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Ai lavori d’aula di dopodomani è iscritta una proposta di legge di iniziativa regionale rivolta al Parlamento, che chiede risorse certe e indispensabili per la sanità. Il progetto è stato approvato dalla Giunta regionale nella seduta del 31 luglio, e il 17 ottobre ha concluso l’iter nella Commissione IV Politiche per la salute e politiche sociali.
Il progetto di legge prende le mosse dal diritto alla salute, che si afferma quale diritto fondamentale ad accesso universale a partire dal 1° gennaio 1948 con l’art. 32 della Costituzione: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. La Legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, definisce chiaramente il diritto alla salute come un diritto individuale teso a garantire una condizione di benessere fisico, psicologico e sociale della persona e come un diritto collettivo a tutela della salute della comunità nel suo complesso, con un approccio che oggi viene denominato One Health.
In un paese come il nostro, segnato dal calo delle nascite e dall’invecchiamento della popolazione, il diritto alla salute universale deve misurarsi con un bisogno di servizi sanitari e sociosanitari in tendenziale aumento. Ce ne rendiamo conto dando un’occhiata ai dati Istat 2022: l’indice di vecchiaia continua ad aumentare e ha raggiunto quota 187,6 anziani ogni 100 giovani, mantenendo l’Italia tra i Paesi più vecchi dell’UE. I residenti di 65 anni e più sono 14 milioni e 46mila, pari al 23,8% della popolazione totale. I residenti di 75 anni e più, cosiddetti “grandi anziani”, sono 7.058.755, l’11,7% della popolazione totale. E, soprattutto le donne, vivono sole (50%). I centenari sono 19.714, un numero quadruplicato rispetto al 2002, quando erano poco più di 5mila. Di questi 19.714, l’83% è rappresentato da donne (16.427). I semi-super centenari (di 105 anni e più) sono oltre 1100 e 17 sono le donne super centenarie (di 110 anni e più). Le previsioni per il futuro non sono rosee: nel 2042 le persone di 65 anni e più saranno 19 milioni, il 34% della popolazione; gli ultraottantenni supereranno i 4,5 milioni; la popolazione con almeno 100 anni raggiungerà le 20mila unità; gli ultracentenari triplicheranno, raggiungendo le 58mila e 400 unità (stime Istat, Rapporto annuale 2022).
Ma quanto spende l’Italia per la sanità? Nel 2022 la spesa sanitaria pubblica si è attestata a 131 miliardi (6,8% del PIL) e i confronti internazionali evidenziano che si è mantenuta significativamente più bassa della media UE-27, che è dell’8,1% (dati Rapporto Osservasalute 2022). Siamo al tredicesimo posto nella graduatoria UE per la spesa pro capite (2.609 euro) sotto Repubblica Ceca e Malta e molto distante da Francia (3.807 euro) e Germania (4.831 euro). Stiamo spendendo una cifra adeguata a garantire il diritto universale alla salute? Forse no, dal momento che l’11,1% delle persone nel 2021 ha dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie, sia a causa delle liste d’attesa sia per motivi economici (dati Istat). Un SSN sottofinanziato porterebbe ad aumentare la disuguaglianza sociale, perché le famiglie già si dividono tra quelle che riescono ad accedere alle cure attingendo a risorse finanziarie proprie (sanità privata) e quelle che vi rinunciano.
Il progetto di legge si articola su tre punti di merito. Il primo riguarda l’incremento del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, a cui concorre lo Stato, su base annua dello 0,21% del prodotto interno lordo dal 2023 al 2027 fino a raggiungere una percentuale di finanziamento annuale non inferiore al 7,5% del PIL. Obiettivo che comporta un sostanzioso, ma necessario, incremento delle risorse: da 128,869 miliardi di euro (fabbisogno programmato nel 2023) a oltre 149 miliardi, per avvicinare l’Italia al livello di altri Paesi europei.
Altro punto cardine, il superamento per le Regioni dei vincoli di spesa per il personale del Servizio sanitario nazionale imposti dalla legge nazionale, ma anche il superamento di un altro limite, quello che riguarda il trattamento accessorio per il personale. In questo modo le Regioni potrebbero contare su uno strumento in più per fronteggiare il grave problema della carenza di professionisti sanitari, che insieme alla mancanza di risorse adeguate costituisce un nodo fondamentale da sciogliere per la tenuta dell’intero sistema.
Il terzo aspetto affrontato nel progetto di legge riguarda, infine, la copertura finanziaria, che sarà garantita in prima battuta da maggiori risorse che dovessero rendersi disponibili dalla crescita economica prevista dalla Nota di aggiornamento al DEF – novembre 2022 e, in seconda battuta, da risorse derivanti dal contrasto all’evasione ed elusione fiscale e contributiva.
Il tema è importante ed è stato proposto da tutte le Regioni, al di là di ogni schieramento politico. È possibile accompagnare l’iter della proposta di legge con una sensibilizzazione istituzionale, politica, sociale e popolare.