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Stamattina in commissione Politiche per la salute e politiche sociali abbiamo fatto il punto sull’attività di ricerca clinica condotta in Emilia Romagna sull’epidemia da Covid-19, ascoltando – dopo l’introduzione dell’assessore e della direttrice dell’Agenzia Sanitaria Regionale – alcuni medici e docenti impegnati in prima linea in questa emergenza sanitaria.
La ricerca, al momento, è incentrata su diversi filoni di studio, che vedono l’utilizzo di farmaci antitrombotici, antimalarici, antivirali e medicinali che agiscono sulla risposta infiammatoria e immunitaria, come ci hanno illustrato gli interventi che si sono susseguiti.
Il professor Carlo Salvarani, direttore dell’Unità operativa di reumatologia dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia e del Policlinico di Modena, ha descritto gli effetti dei trattamenti sperimentali con il farmaco Tocilizumab, per cercare di modulare la sovra-risposta immunitaria che caratterizza le più gravi polmoniti da Covid.
La direttrice del Servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale dell’area metropolitana di Bologna, la dottoressa Vanda Randi, ha affrontato il tema della sperimentazione del cosiddetto plasma iperimmune, estratto dal plasma da pazienti che hanno contratto il virus e sono guariti.
Il professor Pierluigi Viale, direttore dell’Unità operativa malattie infettive del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, ha spiegato l’utilizzo dei trattamenti sperimentali con eparina a basso peso molecolare, somministrata con buoni risultati fin dallo stadio iniziale della malattia.
Il professor Giovanni Guaraldi, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ha riferito fra l’altro dello sviluppo di un algoritmo predittivo che a partire da un insieme di 20 parametri è in grado di valutare la probabilità che il paziente sviluppi la malattia in forma grave: uno strumento in grado di aiutare i medici nel processo decisionale con implicazioni terapeutiche.
Ora, è chiaro che non siamo ancora arrivati a disporre di trattamenti ottimali contro il Covid, ma è indubbio che si sono fatti molti passi avanti rispetto ai primi mesi della pandemia, e nell’attesa di farmaci specifici si sia comunque trovato il modo di curare i pazienti con una discreta efficacia. Efficacia testimoniata peraltro dalla diminuzione costante delle persone costrette al passaggio in terapia intensiva, e della diminuzione del tasso di letalità che si va riscontrando.
In ogni caso, l’encomiabile capacità di adattamento che il nostro sistema sanitario ha dimostrato sul campo della battaglia contro il virus, ha portato cambiamenti che è importante riconoscere e consolidare anche per il futuro. Al di là della fondamentale capacità di fare ricerca clinica, prendendo al parola ho voluto sottolineare anche la strategicità dell’utilizzo delle nuove tecnologie della conoscenza e l’importanza dell’interdisciplinarietà. Per lottare contro il Covid è stato ed è fondamentale lavorare in squadra: questi mesi hanno mostrato l’importanza del contributo di virologi, epidemiologi, infettivologi, pneumologi, reumatologi, nonché di internisti, medici dell’urgenza e del territorio. Non c’è un primario che abbia l’esclusiva, per combattere il Covid occorre il contributo dei diversi clinici, in un’ottica di vera interdisciplinarietà.
Uso moderno delle tecnologie informatiche, interdisciplinarietà e funzionamento a rete: chi mi segue sa che si tratta di miei cavalli di battaglia, temi su cui da anni sono impegnato e che mi auguro possano fare un balzo in avanti anche grazie a questa emergenza. Se il Covid ci lasciasse qualche strascico positivo in termini di qualificazione ed irrobustimento della sanità pubblica, sarebbe già qualcosa.
Resoconto dell’audizione (trascrizione degli interventi)
Slide delle presentazioni durante la commissione:
Maria Luisa Moro
Pierluigi Viale
Carlo Salvarani
Vanda Randi
Giovanni Guaraldi