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Ai residenti della Val di Setta dobbiamo chiarezza sulle opere previste dal Prevam, il Progetto paesaggistico di restauro e valorizzazione ambientale connesso alla Variante di Valico. Per questo ho depositato nei giorni scorsi un’interrogazione alla Giunta regionale. Alcune opere sono urgenti, quali la messa in sicurezza della viabilità secondaria realizzata per l’accesso dei mezzi pesanti alle aree di cantiere: così com’è, è pericolosa. Altre – come le spine drenanti, costruite per far defluire le acque sotterranee e completate in sommità da canali di scolo denominate “canale rinverdite” – sono di proporzioni e dislocazione tali da rendere molto difficile la coltivazione delle superfici agricole. Altre ancora sono aree in asservimento temporaneo ormai da vent’anni, e mi pare sia ormai ora di ripristinarle e restituirle in uso ai proprietari.
Ma andiamo con ordine. La Variante di Valico attraversa numerosi movimenti franosi (ne sono stati censiti otto) e l’intento del Prevam è consolidare il terreno per una maggiore stabilità del sedime stradale. Per la paleo-frana del Sasso Rosso, censita con la sigla MF6, prevede numerose opere idrauliche lungo i terreni agricoli e sono proprio queste opere a comportare le maggiori criticità per la futura conduzione dei terreni. Spine drenanti e canale rinverdite, ad esempio, sono dislocate in modo da rendere impossibile la regimazione agricola superficiale e inaccessibili i terreni ai mezzi agricoli. Oltre a ciò, la scelta di accendere sulla totalità delle spine realizzate una “servitù idraulica”, che non prevede indennizzo, comporta di fatto la perdita di utilizzo del terreno asservito, del quale gli agricoltori conservano tuttavia la proprietà catastale con la conseguente tassazione. I residenti si chiedono, infine, se i progettisti del Prevam conoscano i nostri terreni, caratterizzati da notevole trasporto detritico limoso. Detriti che verosimilmente si depositeranno all’interno delle spine drenanti, progettate con una lunghezza davvero eccessiva, con conseguente occlusione dello scorrimento delle acque e prevedibile rottura dell’opera. Non c’è chiarezza su chi sia l’interlocutore per risolvere i problemi legati al MF6 e per questo ho posto il quesito alla Giunta.
Un ulteriore aspetto critico è rappresentato dalla viabilità di servizio VS9. Di fatto, è una viabilità rettilinea lungo la massima pendenza con picchi di dislivello del 16-18%, l’unica della zona, che assorbe tutto il traffico a servizio dei cantieri in fondo alla vallata. La strada è stretta; le cunette laterali non sono state sempre realizzate laddove opportune né sono collegate ai rii demaniali per lo scarico delle acque. Il tracciato rende impossibile l’interscambio tra qualsiasi mezzo che sopraggiunga da direzione opposta ed è percorribile con difficoltà da mezzi di grandi dimensioni e portata, con conseguente pericolo per il traffico civile che tuttora la percorre. Sono tante le migliorie richieste dai residenti ad ASPI (Autostrade per l’Italia), ad oggi non ancora realizzate.
Manca chiarezza, infine, per quanto riguarda il ripristino e la riconsegna ai proprietari delle aree in asservimento temporaneo ormai da vent’anni, nonostante gli accordi siano chiaramente scritti nelle conferenze dei servizi.
Chiedo quindi alla Giunta regionale se abbia valutato soluzioni tecniche più adatte ai terreni in questione e quali azioni, in specifico sul MF6, intenda intraprendere per impedire che gli agricoltori si vedano sottrarre vaste porzioni di superficie agricola, con conseguenti ingenti perdite economiche. Le altre richieste alla Giunta riguardano le migliorie indispensabili a garantire la sicurezza dei veicoli e dei loro passeggeri sulla Viabilità di servizio VS9 e la riconsegna ai proprietari delle aree in asservimento temporaneo ormai da vent’anni.