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Il pericolo Blue Whale

29 Giugno 2017 Cultura, Prevenzione sanitaria

Oggi in commissione abbiamo parlato del pericolo rappresentato dal gioco cosiddetto “Blue Whale” e dalle sue possibili varianti che si vanno diffondendo in rete, allo scopo di spingere persone molto giovani verso pratiche di tipo autolesionistico che via via evolvono fino all’istigazione al suicidio.

Ne abbiamo parlato a seguito di una interrogazione che ho presentato insieme alla collega Marchetti per chiedere alla Giunta se in territorio regionale siano stati segnalati casi riconducibili a questa terribile pratica.

Il gioco, come inopportunamente è stato chiamato, avrebbe una durata di 50 giorni e consisterebbe in una serie di prove, “sempre più perverse”, di natura autolesionistica, come ad esempio camminare sull’orlo dei binari, da immortalare e condividere online. Un’escalation in cui l’ultima prova sarebbe di togliersi la vita. Anche se è dubbio che tutto il materiale che circola a questo proposito sia veritiero o pertinente, resta il fatto che pratiche di questo tipo si starebbero diffondendo, cosa che deve indurci ad una seria riflessione.

Verrebbero agganciati i ragazzi e le ragazze più fragili psicologicamente tramite social network: Instagram, WhatsApp, Facebook, e il contatto si svilupperebbe tramite chat con un “tutor” che poi li spingerebbe in quella via di perversione.

Poco tempo fa la Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Clede Maria Garavini, ha evidenziato come risulti in aumento il numero degli adolescenti che partecipano a questo gioco o a pratiche simili. In realtà, come riferisce la Garante stessa, si tratta piuttosto di una pratica di suggestione esercitata via web nei confronti di giovani e giovanissimi progressivamente indotti a compiere azioni sempre più pericolose ed estreme.

Su sollecitazione della procura presso il Tribunale dei minori, la Garante ha trasmesso un’informativa che richiama all’attenzione i Servizi sociali su tale fenomeno, sottolineando come nei casi urgenti essi possano intervenire immediatamente con i poteri di sorveglianza e vigilanza sui minori a loro attribuiti.

In commissione ci ha riferito che, ad oggi, le segnalazioni in Emilia Romagna riguardano 40 casi di adolescenti in età che vanno dagli 11 ai 16 anni, di cui 30 all’attenzione della Procura. A Bologna, per la precisione si tratta di 10 casi. Spesso queste segnalazioni vengono dalla scuola e a seguito di esse i servizi sociali raccolgono, in un arco di tempo che va dai 2 ai 3 mesi, gli elementi necessari per potere dire sei si tratta di vera e propria Blue Whale (se vi è cioè un istigatore), oppure di comportamenti di emulazione forse indotti dal grande rilievo mediatico che si è dato al fenomeno, o di fenomeni di messa in mostra di autolesionismo che sconfinano piuttosto in psicopatologie.

La valutazione degli operatori è complessa in quanto si tratta di una fascia di vulnerabilità evolutiva, in cui anche per sfida all’adulto si rischia di porsi in situazioni estreme, durante la quale si pone una grande attenzione al proprio corpo in un rapporto spesso conflittuale. Da qui ne consegue l’importantissimo ruolo di sorveglianza dell’adulto che può essere un genitore, un insegnante, un educatore.

A mio parere non sarebbe impensabile trovare forme di coordinamento e formazione di volontari che presidino il mondo online e cooperino nel riuscire ad intercettare e segnalare comportamenti a rischio e, meglio ancora, svolgano un’opera di supporto e prevenzione nel mondo virtuale, al fine di avere forme di presidio sia nei luoghi educativi (scuola, famiglie, luoghi di aggregazione) che nel mondo online.

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Cultura, Prevenzione sanitaria

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