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Nella giornata internazionale contro l’omofobia voglio unire la mia voce a quella dei tanti che doverosamente condannano violenze e discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale, al pari di quelle commesse sulla base “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Sono contro l’omofobia perché credo nel valore di ogni persona umana, e credo nella cultura del dialogo, del rispetto reciproco e della tolleranza. Credo nei diritti e nei doveri, e sono convinto che queste due parole debbano sempre andare insieme, perché quando non succede è più facile scivolare verso gli slogan e che le parole perdano il loro significato. Proprio per questo voglio aggiungere qualche riflessione su alcuni temi di attualità.
Se lottare contro l’omofobia significa promuovere dialogo e rispetto reciproco, trovo davvero singolare che ArciLesbica venga tagliata fuori dalla Salara da altre associazioni Lgbt che in buona sostanza non condividono le sue posizioni sull’utero in affitto, sui farmaci che bloccano la pubertà, su forme di legalizzazione della prostituzione. E credo che il Comune di Bologna, a cui appartengono gli spazi di cui stiamo parlando, non possa limitarsi ad assistervi passivamente.
Invece di occuparsi di questo, l’assessora bolognese Susanna Zaccaria e il sindaco Virginio Merola hanno sentito l’esigenza di sponsorizzare una proposta di legge che non è, come tutti i giornali scrivono, contro l’omofobia, ma contro la “omotransnegatività”. Proposta di legge, peraltro mai depositata in questo mandato, che sostanzialmente recupera quella avanzata nel 2014 da Franco Grillini e subito decaduta. Tralasciando la forzatura nel sottoporre alla Regione un testo completo perfino della relazione di accompagnamento, voglio stare al merito e spiegare alcuni dei problemi che vedo nel testo proposto.
Prima di tutto si introduce il concetto di discriminazione potenziale. Ovvero non ci si limita a condannare, prevenire e cercare di superare le discriminazioni, ma si afferma di voler superare anche le situazioni potenziali di “omotransnegatività”. Par di capire che a quel punto ogni persona lgbt, in quanto potenzialmente discriminabile, avrebbe diritto ad una tutela specifica. Non mi pare francamente intelligente introdurre una discriminazione effettiva per prevenirne una potenziale.
In secondo luogo il testo prevede interventi e specifiche politiche del lavoro, di formazione e riqualificazione a favore delle persone discriminate. Ma le discriminazioni andrebbero evitate, non diventare motivo per avere accesso a canali speciali di formazione e inserimento lavorativo. Rimane vago invece il come sostanziare le “pari opportunità” che la proposta afferma di voler promuovere: si vuole arrivare a stabilire delle quote per ogni orientamento sessuale e identità di genere? In ogni caso mi pare evidente il rischio di arrivare a finanziare un segmento specifico e protetto dell’economia.
C’è poi il nodo ineludibile dell’educazione. Ora, è chiaro che l’educazione al rispetto reciproco e al contrasto delle discriminazioni sia un tema importante. Ma la promozione di progettualità “nelle scuole di ogni ordine e grado” è un tema che occorre affrontare con grande delicatezza, nella consapevolezza che esistono visioni diverse sul modo in cui sia opportuno farlo, anche in relazione all’età di bambine e bambini. E’ un dialogo finora che è mancato, stretto fra gli allarmi sull’ideologia del gender da un lato e chi dall’altro risponde che non esiste, mentre va semplicemente riconosciuto che sull’argomento esistono pareri e sensibilità fra loro diverse e il nodo va affrontato con capacità di dialogo e senza forzature né in un senso né nell’altro. Viceversa, chiunque pretenda di imporre un pensiero unico a cui tutti dovrebbero adeguarsi, misconoscendo l’importanza del ruolo educativo e la soggettività delle famiglie, compie un errore foriero di guai.
Ma l’aspetto più preoccupante è proprio il termine “omotransnegatività”. Perché è questo che quel progetto di legge si propone di combattere, non l’omofobia, come compare in tutti i titoli dei giornali. Omotransnegatività è un neologismo (nel dizionario non esiste) presente nel titolo della proposta di legge, che nel testo non viene definito, e a cui ci si riferisce in modo vago. Ora, per descrivere violenze o discriminazioni perpetrate sulla base dall’orientamento sessuale o dell’identità di genere, esiste appunto una parola precisa: omofobia (o omotransfobia). L’uso di una parola diversa e meno specifica (negatività invece di fobia) evidentemente indica che si vogliono stigmatizzare e punire anche atteggiamenti giudicabili come “negativi” che non sono né violenti né discriminatori: quali? Il rischio concreto è che si vogliano ricomprendere in questo termine e punire anche opinioni non gradite, come alcuni recenti episodi bolognesi stanno a testimoniare.
Introdurre surrettiziamente una sorta di reato di opinione su queste materie costituirebbe uno scivolamento davvero preoccupante. Non è alzando il livello dell’intolleranza che si può combattere una battaglia per la tolleranza, quale è (o dovrebbe essere) quella contro l’omofobia.