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La proposta di fusione di Granarolo dell’Emilia e Castenaso è uno dei sei progetti di fusione di comuni su cui l’Assemblea Legislativa è chiamata ad esprimersi nelle prossime settimane.
Dal punto di vista formale, alla fine dello scorso anno i Consigli comunali di Granarolo e Castenaso hanno votato la proposta di fusione. Ora tocca all’Assemblea Legislativa della Regione esprimersi, votando il progetto di legge di cui sono stato nominato relatore in aula. L’ultima parola spetterà ai cittadini dei due Comuni, attraverso un referendum che si terrà con ogni probabilità nel prossimo ottobre.
Dal punto di vista sostanziale, la proposta si colloca nell’alveo dello sforzo in atto per promuovere una semplificazione istituzionale, che consenta di avere comuni di dimensioni ottimali per l’erogazione dei servizi ai cittadini. Fra i vantaggi che ne deriverebbero, vi sono anche gli incentivi previsti a livello nazionale e regionale per i comuni che deliberano una fusione: grazie ad essi potrebbero essere realizzati progetti concreti a beneficio del territorio.
I Comuni di Castenaso e Granarolo dell’Emilia appartengono da tempo all’Unione dei Comuni Terre di Pianura, cui hanno già trasferito diverse funzioni, tra cui gestione e amministrazione del personale, nonché la Polizia municipale. Nei mesi scorsi i due Comuni hanno commissionato all’Università di Bologna la realizzazione di uno studio di fattibilità per la loro fusione. In seguito, è stata avviata una prima fase di confronto pubblico, in cui sono stati organizzati incontri tra i Sindaci e le rispettive Giunte, i tecnici incaricati dello studio e le associazioni di categoria, sportive e di volontariato, i centri sociali, le organizzazioni sindacali confederali, le consulte di frazione, le rappresentanze sindacali unitarie. Verificata la fattibilità della fusione, i Comuni di Castenaso e Granarolo dell’Emilia hanno sollecitato l’iniziativa legislativa della Giunta regionale per la loro fusione.
Lo studio si è concentrato sulle opportunità e sui potenziali effetti che potrebbero derivare dalla fusione, indagando sulle possibili modalità organizzative dei servizi pubblici comunali nel nuovo Comune unificato. Per quanto riguarda l’analisi dei bilanci, vengono messi a raffronto i dati relativi alle entrate e alle spese, non rilevando criticità significative. Particolare attenzione è dedicata all’analisi organizzativa dei due Comuni. Attraverso la fusione potrebbero essere garantiti l’ampliamento dell’offerta dei servizi, e margini di razionalizzazione economico-finanziaria nella gestione di alcuni di essi. Nello studio sono riportate anche le sollecitazioni emerse tra i cittadini durante il percorso di partecipazione. Gli aspetti maggiormente esaminati hanno riguardato la certezza delle risorse provenienti dai contributi statali e regionali, le spese derivanti dalla fusione e la quantificazione dei risparmi conseguibili dalla unificazione.
Il nuovo Comune, una volta istituito, potrà contare su contributi regionali e statali pari a 2 milioni e 218 mila euro per ogni anno per 10 anni (22 milioni, 2 da fondi regionali e 20 milioni dallo Stato). Oltre a ciò, non saranno applicati vincoli per assunzioni di personale a tempo indeterminato nel nuovo Comune nato da fusione e questo potrà, al contrario, utilizzare eventuali margini di indebitamento precedentemente consentiti anche a uno solo dei Comuni originari. Infine, nei dieci anni successivi alla sua costituzione, il nuovo Ente unico potrebbe avere priorità nei programmi e nei provvedimenti regionali che prevedessero contributi a favore degli Enti locali.
Più in generale, i principali vantaggi connessi alla fusione riguardano: riduzione dei costi della politica; razionalizzazione della spesa corrente di personale, attraverso la specializzazione delle risorse e il conseguimento di economie di scala; accesso ai contributi statali e regionali; omogeneizzazione di procedure, tariffe e prassi verso i cittadini; semplificazione delle relazioni inter-istituzionali nel rapporto con altri enti e amministrazioni.
In base alle informazioni rese disponibili dagli Enti, lo studio si chiude affermando che “allo stato attuale non sono emersi elementi che potrebbero compromettere la fattibilità tecnico-organizzativa nella costruzione del nuovo ente”. Lo studio completo e una sua sintesi sono disponibili nel sito dedicato al progetto di fusione.
Se il progetto di fusione raccoglierà il consenso dei cittadini, la fusione partirebbe dal 1 gennaio 2019. Le elezioni degli organi del nuovo Comune avverrebbero nella primavera 2019, mentre gli attuali organi decadrebbero subito dopo la fusione e nei primi mesi del 2019 il nuovo Comune unico sarebbe retto da un Commissario prefettizio.
La scelta del nome del nuovo comune viene rimessa alla cittadinanza attraverso il quesito referendario, tra queste 5 possibili denominazioni: 1) Castenaso Granarolo 2) Villanuova dell’Emilia 3) Villagrande 4) Terre Villanoviane 5) Castegranaro.
La critica principale che mi pare venga mossa da chi è perplesso sulla fusione è che sia Castenaso che Granarolo potrebbero tranquillamente reggere come Comuni singoli. E’ vero che non stiamo parlando di comuni piccolissimi con deficit strutturali, che corrono il rischio di essere marginalizzati, né di comuni indebitati che hanno nella fusione l’unica possibilità per uscire dall’angolo. Si tratta invece di amministrazioni che ad oggi si possono dire solide e con buone prospettive demografiche per il futuro, e questo è certamente un bene. Ma riconoscere che la fusione non sia una strada obbligata non toglie il fatto che essa costituisca comunque un’opportunità per il territorio.
Ed è proprio sulla prospettiva futura che dovrebbe, credo, concentrarsi il dibattito, anche al di là degli incentivi economici previsti per i primi dieci anni dalla fusione. Per questo ho apprezzato che le amministrazioni, promotrici della fusione, abbiano scelto di non restare ancorate a una mera quantificazione monetaria, ma di indicare con chiarezza su quali progetti investire quelle risorse. Perché è solo parlando di progetti concreti che potremo provare a dare risposte alle domande di fondo. Quale è il senso di andare insieme, o di restare separati, verso il futuro? Cosa cambierebbe per i cittadini del territorio?
E’ sulle questioni di merito che dobbiamo concentrare la nostra attenzione, anche per evitare il rischio di ridurre il dibattito ad una sterile polemica politicistica. La fusione è un’opportunità concreta che viene offerta alla decisione collettiva delle due comunità, e sono convinto che i cittadini sapranno decidere per il meglio.