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Durante un’iniziativa sul tema del lavoro, peraltro a pochi giorni dalla tragedia di Suviana, nell’introdurre l’incontro Pierluigi Castagnetti ha fra le altre cose raccontato un aneddoto storico molto bello sulla genesi dell’articolo 1 della Costituzione, che volentieri condivido. Riporto di seguito un brano tratto dall’intervento di Castagnetti, conservandone i tratti colloquiali.
Non è che siamo nel mezzo dei cambiamenti, è già cambiata l’epoca. E nell’epoca che è già cambiata, stanno cambiando gli equilibri del mondo, stanno cambiando gli equilibri dell’economia, sta cambiando tutto. Noi dovremmo essere all’altezza di questo annuncio così essenziale ma così centrale che, per quanto riguarda i credenti, ci viene anche dalla fonte massima del Magistero. Il tema del lavoro c’entra.
Consentitemi di fare questo breve cenno alla genesi dell’articolo 1 della Costituzione. Lo dico a Bologna perché a Bologna quando dico un nome capite chi è: Dossetti. Voi sapete che per le prime settimane, forse i primi tre mesi dell’Assemblea costituente, l’Assemblea era paralizzata, non riuscivano a scrivere un rigo, niente. Perché erano contrapposti in conflitto frontale. Per sbloccare lo stallo, un esponente del fronte laico e uno del fronte cattolico dicono: “diteci che modello di democrazia avete in mente”. Per i cattolici parla Giorgio La Pira e per i laici Lelio Basso. Alla fine di queste due comunicazioni, regna la disperazione, perché le distanze si erano ulteriormente ampliate. Ognuno voleva marcare il territorio.
A quel punto succede che casualmente Dossetti incrocia Togliatti e gli chiede: “possiamo vederci domattina io e Lei in modo riservato?”. E si incontrano in un bar, che c’è ancora, in Via del Corso a Roma, in fondo, vicino a Piazza del Popolo, di fronte alla chiesa di San Giacomo. Questi due signori si incontrano in gran segreto, perché il tema era: come facciamo a sbloccare la situazione?
Allora Dossetti dice a Togliatti: “Bisogna che ci mettiamo d’accordo. Non riusciamo a fare un passo perché ognuno ha le sue posizioni identitarie. Lei da dove partirebbe?”.
“Mi dica Lei” – risponde Togliatti. “È Lei che ha chiesto di incontrarmi. Lei ha un’idea?”.
Replica Dossetti: “Io ce l’ho ma sarei contento di sentire la sua”.
“Ma provi Lei a dire la sua idea” – ribatte Togliatti.
“Ma guardi, Lei è più esperto di me”, insiste Dossetti. “Io sono capitato qui per caso”.
Insomma, alla fine comincia Dossetti a esporre la sua idea, e dice a Togliatti: “Guardi, io partirei dal valore del lavoro. Se noi lo cristiallizziamo nell’articolo 1, orientiamo gran parte di tutto l’articolato della Costituzione. Vogliamo fare una società che metta al centro il tema del lavoro”.
“Lei lo fa per compiacere le mie posizioni”, replica Togliatti.
“No, no, io lo faccio per compiacere le mie posizioni”. Risponde Dossetti. “So che Le ho fatto una proposta che non può rifiutare ma, se vogliamo sbloccare la situazione, bisogna che mettiamo sul tavolo idee che vadano bene anche all’interlocutore. Finché mettiamo sul tavolo idee che dividono, non si parte mai. Guardi, Le dico perché penso alla centralità del lavoro. Perché voglio scrivere una Carta costituzionale in cui si affermi la centralità della persona umana. E nella mia cultura l’individuo non è la persona umana, diventa persona umana quando acquisisce la dignità. E senza il lavoro l’uomo non acquisisce la dignità. E dunque il lavoro, la dignità sono gli strumenti per fare dell’individuo una persona. Vede che i punti di partenza sono diversi ma i punti di approdo possono essere unitari? E questo deve essere il metodo con cui scriviamo il resto della Costituzione, se no rimaniamo ancora bloccati”.
Cominciano allora a ragionare insieme. Continua Dossetti: “Guardi, se noi facciamo questa cosa, noi facciamo una rivoluzione, perché è da 2500 anni, da quando Pericle ha cominciato a scrivere la Costituzione della Grecia, che i cittadini sono considerati gli uomini liberi. Ma erano uomini liberi perché c’erano altri che lavoravano per rendere liberi loro. E io invece Le faccio una proposta per cui quelli che lavorano sono veramente i cittadini. Cittadini devono essere quelli che lavorano e non gli uomini liberati dal lavoro degli altri. Questa è la centralità del mio pensiero”.
A quel punto Togliatti replica: “Mi sembra interessante questo modo di ragionare. Quali sono i lavori, secondo Lei, che possono dare accesso al diritto di cittadinanza?”.
Cominciano allora a scrivere un elenco – infatti, non si fidavano l’uno dell’altro, si davano del Lei ma non si fidavano. A Roma si direbbe: dov’è la sola? Dove mi vuoi fregare?
Cominciano a scrivere: il lavoro salariato, gli operai, i braccianti, gli insegnanti, gli infermieri… Scrivono tutto, con l’intenzione – proprio per non fregarsi vicendevolmente – di trascrivere poi quell’abbozzo di elenco sulla Carta costituzionale. Cosa che poi ovviamente non fecero, perché non avrebbe avuto senso.
Quando si pone il tema dei commercianti e degli artigiani, si fermano. Togliatti osserva: “Senta, su questo punto ho bisogno di consultare i miei. Ho bisogno di sentire Di Vittorio, che dirige la mia tribù nella terza Sottocommissione”.
Dossetti replica: “Sono d’accordo. Io sento Fanfani – che sarà poi quello che materialmente scriverà l’articolo 1 – che pure dirige la mia tribù sempre nella terza Sottocommissione. E ci troviamo domattina”.
Si ritrovano l’indomani e Togliatti conviene: “Guardi, anche i commercianti e gli artigiani sono dei lavoratori”, perché prevale la dimensione del lavoro rispetto a quella imprenditoriale. Però Dossetti non si ferma qui, è veramente un rompiscatole, e propone: “Io aggiungerei nell’elenco il lavoro orante”.
Al che Togliatti sbotta: “Ma cos’è questa roba? Se avete il problema di far votare i parroci, avremo delle riserve sul loro datore di lavoro, ma che i parroci lavorino non ci piove. Insomma, inseriamo pure i parroci”.
“No, no, è un’altra cosa” – spiega Dossetti. “Il lavoro orante è la preghiera”.
“Beh, sarà mica un mestiere pregare” – ribatte Togliatti.
“Ma guardi che è una cosa importante anche la preghiera” – non si scoraggia Dossetti. “Penso alle monache di clausura, ad esempio. Siccome il lavoro serve a costruire la società, una società coesa, allora anche chi prega dà un contributo”.
Per Togliatti però il lavoro orante è un po’ troppo; dunque, rimandano il discorso direttamente in sede di Commissione.
Se voi andate a leggere gli atti dell’Assemblea costituente pubblicati nel sito della Camera, trovate l’eco di questo dibattito, che non si ripete negli stessi temini, ma che si sostanzia in una discussione interessantissima sul lavoro orante, su cui Dossetti torna a insistere. Intervengono Togliatti, Di Vittorio, Concetto Marchesi. Sul versante di Dossetti interviene soprattutto Moro, il quale spiega che una società sta in piedi anche perché ci sono persone che la tengono in piedi con questo tipo di contributi.
Dunque, l’articolo 1 della Costituzione è stato scritto in questo modo. Leggiamo adesso l’articolo 4, comma 2: “Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo la propria possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Ecco una traccia di questo discorso, capite, non dice “materiale e spirituale” ma “materiale o spirituale”, e dunque è lavoro anche un’attività che concorra al progresso spirituale della società.
Insomma, se dunque dei cattolici vogliono partire dal tema del lavoro, non è un’idea sballata: è un’idea costituzionale.