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Ieri il gruppo consiliare del PD si è riunito per decidere sulle presidenze delle commissioni consiliari. Il capogruppo ha portato una proposta già confezionata su 5 nomi, e il mio non c’era. Prudenza suggerirebbe, in questi casi, di dire che la cosa non mi interessava e passare oltre in scioltezza. Io però non ho intenzione di arruolarmi nella già folta schiera degli ipocriti e fare finta di non vedere l’evidente problema politico che la questione sottende. Dirlo ieri non è servito a cambiare la decisione, ma è stata comunque una discussione lunga e interessante.
Si era partiti nei giorni scorsi enunciando criteri oggettivi come la competenza e la conoscenza della macchina amministrativa: in base a questi parametri chi poteva essere più qualificato del vicesindaco uscente riconfermato dalle urne come consigliere? Non solo invece il mio nome è stato escluso, ma mi si è negato di conoscere quali sono le motivazioni di quella che appare come una evidente pregiudiziale sul mio nome.
Che senso ha che il partito mi abbia chiesto di candidarmi in virtù “dell’ottimo giudizio sul lavoro svolto” (parole di De Maria, aprile 2009), e poi oggi non ritenga di dare un minimo segno di continuità amministrativa anche solo a livello di commissione? Su questa domanda diversi consiglieri hanno concordato come sia schizofrenico da parte del PD bolognese aver detto fino a ieri che la giunta Cofferati era perfetta e oggi fare finta che non sia mai esistita: ma, hanno aggiunto, il problema non possiamo risolverlo noi. Anche perchè, guarda il caso, mancavano all’incontro sia il sindaco che il segretario.
Avevo già chiarito al capogruppo, che in modo ineffabile mi aveva spiegato come per una figura del mio calibro la presidenza di una commissione fosse ben poca cosa, che non ho problemi di ruolo, aspettative da soddisfare o delusioni da compensare. La mia preoccupazione è per la perdita di credibilità che questi metodi causano fra gli elettori.
Penso allo smarrimento di chi nei settori in cui ho operato negli ultimi cinque anni è andato a votare per Delbono convinto così di promuovere una continuità nei riferimenti politici che riteneva opportuna.
Penso ai complessi equilibrismi per quote che servono a giustificare a posteriori decisioni prese per ben altri motivi e a tenere nell’ombra gli autorevoli sponsor romani e bolognesi che si sono mossi. Se poi qualcuno osa dire parole di verità lo si può sempre rimproverare con un richiamo al senso di responsabilità.
Penso alla credibilità delle parole che si spendono, perchè c’è comunque in città chi sa leggere oltre i curriculum diffusi dagli uffici stampa e valutare la reale corrispondenza delle scelte fatte rispetto ai criteri enunciati.
Continuiamo pure così…