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Stavolta la maratona post-elezioni e questi giorni di commenti hanno un sapore diverso dal solito. Da più di vent’anni a questa parte alle elezioni amministrative ero abituato ad essere coinvolto in prima persona, o direttamente come candidato o come sostenitore di candidati a cui sono strettamente legato. So cosa significhi l’attesa dei risultati, le prime proiezioni, i primi risultati. E, quando il quadro si è ormai delineato, l’attesa per i voti di preferenza, le sezioni che entrano lentamente, le tabelle compulsate nelle ore notturne, fra calcoli, timori e speranze. Poi si tirano le somme, con la contentezza per l’elezione e la soddisfazione che si può dare ai tanti che ti hanno votato. Oppure la delusione per un risultato mancato, magari per un soffio, e il dispiacere di dover ringraziare chi ti ha sostenuto senza poter dare loro la soddisfazione di aver centrato l’obiettivo. O infine la sensazione di restare appeso come primo dei non eletti, in attesa di eventi che non dipendono da te, a spiegare a chi ti ha votato meccanismi e tempi di attesa.
E quindi la prima cosa che vorrei fare è complimentarmi con tutti i candidati eletti, augurando loro buon lavoro nell’interesse della comunità. E vorrei dire una parola di vicinanza nei confronti di chi prova la delusione per un risultato che purtroppo non è arrivato, o è ancora appeso alle decisioni altrui: grazie per esservi messi in gioco ed aver dato comunque un contributo.
Sul risultato delle elezioni bolognesi ci sono fondamentalmente due cose da dire:
Pur in presenza di questi due aspetti evidenti, leggo commenti di autorevoli esponenti del mio partito che attribuiscono alla destra la colpa di una astensione così ampia, cosa che mi lascia francamente basito. Io credo che costoro debbano fare pace con la logica: non può essere contemporaneamente vero che Bologna è “la città più progressista d’Italia” e che la metà che ha disertato le urne sia di elettori “di destra”, perché se così fosse vorrebbe dire che Bologna è una città a larga maggioranza di destra, altro che la più progressista. A meno che non si voglia ritenere “di destra” tutto ciò che non è strettamente riconducibile ad una sinistra identitaria e movimentista, occorre riconoscere che nella metà che è stata a casa c’è un sacco di gente che avrebbe potuto votare per noi ma non l’ha fatto.
A distanza di un anno e mezzo siamo passati dai 115079 voti in città alla coalizione di Bonaccini ai 92273 voti alla coalizione di Lepore, che aveva peraltro dentro anche il M5S che non c’era in quella di Bonaccini. Siamo passati da 135443 voti per Bonaccini presidente ai 94565 voti per Lepore sindaco. E il PD è passato dai 74763 voti del 2020 ai 53846 voti di oggi, decisamente meno anche di quelli del 2016 (60066). Davanti a questi numeri, come si può non riconoscere che sono rimasti a casa anche tanti nostri elettori?
Badate bene: siccome i segni della possibile disaffezione erano già percepibili, io stesso ho fatto appelli per il voto e mi sono impegnato per cercare di invogliare la gente a votare, anche dando una mano nei limiti del possibile ad alcuni candidati degni di stima che erano presenti nelle liste PD e del centrosinistra. E non è stato sufficiente neppure il tentativo della lista Conti, sostenuta dai propri candidati più che viceversa, ad impedire che tanti elettori di centrosinistra disertassero le urne.
La vicenda dell’epurazione dei nostri candidati dalla lista del PD è in realtà solo un tassello nel percorso che ha portato all’omologazione dell’offerta politica della coalizione guidata da Lepore, che peraltro l’ha esplicitamente rivendicato come elemento di chiarezza e di coesione, nel segno di una sinistra identitaria e movimentista. E’ questa mancanza di pluralismo ad avere allontanato dal voto tanti elettori di centrosinistra, che certo non erano disposti a votare la destra e di fronte a questa deriva in parte si sono turati il naso votando comunque per noi ma in parte non si sono recati al seggio. Dopodiché è indubbio che la vittoria fra i votanti sia stata larga ed indiscutibile.
Forse è vero che la storia la scrive chi vince, ma neppure una schiera di commentatori “orientati”, per quanto in servizio permamente effettivo, può cambiare la verità delle cose, e i numeri – per chi voglia leggerli senza i paraocchi – sono chiarissimi. Oltre che agli auguri di buon lavoro, a Lepore sindaco auguro di spogliarsi almeno di una parte del cinismo che ne ha caratterizzato l’ascesa politica. Se lo facesse potrebbe stupire in positivo non tanto noi, ingiustamente esclusi dalle liste ma che abbiamo comunque lavorato per il PD e il centrosinistra, quanto il pezzo di città che è stato a casa per non votarlo e che è comunque chiamato a rappresentare.