Addio, Paolo

Il mio primo ricordo di Paolo Mengoli risale a quando io ero ancora piccolo e lui mi pareva un omone con un gran vocione e mani robuste ed enormi. Era amico dei miei genitori ed era già allora impegnato in modo appassionato per i più poveri, un impegno che poi successivamente lo portò a spendersi per la Caritas, per l’ambulatorio Biavati e in chissà quante e quali altre iniziative ed imprese caritatevoli. Come di solito capita con le persone che abbiamo conosciuto da bambini, quando poi negli anni successivi mi è capitato di reincontrarlo, per quanto non ci frequentassimo abitualmente, era un po’ come se ci fosse sempre stato. E questo a prescindere dai momenti in cui ci siamo trovati in sintonia di idee – come quando mi capitò di sostenerlo in una sua campagna elettorale per il Parlamento – o quando invece ci siamo trovati su posizioni diverse – lui non si rassegnava alla fine del partito cattolico, io ero convinto che avesse senso militare in partiti diversi adoperandosi ognuno a suo modo per trasformare in azioni concrete principii e valori comuni.

Tutti oggi nel ricordarlo rammentano il suo tratto generoso dell’impegno verso gli ultimi, i poveri, gli indigenti, ed è giusto dirlo perché era un suo tratto fondamentale. Magari si evita di citare la sua schiettezza a volte un po’ ruvida, la sua convinzione a volte un po’ testarda, il suo carattere che era insieme giovale ma anche burbero, aspetti che lo rendevano un personaggio a volte  scomodo. Nel suo impegno politico, e non solo, ha frequentato anche gli ambienti che contano a Bologna, potremmo dire i palazzi del potere, ma non ho mai percepito che si fosse omologato alla ritualità a volte velata di ipocrisia che da sempre li caratterizza, e in questo mi è sempre parso un po’ estraneo alle congreghe dei giri che contano, un personaggio fuori dal coro. Aspetti che a me lo hanno reso simpatico, forse perché anche io mi sento estraneo ad un certo giro che conta a Bologna, e in questo mi sono sentito vicino a lui. A prescindere dal fatto che fosse laureato in matematica (come me) ed abbia a lungo lavorato all’Enea (io al Cineca). Se tre indizi fanno una prova, qualcosa in comune lo avevamo.

Addio Paolo, ci mancherai.


Addendum: lettera di Paolo Mengoli a tutti noi distribuita al suo funerale.

L’ultimo invito

Il tempo che ci è dato per vivere non è molto, i più non superano i 90 anni. Mi piacerebbe essere ricordato come uno che non ha perso il suo tempo e ha utilizzato i talenti che ha ricevuto. Mi verrebbe da dire che non è tempo di concioni e di trombonate, è tempo di fare ciò che non si è fatto bene o non si è fatto addirittura. Sono molte le questioni che mi stanno a cuore e che mi hanno coinvolto fino a soffrirne.

Se il Comune di Bologna mi vuole ricordare, aumenti il numero delle fontanelle pubbliche dove si può bere a gratis senza dover andare al bar, moltiplichi il numero delle panchine dove sostare durante il giorno senza dover per forza consumare un caffè, attivi nuovi bagni pubblici a basso prezzo dove lavarsi decorosamente, mantenga puliti e soprattutto ordinati e sicuri i vari dormitori per persone senza casa, promuova una mensa pubblica, effettui controlli di merito sulla gestione dei servizi sociali appaltati alle cooperative private.

Se il Volontariato sociale mi vuole ricordare, non si limiti a distribuire minestre o cioccolate calde, a raccogliere vestiti per i senza tetto, a fare i mercatini per tirar su qualche spicciolo o a sostituirsi all’ASL nella cura degli esclusi dal Servizio Sanitario. Il Volontariato interagisca in forma dialettica con il potere politico e chieda a gran forza una revisione della politica sociale, a partire dalla gestione dell’Azienda Servizi alla Persona.

Se la Chiesa di Bologna mi vuole ricordare, rilegga e metta in pratica in tutti i suoi aspetti lo Statuto della Caritas diocesana, promulgato dal Cardinale Biffi e confermato da tutti i suoi Successori.

Se le Fondazioni bancarie che mi hanno conosciuto, vogliono ricordarmi, destinino più fondi a interventi che favoriscono la promozione e la tutela degli ultimi.

Il tempo a mia disposizione è concluso. Vorrei avere ancora la forza dei miei 30 anni quando, assieme a tanti amici che ora non ci sono più, abbiamo aperto una strada che aveva come traguardo il rispetto della dignità dell’uomo più malconcio e disgraziato, perché in lui vedevamo un figlio di Dio redento dal sangue di Cristo.

A chi rimane è dato il compito – se vorrà – di proseguire su questa strada o intraprendere strade migliori.

Bologna: Dies Natalis
Paolo Mengoli

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