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La diffusa incoscienza sugli effetti negativi della cannabis nel dibattito in corso

25 Luglio 2022 Prevenzione sanitaria

Il dibattito che si sta sviluppando sulle droghe cosiddette “leggere”, intendendo essenzialmente la cannabis, ha un evidente vizio di fondo: quasi tutti coloro che lo promuovono sono convinti che fumare marjuana non faccia male, che i problemi eventuali siano collegati solo ad un uso “eccessivo”,  e il loro impegno per la legalizzazione del consumo di cannabis coincide sostanzialmente con lo sdoganamento culturale di tale pratica.

È questo il motivo fondamentale per cui la lettura di varie prese di posizione sull’argomento è per me motivo di disagio. Non sono tanto le proposte a preoccuparmi, quanto l’emergere di una assoluta inconsapevolezza dei danni che, invece, il consumo di cannabis provoca, come provato da numerosi e seri studi scientifici: danni fisici diretti, aggravamento di condizioni o slatentizzazione di eventuali problematicità preesistenti, sviluppo di dipendenza, per non parlare dell’allentamento dell’autocontrollo e degli effetti che questo può avere non solo sulla guida di veicoli, ma nello svolgimento di ogni attività che richieda attenzione e precisione. Vorremmo mai essere operati da un chirurgo che si è appena fatto una canna per rilassarsi fra un’operazione e l’altra? Ne dubito. Ma di tutto ciò nessuno parla mai.

Questa diffusa inconsapevolezza emerge chiaramente dagli argomenti che tipicamente vengono addotti. Così, se rilanci un’intervista di uno psichiatra che parla dei danni sui giovanissimi causati dal mix di alcol e cannabis, ti trovi fra i commenti un ricco prontuario di commenti che suggeriscono che il problema sia tutto riconducibile al solo alcol; altri che sostengono come l’unica risposta utile ad affrontare il problema sia la legalizzazione (peraltro nemmeno notando che anche l’alcol è vietato ai minori), e così via. Nessuno che si preoccupi della sostanza del problema: emerge solo la reazione, spesso aggressiva, volta a cercare di sdoganarne il consumo.

Dicevo che sono gli argomenti ad essere imbarazzanti, più che proposte. C’è chi ricorda che la cannabis viene usata anche a scopo terapeutico e ne deduce che pertanto non fa male, sillogismo palesemente errato: anche la morfina ha scopi terapeutici, per non parlare degli effetti collaterali della maggioranza dei farmaci, che infatti sono da assumere sotto controllo medico e non certo liberamente per scopi ricreativi. C’è chi sottolinea che la pratica sia troppo diffusa per non essere liberalizzata, ma se questo argomento fosse decisivo che dovremmo dire del consumo di cocaina o di altre droghe che purtroppo conoscono una crescente diffusione? C’è chi evidenzia come l’illegalità lasci il controllo alle organizzazioni criminali, con il rischio che vi siano partite di sostanze molto dannose che entrano nel mercato nero, ma questo capita purtroppo anche con l’eroina e atre sostanze.
Ma la reazione che più di tutte disvela il retropensiero è di trattare chiunque dica che fumare cannabis fa male come se ciò equivalesse a opporsi a ogni forma di depenalizzazione. Rivelando quindi che chi è a favore della legalizzazione, in sostanza è convinto che la cannabis non faccia male. È questo il motivo per cui l’attuale dibattito è davvero lontano dal livello minimo di ragionevolezza che sarebbe necessario.

Se tutti partissimo dalla consapevolezza che la cannabis fa male, se ci preoccupassimo anzitutto di dare con forza questo messaggio ai giovani e agli altri consumatori, se mettessimo in campo campagne e movimenti culturali per liberare le persone da queste dipendenze nocive, imitando almeno quanto si è fatto negli anni contro il fumo di sigaretta, dopo potremmo serenamente confrontarci tra chi ritiene che il profilo penale debba restare invariato e chi invece ritiene utile prevedere una legalizzazione. Oppure esplorando magari strade intermedie, cercando il modo migliore di aiutare le persone a uscire da queste dipendenze. Se invece il fronte favorevole alla legalizzazione rimarrà dominato dai promotori della canna libera, da coloro che vogliono a tutti i costi affermare la piena liceità e innocuità di questa pratica, c’è davvero da chiedersi quanto questo dibattito non sia già inquinato dalle conseguenze di ciò che invece sarebbe meglio – quantomeno – sconsigliare.

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