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Funivia del Mottarone: tragedia e campanello d'allarme

27 Maggio 2021 Riflessioni

Nel momento in cui le persone cominciano a uscire di casa dopo mesi di reclusione e paura. Nel momento in cui le famiglie provano a godere insieme di una bella giornata, approfittandone per fare un giro in un bel posto di montagna, dove si gode una superba vista sui laghi. Il Mottarone. Nel momento in cui, dopo mesi di buio, si rafforza la speranza di riprendere a vivere, proprio in quel momento è arrivata la tragedia. Un cavo si è rotto, una cabina della funivia è precipitata, famiglie intere hanno perso la vita, compresi diversi bambini.

Tutti abbiamo pensato: com’è possibile che si rompa un cavo in un impianto che dovrebbe essere costantemente manutenuto e che era stato da pochi anni risistemato? Com’è possibile che non sia entrato in funzione il freno d’emergenza, per bloccare la cabina sul cavo portante subito dopo la rottura del cavo traente? Com’è possibile un fallimento così grave in un impianto di risalita, della cui tecnologia l’industria italiana è leader a livello mondiale? Tutti abbiamo pianto lacrime amare e provato il brivido della paura, immedesimandoci negli ultimi istanti di quelle vite perdute e nel dolore dei loro cari e familiari. 

Ancora non è stato chiarito perché si sia rotto il cavo traente. Ma nel frattempo abbiamo imparato che il freno di sicurezza non è intervenuto perché era stato volutamente manomesso, per evitare di tenere fermo l’impianto in attesa di una riparazione. La morsa che teneva aperti i freni, il cosiddetto “forchettone”, era stato inserito per aggirare un’anomalia ai freni che durava da un mese e mezzo. “L’impianto presentava delle anomalie e avrebbe avuto bisogno di un intervento radicale con un blocco anche consistente nel tempo”, afferma la procuratrice Olimpia Bossi. Pur in attesa delle doverose verifiche processuali, appare quindi chiaro che i responsabili della funivia, posti di fronte alla necessità di sospendere il servizio per risolvere stabilmente il problema dei freni, hanno preferito disabilitare il freno d’emergenza per continuare a tenere attivo il servizio ed evitare i blocchi e disservizi che l’anomalia continuava a generare. Tutto questo nell’ipotesi che un evento improbabile come la rottura del cavo non si verificasse mai. E invece è successo.

Una scelta scellerata, della quale avere paura, da diversi punti di vista. Anzitutto dal punto di vista morale: scegliere la convenienza economica a discapito della sicurezza e potenzialmente della vita delle persone implica una profonda mancanza di responsabilità, è segno di una vertiginosa perdita di solidità morale. In secondo luogo sul piano delle competenze: persone veramente competenti avrebbero compreso che quello è un rischio che non poteva in nessun caso essere corso. In terzo luogo sulla capacità di controllo: evidentemente insufficiente a tenere sotto controllo quanto invece dovrebbe essere monitorato con maggiore attenzione.

Sono problemi di fondo che stanno caratterizzando questa fase della vita del nostro Paese, e che si accompagnano al prevalere di una competizione politica basata fortemente sull’apparenza e sull’appartenenza, e che apre varchi davvero troppo ampi all’incompetenza, all’amoralità, al prevalere della furbizia sull’intelligenza. Sono gli stessi vizi alla base della tragedia avvenuta col crollo del Ponte Morandi, e di altre tragedie che hanno segnato il nostro tempo e il nostro Paese. Certo, tutti ora chiedono punizioni esemplari, ed è giusto. Ma occorre comprendere che occorre fare di più per prevenire tutto questo, a partire dalla modalità di selezione della classe dirigente, a tutti i livelli.

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