Comunicato stampa
Sindrome da talidomide, Paruolo dall’Emilia-Romagna chiede più sensibilità e meno rigidità al Ministero per valutare chi abbia diritto a beneficiare dell’indennità
Paruolo (Pd): “Il Ministero sia più elastico per riconoscere i danni gravissima causati dalla circolazione del farmaco negli anni Sessanta”
Tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, la talidomide era un principio attivo comunemente prescritto, anche alle donne in gravidanza, per i suoi effetti sedativi, antinausea e ipnotici. Ne venne bloccata la vendita quando fu chiaro che, se assunto in gravidanza, poteva causare gravissime malformazioni ai nascituri: focomelia, amelia, emimelia e micromelia. Oltre ad altre menomazioni impattanti quali emangiomi facciali, malformazioni delle orecchie (anotia, microtia), degli occhi (microftalmia, anoftalmo, coloboma, strabismo), degli organi interni (reni, cuore e tratto gastrointestinale), dei genitali.
Lo Stato, prima con la finanziaria del 2008 e poi nel 2016 con la legge 160 è intervenuto prevedendo un indennizzo ai soggetti affetti da sindrome da talidomide nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della micromelia, nati negli anni 1958 e 1966. L’indennizzo è anche riconosciuto alle persone nate al di fuori di quel periodo (ossia prima dell’anno 1958 e successivamente all’anno 1966), qualora presentino malformazioni compatibili con la sindrome da talidomide, previo accertamento da parte di una commissione medica”. A ricordarlo è il consigliere regionale dem Giuseppe Paruolo che in una risoluzione sottolinea come “Il problema sta nel fatto che quelle regole vengono usate in modo molto restrittivo per accogliere pochissime richieste”. Il documento, depositato oggi, martedì 18 giugno, ha ricevuto un sostegno bipartisan da parte di maggioranza e opposizione in Assemblea Legislativa. La risoluzione a prima firma Paruolo, infatti, è stata sottoscritta dalle colleghe e colleghi del Gruppo Pd Marcella Zappaterra, Manuela Rontini, Mirella Dalfiume e Matteo Daffadà del PD, ma anche da Marta Evangelisti di FdI, Silvia Piccinini di M5S, Silvia Zamboni dei Verdi e Giulia Gibertoni del gruppo misto.
“Più che il reale intento di indennizzare chi ha visto il suo corpo menomato e la sua vita compromessa a causa di un farmaco, i dinieghi paiono dare la priorità a regole formali e cavilli burocratici, dal momento che il Ministero della Salute ha respinto domande spesso senza nemmeno convocare i danneggiati a una apposita visita medico-legale” è il reclamo di Paruolo che con la risoluzione, formalmente rivolta alla Giunta regionale dell’Emilia-Romagna per farsi carico del tema di fronte al Ministero della Salute.
“In particolare – secondo il consigliere regionale – bisogna rivedere il sistema di accoglimento e diniego delle richieste di indennizzo per la sindrome da talidomide intendendolo come uno strumento di natura assistenziale e solidaristica che prescinde da qualsivoglia responsabilità e autorizzazione alla circolazione del farmaco che, come è noto, veniva utilizzato anche quando non era formalmente previsto dalle regolamentazioni dell’epoca. Inoltre, non si può pretendere che oggi siano i richiedenti a dimostrare le motivazioni per cui quel farmaco veniva prescritto o comunque assunto dalla madre ormai più di sessant’anni fa ed è importante che sia accertata la “compatibilità” tra menomazioni e assunzione della talidomide. In sostanza, valutato il tempo che è passato e la facilità con cui si reperiva quel farmaco tra gli anni Cinquanta e Sessanta, penso che sia doveroso da parte dello Stato introdurre qualche elemento di elasticità per riconoscere un giusto indennizzo a chi sconta oggi menomazioni importanti e danni permanenti”.