei cattolici impegnati a sinistra che parlano solo di accoglienza, migranti e ambiente, ossia dei temi dove non si rischia di essere scomodi nel PD. Un vescovo invitò prima delle elezioni i cattolici ad avere il coraggio di porre anche le questioni scomode nei rispettivi schieramenti, ed è una posizione che ho davvero apprezzato. Perché di yes-man (e yes-women) in questa politica ce ne sono anche troppi…