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Ieri si è tenuta la seduta straordinaria dell’Assemblea Legislativa dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne. Un’utopia? Se lo è chiesto nel suo intervento in aula Lucia Musti, magistrato della Procura generale di Bologna, e lo ha chiesto a ciascuno di noi. Una questione squisitamente femminile? Basta la mobilitazione delle sole donne a guidare un cambiamento storico auspicabile, oppure la violenza contro le donne riguarda soprattutto gli uomini? Interrogativi posti da Luca Vecchi, presidente Anci ER, e dal presidente Stefano Bonaccini. E da dove trae origine quest’orribile piaga? Gli interventi in aula hanno giustamente sottolineato come sia un fenomeno in larga misura occulto, come le donne non denuncino per paura di ritorsioni e nella speranza, spesso vana, che un episodio isolato non costituisca presupposto per reiterare. Lo ha detto il prefetto di Bologna Francesca Ferrandino. E la senatrice Valeria Valente ha sottolineato come ancora troppo spesso ci si chiede cosa abbia combinato la donna per cacciarsi in quella situazione, quale sia la sua parte di colpa.
Se il racconto pubblico della violenza contro le donne tende a considerarlo un fenomeno emergenziale e non strutturato, forse dovremmo davvero metterci in discussione in maniera completa, considerando nel suo insieme la società che vogliamo costruire. La società che stiamo costruendo. Parliamo molto di diritti e poco di doveri, ad esempio. Parlare poco di doveri rischia di portare a pensare che tutto sia dovuto e che non si debba fare nulla per contribuire al bene comune e al miglioramento della società. Proprio perché è importante il contributo che ognuno può dare in prima persona, occorre interrogarsi su quale sia il proprio dovere. Poi, spesso si confonde l’amore con il possesso, il desiderio con il diritto, si persegue l’autodeterminazione quasi che fosse un valore assoluto, e questo comporta conseguenze forse sottili ma di sicuro rilevanti. Prima di tutto perché accentua l’idea che ci siano solo diritti senza doveri e che tutto sia dovuto. Poi perché l’autodeterminazione viene usata per giustificare scelte in cui persone povere o fragili, soprattutto donne, mettono a disposizione il proprio corpo perché sia usato per il sesso a pagamento o per portare in grembo bambini per altri, che possono permettersi di pagarle per questo. L’idea che possiamo fare tutto quello che vogliamo, facendo salva solo l’autodeterminazione, mal si coniuga con l’idea del rispetto, dell’inviolabilità del corpo della donna, della tutela della fragilità, della diversità e della libertà. Una cultura che alimenta l’idea di un potere personale sfrenato equivale a lanciare automobili a velocità pazzesche, salvo specificare che però devono fermarsi allo stop. Ma non tutti hanno i freni in perfetta efficienza, e così capita che qualcuno non si fermi allo stop e travolga vite, tipicamente di donne e di persone che non sono in condizione di difendersi.
Ieri quindi ci siamo trovati a ripetere una verità sacrosanta, e cioè che gli uomini violenti devono fermarsi, che la violenza contro le donne è un’oscenità che va combattuta. In questa pagina ci sono ulteriori notizie sulla seduta di ieri, che si è conclusa con una risoluzione approvata all’unanimità, con una serie di proposte concrete. Uno sforzo importante e unitario senz’altro molto positivo.
Ma se vogliamo davvero invertire questo drammatico trend, allora dovremmo cominciare a dire chiaramente che amore è anzitutto dono e capacità di rinuncia, che non ci sono solo diritti ma anche doveri, che il desiderio non va confuso col diritto, e che i modelli fondati sul possesso non andrebbero assecondati o coltivati, perché solo una società davvero altruista potrà superare una piaga come questa. Ogni volta che mi trovo a parlare ai donatori di sangue, glielo dico: solo la cultura del dono può salvarci dalle ombre alimentate da una deriva culturale che ci spinge a prendere, ricevere, richiedere, pretendere. Solo educandoci all’altruismo e al rispetto potremo combattere alla radice la piaga del femminicidio, insieme a tante altre storture. Prima lo capiremo e meglio sarà.