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Le mie perplessità su Bologna a 30 km/h

10 Luglio 2023 Mobilità

Ricordo che andavo alle medie quando a Bologna gli autobus erano gratis. Fu un’esperienza effettuata solo in alcune fasce orarie e che durò circa tre anni. Era un provvedimento-bandiera della città-vetrina governata dal PCI, di cui parlava tutta Italia, e quello propagandistico è l’aspetto che gradisco meno. Al tempo stesso costituiva anche una chiara scelta di campo a favore del trasporto pubblico, e questo aspetto invece lo trovo apprezzabile. Lo è a maggior ragione oggi, in cui la politica sembra dipendere da Tper piuttosto che riuscire a controllarla come dovrebbe, come dimostra per esempio il fatto che non riusciamo nemmeno a comprendere nel  biglietto urbano anche i comuni della prima cintura, figuriamoci poi l’intera città metropolitana (a proposito di periferie…).

Il sindaco Lepore non può ricordarsi degli autobus gratis, perché nel 1973-75 non era ancora nato. Ma a lui, al contrario di me, piace la retorica della città-vetrina, che abitualmente declina nella dizione di “città più progressista d’Italia”. Oggi pare aver trovato nella “Bologna a 30 all’ora” il suo provvedimento-bandiera, annunciato con ampia retorica in questi giorni: “Vale la pena di salvare delle vite anche se perderò le elezioni”.

Visto che condivido gli obiettivi di fondo dichiarati (salvare vite umane, ridurre l’incidentalità, privilegiare la salute, favorire il trasporto pubblico, ridurre l’inquinamento), vorrei stare al merito. Stare sul punto, senza impostare il ragionamento nella contrapposizione fra automobilisti da un lato e ciclisti e pedoni dall’altro, come invece si è fatto troppe volte negli ultimi anni a Bologna. Ossia buoni e cattivi, a seconda dei punti di vista. E non solo perché nel mondo reale le stesse persone vanno a volte a piedi, a volte in bici e a volte in auto. Ma anche perché sono convinto che governare sia un compito che richiede raramente la sciabola e più spesso il fioretto, alla ricerca di un equilibrio convincente per tutti o quasi. Per questo vorrei anzitutto cercare di capire meglio il ragionamento fatto dagli amministratori bolognesi che hanno concepito e poi varato il provvedimento dei 30 all’ora esteso a tutta la città.

Per riuscire a capire la ratio del provvedimento ho letto doverosamente lo studio dell’impatto della “Città 30” sul benessere sociale (Vol I All. A del Piano particolareggiato, ver 2.0 aprile 2023, tratto da qui), quello in base a cui il sindaco Lepore ha affermato che “andando ai 30km si stimano appena 12 secondi di percorrenza in più rispetto ai 50km orari nell’ora di punta” per rassicurare i cittadini dubbiosi di fronte al provvedimento. Il documento in questione spiega come sono stati fatti i calcoli, e chiedo scusa se toccherà di andare un po’ sul tecnico.

In buona sostanza, chi ha fatto lo studio ha considerato le strade cittadine e le ha suddivise in strade principali, secondarie e locali, rifacendosi alla classificazione del PGTU, poi ha preso i dati di traffico del maggio 2022 forniti da TomTom e da questi dati è partito facendo una serie di calcoli per arrivare ai flussi di traffico suddivisi sulle tre sottoreti riferite alle tre tipologie di strade. Per suddividere i flussi hanno fatto calcoli basati su stime: per esempio un giro di carico/scarico in ambito urbano di un veicolo commerciale è stato stimato mediamente pari a 12 km (valore utilizzato per derivare dai dati PUMS la quota di veicoli commerciali nei flussi di traffico rilevati), la lunghezza media degli spostamenti interni su auto è stata stimata pari a 3 km, quella in bus 3,5 km, quella in bici 2,5 km, quella a piedi 0,8 km. Intervengono inoltre diversi altri coefficienti (1,15 passeggeri per auto, +50% lunghezza dei viaggi di scambio, però bisognerebbe capire bene cosa intendono), e poi i diversi pesi secondo cui vengono ripartiti i carichi sulle tre sottoreti di strade principali, secondarie e locali. Alla fine i conti dei flussi stimati vengono valutati come credibili in quanto i dati derivati dal PUMS tornerebbero abbastanza con quelli rilevati da TomTom.

La prima e fondamentale osservazione che si può già fare è che tutto lo studio in questione è pertanto basato su una ricostruzione di un “modello contabile” (così hanno scritto) della mobilità nel comune di Bologna e non su un modello di simulazione del traffico. C’è un motivo fondamentale per cui da decenni ormai nel mondo si usano complessi modelli di simulazione del traffico su calcolatori ad alte prestazioni, ed è che i veicoli interagiscono fra loro e pertanto gli andamenti non sono rappresentabili né stimabili in modo affidabile con calcoli lineari (ovvero basandosi su medie di flussi, di percorsi e di velocità, rapporti e ricalcoli come hanno fatto in questo studio). O più precisamente, le medie e i rapporti possono avere una certa affidabilità solo in situazioni di traffico leggero, ovvero quando le interazioni fra veicoli sono in pratica trascurabili. E non è certo questo il caso di Bologna. Poi, se posso dirlo, è un po’ triste ascoltare grandi discorsi sulla disponibilità di supercalcolatori come quelli effettivamente presenti a Bologna al Tecnopolo e poi verificare che nei casi in cui avrebbe davvero molto senso utilizzarli – come questo – si preferisce invece basarsi su calcoli semplici e assai meno affidabili.

Tenendo quindi a mente che la credibilità di calcoli lineari per stimare l’impatto del limite ai 30 all’ora è già di per sé molto bassa, vediamo poi nello specifico come sono stati fatti questi calcoli. E osserviamo che:

  • i dati del traffico derivano da giorni feriali del mese di maggio, che sicuramente rappresentano una situazione più favorevole all’uso di mezzi alternativi all’auto rispetto ad esempio ai mesi invernali, e quindi nulla ci dice lo studio delle situazioni di traffico maggiormente critiche;
  • il numero di parametri e coefficienti inseriti nel calcolo è talmente ampio e aleatorio da rendere poco probante il fatto che a un certo punto ci si riesca a ricondurre a valori paragonabili a quelli derivati dal PUMS, peraltro relativi a tempi e stagionalità diverse;
  • alcuni dei valori dati a tali parametri appaiono essere puramente ipotetici, mentre altri vengono in qualche modo desunti da dati o studi  precedenti, ma anche in questo caso alcune scelte appaiono discutibili; per fare solo un esempio, assumere come base gli spostamenti interni alla città di una lunghezza media di 3 km sembra una scelta molto bolognacentrica, perché in realtà la città viene attraversata da flussi di traffico che solo in parte sono interni alla città stessa.

Nel prosieguo lo studio passa ai calcoli dei tempi di percorrenza, naturalmente proseguendo a ragionare di stime, ipotesi, medie e calcoli lineari. Per farlo, considera nella sostanza tre categorie di conducenti (semplifico per una migliore comprensione), ossia quelli che vanno piano (V15 = 15° percentile), quelli che vanno a una velocità media (V50 = 50° percentile), e quelli che vanno forte (V85 = 85° percentile). E qui i numeri diventano un po’ quelli del lotto, perché la riduzione della velocità in virtù dei nuovi limiti delle tre categorie di autisti viene stimata nel modo seguente: i V15 che vanno piano continuano ad andare alla stessa velocità visto che le medie sono già inferiori a 30 all’ora; ai V50 che vanno secondo la media tolgono metà della differenza fra la loro velocità media attuale e il nuovo limite di 30 all’ora (in realtà incrementato a 35 km/h “per tener conto della tolleranza rispetto ai potenziali controlli”) ma solo sulla rete principale e secondaria, perché la loro media nella rete locale è già inferiore ai 30; ai V85 che vanno forte tolgono due terzi della differenza fra la loro media attuale e il nuovo limite incrementato a 35 (e questo accade in tutte e tre le sottoreti stradali).

Voglio sottolineare questo passaggio, perché è cruciale nell’economia del ragionamento e nelle deduzioni successive. Il testo dice: “Per ricavare questi ultimi [i valori V15/V50/V85 nello stato di progetto] si è ipotizzato di lasciare inalterata la V15, già allineata con il nuovo limite e di ridurre le altre soglie di velocità di una quantità pari a una quota della differenza tra il valore attuale e il nuovo limite, incrementato a 35 km/h per tener conto della tolleranza rispetto ai potenziali controlli. Le quote adottate sono state rispettivamente pari a 1/2 e 1/3 rispettivamente per la nuova V50 e la nuova V85.”

Nessuna motivazione, nessuno studio portato a dare ragione di queste scelte che risultano poi decisive per l’esito dei calcoli. C’è da dire che gli autori dello studio sono consapevoli di aver messo giù dei numeri non indiscutibili, visto che subito dopo scrivono esplicitamente che il meccanismo è costruito per “portare a risultati ‘plausibili’ ma che inevitabilmente mantiene un qualche grado di arbitrarietà”. Le virgolette su ‘plausibili’ sono nel testo. Insomma, la sensazione è quella di essere di fronte ad una stima da prendere molto con le molle. Le obiezioni che si potrebbero fare sono diverse.

  • Perché le medie di coloro che vanno piano (V15 su tutte le reti e V50 sulla rete locale) dovrebbero restare inalterate, visto che si tratta di velocità medie e l’effetto – almeno in teoria – del nuovo limite dovrebbe essere quello di tagliare i picchi superiori al limite, quindi potenzialmente influendo sulla media anche se la media è già inferiore al limite?
  • La scelta di considerare 35 km/h come limite reale “per tener conto della tolleranza” dà implicitamente conto della difficoltà concettuale nel cercare di paragonare una situazione reale (stimata) con una situazione ipotetica derivante dall’imposizione del nuovo limite generalizzato.
  • E comunque il passaggio chiave è la scelta di ridurre V50 del 50% della differenza fra la media attuale e il nuovo limite e V85 del 66% della differenza, che non appare minimamente motivata. E che ha un chiaro effetto sul rapporto V85/V50 che risulta decisivo nel prosieguo dello studio. Su quale base si è ipotizzato che la minoranza di coloro che vanno forte si modererà in modo più accentuato rispetto a chi procedeva nella media, comunque al di sopra del nuovo limite? Capisco che la speranza sia quella, ma per fare una previsione bisognerebbe disporre di motivazioni più solide…

Lo studio prosegue calcolando delle stime sulla riduzione dell’incidentalità, e lo fa partendo proprio dal rapporto V85/V50 (ovvero velocità media dell’85° percentile diviso velocità media del 50° percentile), perché su questo parametro sono disponibili studi di correlazione col tasso di incidentalità. Ma il rapporto V85/V50 nello studio decresce semplicemente come conseguenza delle ipotesi fatte per calcolare l’abbattimento delle due velocità medie di cui sopra, e derivare una stima numerica di riduzione degli incidenti solo da ipotesi arbitrarie mi pare proprio azzardato dal punto di vista matematico. Se si danno fuori dei numeri, questi devono avere un fondamento non solo ipotetico. Altrimenti, si dica in generale che speriamo che col limite più basso decrescano gli incidenti, ma evitando di dare numeri sostanzialmente inventati. Peraltro, lo dico da un punto di vista matematico, è tutto da vedere se l’abbassamento del limite a 30 avrà l’effetto di abbassare anche il rapporto V85/V50, al di là delle ipotesi fatte a giustificazione del provvedimento.

Sugli incidenti, soprattutto quelli gravi, inviterei peraltro a fare molta attenzione. Parecchi anni fa, quando ero consigliere comunale a Bologna, feci una interrogazione per chiedere dove venivano fatte più multe per eccesso di velocità e dove avvenivano gli incidenti con conseguenze gravi sulle persone. Ne risultò – per usare la terminologia attuale dello studio di Bologna30 – che le multe venivano fatte sulla rete principale e gli incidenti gravi avvenivano sulla rete secondaria. Da un punto di vista pratico, per dirla in breve, se qualcuno faceva gli 80 in via Stalingrado rischiava di prendere una multa, se faceva gli 80 in via Leandro Alberti rischiava di mettere sotto qualcuno (il limite era 50 in entrambe). Lo studio risale a parecchi anni fa, ma sinceramente non ho la sensazione che la situazione sia sostanzialmente cambiata. Per questo penso ancora che per diminuire in modo significativo gli incidenti gravi, la prima cosa che farei io è quella di controllare il rispetto dei 50 nelle strade secondarie. Lasciando perdere i piccoli tamponamenti senza conseguenze, mi piacerebbe sapere quanto è ampia la casistica di incidenti con conseguenze gravi sulle persone fatti da automobilisti che procedevano a 45 km/h su una strada della rete secondaria. Se ce ne fossero, allora sì che sarebbe stato ragionevole e giustificato abbassare il limite a 30 km/h in quelle strade. Ma se invece a provocare incidenti sono – come credo che sia – coloro che vanno sulle strade secondarie a una velocità da tangenziale, il problema era e rimane quello di evitare che lo facciano e non quello di abbassare il limite per tutti.

Insomma, io continuo a pensare che servirebbe grande equilibrio e cercare di capire strada per strada e caso per caso quale sia il limite più ragionevole da imporre. Sono infatti convinto che sia un valore imporre limiti ragionevoli e di buon senso, adatti alle situazioni, per poi poterne richiedere il pieno rispetto ai cittadini. Quindi ha molto senso mettere i 30, come si era già fatto, dove si deve andare solo piano, dissuasori e dossi artificiali inclusi, che dovrebbero essere sempre una componente essenziale del provvedimento: perché come è fatta la strada cambia sensibilmente la questione. Ha senso cambiare il limite sulle altre strade senza modificarle in nulla dal punto di vista sostanziale?  Io temo le generalizzazioni che prescindono dalla sostanza, e che riducendo il tutto a una formalità (si cambia il cartello e via) in definitiva allontanano la regola dal buon senso. Sarebbe invece meglio investire sui controlli, soprattutto dove il rispetto dei limiti è essenziale per evitare il pericolo di incidenti. Per questo non riesco a sfuggire alla sensazione che abbassare il limite ovunque risponda più a una logica di immagine e di comunicazione che all’obiettivo concreto di tutelare la salute e migliorare il traffico.

Se alla fine rimarrà un limite teorico di 30 km/h e nella pratica non venisse rispettato, come succedeva in parte anche per i 50 km/h, resterebbe solo l’operazione di immagine. Col rischio di suddividere i cittadini nelle classiche tre categorie italiche: fessi, furbi e vittime. Fessi è come si sentono quei pochi che nonostante tutto le regole le rispettano, mentre si sentono furbi quelli che se ne fregano e vanno come gli pare, che sono poi la maggioranza, vittime è infine come si sentiranno quei pochi furbi che si beccheranno una multa. Sono le categorie tipiche di una arretratezza italiana che dovremmo invece superare, puntando ad avere solo due categorie: una ampia maggioranza che rispetta le regole e pochi che le infrangono, puntando a fare sì che i pochi siano pochissimi e che vengano tutti sanzionati. Ma per riuscire in questo intento la strada migliore sarebbe quella di avere regole più ragionevoli  e controlli più serrati. Mentre invece in Italia di solito succede il contrario: si varano regole più dure che poi vengono largamente ignorate. Che è il rischio che secondo me corriamo anche in questo caso.

Una cosa comunque è certa: lo studio di impatto contenuto nel piano particolareggiato del provvedimento Bologna30 può forse contenere qualche interessante indicazione di massima, ma non può essere considerato uno strumento matematicamente attendibile sul piano predittivo, per le ragioni che ho cercato di motivare in questa mia analisi. E il fatto che al termine dello studio si valuti un aumento del tempo di percorrenza per il viaggio medio interno a Bologna di 12 secondi (pagina 25) non mi rassicura. E se fossi il sindaco Lepore eviteri di usare questa “stima” come rassicurazione per i cittadini. Anzi, siccome stiamo parlando di un viaggio di 3 km interno alla città (tale è la lunghezza stimata nello studio cui si riferiscono i fatidici 12 secondi), forse il problema che dovremmo porci è di convincere quei cittadini che usano l’auto per fare 3 km a lasciarla a casa, piuttosto che dire state tranquilli che ci impiegherete solo 12 secondi in più. Perché è molto dubbio che questa stima sia attendibile, e sicuramente non lo è per coloro che invece di km sono costretti, magari per lavoro, a farne molti di più.

Comunque, siccome ormai il dato è tratto, non resta che aspettare e verificare cosa succederà. Misureremo gli effetti concreti per poi confrontarli con le previsioni di impatto, e a quel punto sapremo quanto la realtà risulterà vicina o distante dai calcoli e dalle previsioni che sono state utilizzate per varare il provvedimento del limite generalizzato a 30 km/h.

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