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I tirocini nelle farmacie vengono effettivamente usati come occasione di apprendimento e sperimentazione di neolaureati o rischiano di diventare un modo per reclutare forza lavoro a basso costo con un turn over continuo e senza effettivi sbocchi di lavoro? A seguito della segnalazione di questo rischio presentata da alcuni rappresentanti degli ordini professionali, ho presentato un’interrogazione sui tirocini svolti presso le farmacie della nostra Regione.
I dati pervenuti con la risposta dell’assessore Bianchi sono interessanti e mettono in luce un utilizzo largamente corretto di questo strumento, anche se non è da escludere che il rischio denunciato dagli ordini professionali possa essere concreto, pur se su una casistica limitata.
Vediamo anzitutto i numeri dei tirocini attivati in farmacia, divisi per provincia, negli anni che vanno dal 2008 al 2015:
La prima cosa che salta agli occhi è la crescita impetuosa che si è avuta in questi ultimi anni nell’utilizzo dello strumento: se per cinque anni i numeri hanno oscillato comunque nell’ambito delle decine, ora sono diventati centinaia. Complessivamente, tra il 2008 e il 2015 nelle farmacie della regione sono stati attivati complessivamente 810 tirocini extracurriculari, riguardanti 768 persone, passando dalle 37 attivazioni nel 2008 alle 270 nel 2015. In prevalenza interessano donne (68%) e neolaureati (78%).
La seconda osservazione è che non sono equamente utilizzati in tutta la regione: attualmente sono più diffusi nell’area della città metropolitana di Bologna (27%) e a Modena (23%), seguite da Ferrara (16%) e Rimini (12%). Inoltre se provincie come Modena e Ferrara si sono attivate celermente, altri territori (in primis Bologna) dopo aver a lungo trascurato lo strumento, hanno visto una vera esplosione negli ultimi anni. Altri ancora (come Ravenna, Forlì-Cesena, Piacenza) continuano nei fatti ad ignorarlo.
Veniamo infine al rischio paventato dagli ordini professionali, ovvero che nella maggioranza dei casi il tirocinio possa non concludersi con la sottoscrizione di un contratto di lavoro, ma con la sostituzione con un altro tirocinante. Chiaramente, se così fosse i tirocini rischierebbero di diventare un modo per reclutare personale a condizioni inferiori a quelle previste dal contratto nazionale, a discapito della professionalità.
Qui i dati ci dicono che a settembre 2015 delle 608 persone che hanno concluso l’esperienza del tirocinio extracurriculare, ben 516 (circa l’85%) hanno poi stipulato almeno un contratto di lavoro alle dipendenze o parasubordinato. In particolare, 243 – 45 uomini e 198 donne – sono rimasti a lavorare nella farmacia dove sono stati ospitati dapprima in qualità di tirocinanti; stiamo parlando del 40% del totale di coloro che hanno concluso l’esperienza formativa entro settembre 2015.
I numeri ci dicono pertanto che in molti casi l’esperienza è stata davvero proficua e positiva, accompagnando le persone verso un posto di lavoro (oltretutto mancano i dati su chi si è orientato verso attività autonome o libero professionali). Questo non toglie che il rischio paventato dagli ordini professionali possa essere concreto in alcuni casi, per cui occorre certamente vigilare. Le farmacie che hanno attivato tirocini sono 326, e di esse solo 62 vi hanno fatto ricorso più di due volte. Poi certamente è da considerare l’impennata subita dai numeri in questo ultimo periodo. Ma intanto resta una gran bella notizia che tanti giovani siano passati dall’esperienza del tirocinio riuscendo poi a trovare lavoro.
Per chi fosse interessato ai documenti, qui c’è la mia interrogazione e qui la risposta dell’assessore.