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Alcune idee programmatiche, spesso derivanti da suggerimenti e segnalazioni ricevute, che mi impegno a promuovere e che offro al PD e al candidato presidente Stefano Bonaccini.
Le liste d’attesa sono lunghe e le prestazioni sanitarie costano: perché non inserire nel ticket anche una informazione sul loro costo reale? Le mancate disdette pesano sui costi totali delle prestazioni effettivamente fruite. La consapevolezza dello spreco potrebbe contribuire a diminuire le disdette non comunicate e anche a ridurre la propensione a chiedere l’indicazione di urgenza per scavalcare le liste d’attesa. Peraltro ci sono Paesi nei quali le assicurazioni, a fronte della copertura di una determinata spesa sanitaria, informano l’assicurato sul costo reale della prestazione. Mi pare una buona idea, a costo zero per il sistema, utile ad aumentare la consapevolezza di tutti. (Grazie a Carla per la segnalazione)
La nostra Regione invecchia e sempre più spesso la persona anziana si trova a vivere sola. Gli anziani hanno spesso risorse fisiche e mentali sorprendenti ma, se abbandonati alla solitudine, rischiano di divenire fragili in poco tempo. Dobbiamo aiutarli con forme nuove e sostenibili anche in prospettiva. In questo senso non è lungimirante spendere tutto il Fondo Regionale Non Autosufficienza in forme tradizionali di assistenza residenziale o domiciliare. Una quota significativa del FRNA dovrebbe finanziare progetti innovativi e sperimentali: vi sono già esempi di questo tipo e casi in cui l’anziano diventa addirittura una risorsa. Fondamentale, inoltre, da parte delle istituzioni, rendicontare in maniera trasparente e pubblica l’uso che in questi anni e attualmente è stato fatto del Fondo. (Grazie a Cristina per il suggerimento)
Ferme restando le detrazioni fiscali del 65% per chi realizza interventi di riqualificazione energetica, la Regione potrebbe stimolare il processo di rinnovamento e di ricostruzione nella nostra regione finanziando un migliaio di audit energetici nelle piccole e medie imprese e altrettante diagnosi energetiche nei condomìni. E’ un’iniziativa che avrebbe l’effetto diretto e indiretto di crere posti di lavoro, e farebbe fare un passo avanti alla riconversione ecologica le nostre città. Potrebbero essere privilegiati i Comuni che aderendo al Patto dei Sindaci hanno elaborato il Piano di Azione dell’Energia Sostenibile e quindi hanno quantificato il bilancio delle emissioni attuale e l’obiettivo di riduzione al 2020. Fondamentale, poi, sarà dotarsi di strumenti di monitoraggio aperti a tutti i soggetti interessati del territorio. (Grazie a Gianangelo per l’idea)
Vi sono casi in cui un familiare di un paziente in attesa di trapianto sarebbe idoneo e disponibile a donare un rene, ma siccome vive all’estero le procedure sull’immigrazione rendono di fatto la cosa impraticabile. E’ una situazione abbastanza frequente quando il paziente è un cittadino immigrato, i cui familiari sono in gran parte residenti nel paese d’origine. In questi casi aprire un canale privilegiato per il familiare donatore consentirebbe di dare una risposta al paziente in attesa di trapianto, libererebbe un posto in dialisi (che costa alla collettività molto di più del costo che occorrerebbe sostenere per la procedura di cui si parla), aiuterebbe a smaltire la coda dei pazienti in attesa di un organo da donatore cadavere, permetterebbe di incrementare la percentuale di donazioni da vivente che in Italia sono molto sotto la media europea. Sarebbe una scelta che porterebbe solo benefici, perché non farla? (Grazie a Giorgio per la segnalazione)
Oggi, il medico di base ci consegna la ricetta per un esame o una visita dopo aver digitato la prescrizione e il grado di urgenza. Allo stesso clic, con cui salva e manda in stampa la ricetta, si potrebbe, facilmente e a costo zero, associare la prima disponibilità nel distretto di appartenenza. Se al cittadino l’appuntamento va bene è già prenotato, se non gli va bene è libero di andare in un qualunque punto CUP a cambiarlo (o di farlo online). Costo zero per tutti e una vita migliore per chi ha bisogno di una visita o di un esami. In questo modo si eviterebbe anche il rimpallo tra CUP e medico di base quando la ricetta è compilata male (capita). (Grazie a Marco per il suggerimento)
Le fasce di reddito su cui basare il calcolo del ticket di compartecipazione alla spesa sanitaria devono tenere conto del numero dei componenti della famiglia. Prendere come unico parametro di riferimento il reddito lordo fiscale familiare (come previsto dal D.M. 22-1-1993) crea una situazione di iniquità, penalizzando in particolare le famiglie numerose. In attesa che il governo ponga rimedio per quanto di sua competenza la Regione deve provvedere a correggere i propri ticket. E’ sufficiente dividere il reddito lordo familiare per il numero di componenti della famiglia, e in base a quel parametro rivedere gli scaglioni di reddito e i ticket relativi. Si tratta di una correzione semplicissima che non richiede nemmeno di mettere mano all’ISEE, parametro importante in molti casi ma che se applicata a questo caso richiederebbe di fare calcoli complessi su milioni di persone.
La necessità di varare un piano di messa in sicurezza idrogeologica del territorio è largamente condivisa: i benefici in termini di prevenzione del dissesto e anche l’impatto occupazionale sono sotto gli occhi di tutti. Il problema principale è trovare le risorse, ma una volta reperite occorre assicurarsi di spenderle nel modo migliore e per gli interventi più importanti ed urgenti. Si potrebbe mettere mano ad una vera e propria lista di priorità degli interventi, sulla base di valutazioni costi-benefici e di criteri espliciti e trasparenti. Sarebbe un modo per chiarire ai cittadini in anticipo secondo quale gerarchia si intende procedere man mano che si rendono disponibili le risorse per effettuarli. (Grazie a Lea per la sollecitazione)
Qualche anno fa, da assessore alla salute di Bologna, presentai www.salute.bologna.it, che nelle intenzioni intendeva essere il portale bolognese della salute. Un servizio che si fondava su due idee ancora attuali: primo, che al cittadino interessa sapere di quali servizi può usufruire indipendentemente da quale sia l’azienda sanitaria da cui tali servizi dipendono; secondo, che è possibile offrire con semplicità servizi avanzati ed innovativi. Quel sito oggi non è sufficientemente aggiornato, e la questione rimane aperta. Siccome è possibile, oggi, avere in un solo portale tutte le informazioni su tutte le prestazioni e tutte le sedi dell’area metropolitana, e il collegamento ai diversi servizi on line (prenotazioni, disdette, pagamenti, fascicolo sanitario, cartella clinica), io dico: facciamolo.
L’evoluzione dei servizi di raccolta sangue porta sempre più a privilegiare i centri di raccolta presso i grandi ospedali, chiudendo quelli nelle località periferiche. Ma la presenza dei donatori sul territorio è una ricchezza da salvaguardare; per la valenza del loro associazionismo sul piano sociale, per la promozione di stili di vita salutari, per la cultura della prevenzione e della donazione. Occorre considerare la questione con un’ottica ampia e l’assetto attuale costituisce un punto di equilibrio che non può essere ulteriormente eroso. Quindi dico no alla chiusura di altri punti di raccolta sangue sul territorio metropolitano bolognese.
Serve un percorso diagnostico terapeutico assistenziale specifico per il piede diabetico, malattia invalidante (e costosa per il servizio sanitario) che necessita del coinvolgimento di diversi professionisti sanitari (diabetologo, ortopedico, chirurgo vascolare, podologo, infettivologo, radiologo, tecnico ortopedico). Per questa patologia serve molta prevenzione (come sempre), coinvolgimento della medicina del territorio per screening e diagnosi (1° livello), organizzazione diffusa per le medicazioni e la piccola chirurgia (2° livello), strutture di riferimento (auspicabilmente una sola) per il trattamento dei casi più gravi come infezioni gravi o ischemia critica, procedure di rivascolarizzazione distali, chirurgiche ed endoluminali, interventi di chirurgia ortopedica (3° livello). Altre regioni si sono già dotate di un piano specifico, facciamolo anche noi. (Grazie a Marina e a Stefano)
L’anno scorso l’Emilia Romagna ha approvato una legge regionale sull’escursionismo, di cui sono stato fra i promotori, che finalmente consente di censire e proteggere la rete dei sentieri del nostro territorio. È un primo passo molto importante, cui va dato seguito incentivando le forme di escursionismo più rispettose dell’ambiente naturale. Anzitutto assicurandosi che le deroghe per l’uso di mezzi a motore servano a contenere l’utilizzo di tali mezzi solo su determinati percorsi: non devono certo diventare la regola. E serve con metodicità progettare attorno a questa rete nuove occasioni di turismo sostenibile e cura dell’ambiente, come si è iniziato a fare con l’Alta Via dei Parchi. L’escursionismo, infatti, può essere un buon volano per nuove attività economiche e per un rinnovato modo di vivere la nostra terra. Occorre in questo senso anche ripensare le professioni della montagna, valorizzando anche da noi il lavoro di chi, spesso nel tempo libero, accompagna tante persone alla scoperta dell’Appennino e delle altre nostre aree protette. (Grazie a Edoardo per il suggerimento)
Gli open data sono una nuova frontiera della democrazia perchè rappresentano un grande passo avanti in tema di trasparenza della Pubblica Amministrazione. Qualcosa la nostra Regione lo sta già facendo (vedi ad esempio il progetto ReportER), molto di più si può e si deve fare: deve diventare un approccio standard, senza eccezioni. Ma oltre a spingere perché sia la PA ad aprirsi all’uso degli open data, occorre riconoscere che c’è del movimento anche a livello di base, soprattutto a Bologna. Ci sono giovani giornalisti che sperimentano nuove forme di collaborazione inventandosi nuovi modelli di impresa basati sugli open data e più in generale su forme di comunicazione giornalistica costruite sui nuovi media. Credo che sia un fermento da sostenere e promuovere. (Grazie a Marco per la sollecitazione)
I disturbi di comportamento alimentare, come bulimia e anoressia, sono un problema sempre più diffuso, che sarebbe da studiare anche dal punto di vista epidemiologico, considerando tutti i fattori biologici, psicologici e sociali. Da anni, servizi di eccellenza si occupano del problema, ma sono stati lasciati in larga misura al supporto dell’associazionismo e del volontariato. Occorre con urgenza un piano complessivo capace di comprendere tutti gli aspetti clinici, la formazione e la ricerca, che valorizzi la collaborazione pubblico-privato, senza rendere marginale l’impegno della sanità pubblica sul punto, che anzi deve con forza dimostrare di aver compreso l’importanza del problema. Servirebbe anche una riflessione complessiva dal punto di vista sociale sulle cause del dilagare di questi fenomeni. (Grazie a Francesca per la sollecitazione)
La legge regionale 4/2013 sugli hobbisti nei mercati, al di là delle lodevoli intenzioni, ha creato seri problemi per i mercati che si effettuano in tanti comuni del nostro territorio. Se infatti è condivisibile l’intento di evitare che vi siano vere e proprie attività commerciali camuffate da hobbisti, non è ragionevole restringere la categoria degli hobbisti solo a coloro che sono presenti in modo episodico nei mercati. Né appare pienamente soddisfacente la soluzione di escludere dal provvedimento solo chi si occupa di usato e di riuso. Occorre modificare la legge regionale individuando soluzioni che permettano di distinguere in modo efficace fra attività commerciali ed hobbisti, valutando anche la tipologia dei mercati e dei comuni coinvolti e senza prevedere limiti rigidi nel numero delle presenze. Serve insomma un punto di equilibrio diverso che permetta di non penalizzare mercati che valorizzano diverse nostre località anche attraverso una presenza qualificata degli hobbisti, e senza che ciò causi problemi con i commercianti ma anzi creando interessanti sinergie e ampliando le occasioni per tutti. (Grazie a Ettore e Paolo per la segnalazione)
Sulla promozione turistica del territorio si è ha investito moltissimo in passato sulla costa, perché gran parte del turismo è lì. Tuttavia in questi anni è in forte crescita il turismo enogastronomico, legato anche ad una nuova fruizione delle città d’arte. L’esplosione di presenze, anche in estate, a Bologna è un segnale molto interessante che ci fa capire come le città possano essere un traino economico anche per aree territoriali di potenziale interesse turistico nel territorio circostante. Bologna ad esempio è già una città turistica e può diventare una risorsa per il suo “fuori porta”. Occorre investire sulla sinergia fra turismo enogastronomico e culturale, promuovendo reti di imprese e iniziative che mettano in relazione le due realtà. (Grazie a Fabio per il suggerimento)
Conoscere l’origine di ciò che mangiamo deve essere riconosciuto come diritto di ogni persona, impedendo che possano essere usate indicazioni di italianità su cibi di origine non certificata. Non si tratta di difendere semplicemente la nostra bandiera, ma anche di garantire maggiore trasparenza sul mercato a favore del reddito agricolo locale. Questo perché in un contesto di globalizzazione è necessario sviluppare e ampliare la politica a sostegno delle filiere agricole locali e dei prodotti da esse derivati: su questo la Regione può fare molto definendo incentivi e strumenti premiali. Dobbiamo sventare il rischio che importanti realtà imprenditoriali, soprattutto organizzate in cooperative di agricoltori del nostro territorio, possano soccombere di fronte all’aggressività commerciale di prodotti multinazionali privi di ogni distintività territoriale. (Grazie a Stefano per la segnalazione)
Siamo la seconda regione in Italia per numero di infortuni denunciati (solo nei primi 8 mesi del 2014 sono stati 56.376, contro il totale italiano di 427.967). Non si tratta solo di un dramma per le famiglie coinvolte: Inail ha quantificato il costo sociale degli infortuni al 5% del PIL. In particolare, il 30% degli infortuni mortali è dovuto a cadute dall’alto. Per prevenirle, nel 2013, la Regione Emilia-Romagna ha approvato una delibera che obbliga i proprietari di abitazione, in caso di significativi lavori sul tetto, a installare una “linea di vita” a cui si dovranno obbligatoriamente agganciare tutti coloro che andranno sui tetti (muratori, antennisti, impiantisti). La delibera regionale sulle linee di vita dovrebbe entrare in vigore alla fine del gennaio prossimo. Ho già votato questa delibera come consigliere regionale, se rieletto seguirò con attenzione il tema della prevenzione infortuni e la corretta applicazione della delibera 149/2013, che può salvare molte vite. (Grazie ad Antonio per la sollecitazione)
L’inquinamento elettromagnetico è un tema che non può essere dimenticato: dopo la legge regionale 30/2000 sono sorte esperienze interessantissime di collaborazone fra istituzioni, cittadini e gestori per posizionare al meglio le antenne (prima fra tutte il tavolo sull’elettrosmog che ho condotto dal 2004 al 2009 come assessore a Bologna), ma ora tutto sembra essere tornato nell’ombra. Le competenze nazionali sui servizi di comunicazione non devono impedire alla Regione di riprendere un ruolo proattivo sul tema ambientale, e ciò è fondamentale anche per evitare che torni a dilagare una paura diffusa e spesso ingiustificata. Serve un nuovo slancio, dobbiamo riaprire i tavoli, e serve anche qualche azione simbolica che dimostri che la Regione non approfitta delle pieghe normative per imporre soluzioni “non ottimali”. Ad esempio, l’antenna WiMax che è stata collocata a ridosso della casa della famiglia Baccolini, agricoltori biologici di Monte Pastore, poteva essere benissimo collocata a 300 metri di distanza senza disturbare nessuno. E’ stato un errore metterla dov’è senza consultare la popolazione, e ora va spostata: a volte un piccolo fatto conta più di tanti discorsi. (Grazie a Stefano e Angela per le segnalazioni)
L’italia è il paese con il massimo numero di luoghi protetti da Unesco al mondo, 50. Di questi, 8 sono nella nostra regione (i portici di Bologna, la biblioteca Malatestiana di Cesena, la Ghirlandina di Modena, i monumenti paleocristiani di Ravenna, per fare qualche esempio). Grazie anche all’attività di università e ricercatori è possibile digitalizzare le opere e renderle fruibili da ogni parte del mondo facilitandone non solo lo studio, ma anche aumentando l’interesse per queste opere e di conseguenza il turismo e la possibilità di riutilizzare queste opere per farne nuovi lavori. Paesi come la Finlandia, che hanno già rilasciato gran parte delle loro opere come Open Data hanno avuto benefici di aumenti turistici di percentuali a doppia cifra e altri casi stanno dimostrando analoghi effetti. (Grazie a Marco per la segnalazione)
Adottare un bambino, nel nostro Paese, comporta un percorso lungo, tortuoso, costoso, pieno burocrazia. Tutto questo per un gesto di umanità il cui valore è facile capire, sia pensando a chi desidera essere genitore, sia al bambino o alla persona che verrà accolta provenendo da una situazione sicuramente difficile. Da anni sono all’attenzione dei vari governi possibili riforme del percorso adottivo per renderlo più snello e meno costoso. Ma intanto la Regione ha da subito la possibilità di creare, insieme ai Comuni, servizi sociali, aziende sanitarie, Tribunale dei Minori, enti autorizzati, un protocollo per velocizzare l’iter adottivo e offrire diversi servizi alle famiglie per accompagnarli prima, durante e dopo il momento dell’adozione. (Grazie a Vito per il suggerimento)
Molti cittadini, e i più giovani in particolare, passano una parte significativa del proprio tempo online, e spesso alla disinvoltura con la quale si utilizzano i nuovi strumenti tecnologici non corrisponde una piena percezione non solo delle possibilità ma anche dei rischi che possono essere incontrati in rete. In particolare fra gli adolescenti emergono nuove forme di aggressività tra pari agite attraverso la rete e di vero e proprio cyberbullismo, evidenziando una forte correlazione tra fattori di rischio quali la marginalizzazione nel gruppo di pari, l’insuccesso e l’abbandono scolastico, l’uso di sostanze e di alcool. La possibilità di rivolgersi alla Polizia Postale riguarda solo eventuali reati, e comunque non è sufficiente sul fronte dell’educazione e della prevenzione. Così come l’effettivo controllo non può essere delegato solo ai genitori, spesso non competenti o comunque esclusi dalla vita online dei propri figli, oppure ad autorità costituite. Occorre invece promuovere iniziative capaci di coinvolgere reti associative, volontariato e forme di aggregazione fra pari, sotto la supervisione e con la possibilità di coinvolgere al bisogno persone competenti dei servizi sociosanitari. Questo è il senso di una proposta di legge su cui avevo cominciato a lavorare e che vorrei poter finalizzare se eletto nel prossimo mandato.
A seguito delle polemiche (e delle inchieste) sulle spese di rappresentanza (alberghi, viaggi, ristoranti) che hanno riguardato la classe politica, sono state già riviste negli anni scorsi ad esempio le regole per il funzionamento dei gruppi consiliari dell’Assemblea Legislativa, operando un drastico taglio della possibilità di effettuare spese di quel genere. Perché questo cambio di rotta sia effettivo e credibile, occorre allargare il ragionamento anche ad altre categorie che sono nella disponibilità di effettuare spese di rappresentanza operando su fondi pubblici: amministratori, direttori e dirigenti di aziende pubbliche, municipalizzate, partecipate, aziende sanitarie e così via. Tutte categorie che non sono state toccate finora dal processo di revisione delle norme e a cui invece occorrerebbe allargare un approccio di maggior rigore. E oltre alle regole, che ovviamente devono mettere paletti senza impedire il buon funzionamento, occorre naturalmente anche massima trasparenza. (Grazie a Laura per la sollecitazione)
Le scuole di musica (civiche, associative…) svolgono da anni un ruolo importante, avendo ad esempio fornito alla scuola pubblica la gran parte degli esperti per svolgere le ore di musica previste. Gli insegnanti sono tipicamente persone diplomate e laureate al Conservatorio che si sono poi costruite una solida professionalità, contribuendo alla diffusione della musica soprattutto nella scuola dell’infanzia e primaria, pur lavorando in condizioni di assoluta precarietà. Riconoscere un ruolo alle scuole di musica per cui, oltre all’albo e in rapporto con gli enti locali, vengano fissati criteri, standard di qualità e condizioni per il riconoscimento del servizio e per un auspicabile raccordo con il sistema dell’alta formazione musicale, credo non sarebbe solo un doveroso riconoscimento per chi ha consentito a tanti bambini di avere una esperienza con la musica, ma soprattutto una opportunità da cogliere per valorizzare alte professionalità di cui il nostro territorio dispone. (Grazie a Giovanni per la sollecitazione)
La mancanza di equità insita nel meccanismo dei vitalizi regionali, che di fatto ponevano a carico dei contribuenti una parte molto grande del costo di questa forma di pensione integrativa (facendo un calcolo a spanne sul caso di un solo mandato, oltre l’85%), è stata la ragione per cui si è proceduto all’abolizione del vitalizio per i nuovi consiglieri. Successivamente si è data facoltà di rinunciare a chi lo riteneva giusto (non conveniente, non prendiamoci in giro) farlo. Io sono fra coloro che hanno rinunciato. E per tutti coloro che non hanno rinunciato, per chi percepisce un vitalizio (163 persone per oltre 5 milioni di euro di spesa nel 2014) che solo in piccola parte viene dai contributi versati, possiamo pensare di non fare nulla? Francamente mi pare difficile eludere il tema, e credo sia giusto portare a termine la riforma in un modo che i cittadini possano comprendere e condividere. (Per maggiori dettagli vedere il post sul mio sito)
Questa pillola nasce dalla chiacchierata di ieri con Roberto Balzani. Un libro bianco delle partecipate, cosa fanno, quanto ci costano, a cosa servono. La difficoltà non va certamente banalizzata, ma non è neanche complicatissimo, e sarebbe un bel segnale da parte del sistema politico e istituzionale. Se poi scopriamo che una società partecipata (soldi pubblici ma amministrazione privatistica) serve, la teniamo; se non serve o serve a poco, la chiudiamo; oppure interveniamo e la cambiamo. Grazie a Roberto per la sollecitazione, e grazie per aver preso parte alla mia campagna elettorale, dove, basta volerlo, si possono affrontare anche temi concreti.
Il mondo dell’adolescenza non è solo un’isola felice. Anche se gli ultimi dati lo danno in riduzione, il suicidio tra gli under 25 resta tra le prime cause di morte, c’è il disagio dei minori stranieri non accompagnati, e i disturbi del comportamento, specie quello correlato all’utilizzo di droghe. In alcuni casi il ricovero ospedaliero rappresenta l’unica strada per fronteggiare l’urgenza. In Italia, dei 360 posti letto dedicati all’area della neuropsichiatria infantile, solo 79 sono quelli destinati all’urgenza psichiatrica. Nella nostra regione in particolare sono solo 2, ed entrambi collocati a Rimini. Ciò rende particolarmente delicata la questione se si considera, ad esempio, che l’unico carcere minorile (difficile e delicatissimo contesto sociale) è situato a Bologna. A fronte di tale scarsissima offerta, quando necessario, si deve ricorrere alla degenza, in aree dedicate agli adulti con il maggior rischio di trattare farmacologicamente l’adolescente “difficile” altrimenti candidabile ad un approccio più specifico e meno medicalizzato. E’ da ripensare e occorre porre rimedio. (Grazie a Stefano e Grazia per il suggerimento)
Con una visione unica del turismo in riviera e di quello delle città, avremmo tutto da guadagnarci. Chi lavora per la promozione della riviera nelle borse internazionali del turismo dovrebbe legare maggiormente i pacchetti di soggiorno sul mare a gite e visite nelle città dell’interno. Chi vende la vacanza in spiaggia dovrebbe sempre prevedere nella sua proposta una giornata o ancor meglio un week-end intero a Bologna, piuttosto che a Ferrara o Parma, con una serie di agevolazioni per ingressi a musei e palazzi storici, per le mostre d’arte e per i pernottamenti. La vacanza al mare deve divenire sempre più vacanza in Regione, pensata e proposta come unica proposta al turista. In Regione si può creare un tavolo di lavoro mirato su questi temi, senza oneri aggiuntivo per i contribuenti, con gli operatori del turismo del mare e dell’interno, per studiare come implementare il marchio Emilia-Romagna. (Grazie a Roberto per il suggerimento)
Il primo rimedio contro il dissesto idrogeologico è aiutare le persone che vivono in montagna a continuare a viverci, e questo vale sul piano dei servizi (sanità, trasporto pubblico), ma non solo. Dal punto di vista economico credo vada data priorità a due tipi di attività: quelle che contribuiscono direttamente alla manutenzione e alla vivibilità del territorio, agricoltura, turismo, escursionismo, valorizzazione delle ricchezze naturali e del patrimonio culturale della montagna; le attività economiche a basso impatto sull’ambiente (meglio un’impresa che produce software che un’industria pesante con circolazione di camion tutto il giorno). Ma se vogliamo attirare questo tipo di imprese occorrono banda larga e ultralarga, un adeguamento dell’offerta scolastica e formativa, e un piano di incentivi e di servizi che favorisca l’insediamento di questo tipo di imprese. Mi piacerebbe dare una mano alla montagna in questa prospettiva.
In alcune zone delle città, il problema dell’inquinamento acustico (in particolare notturno) costituisce un fattore grave di disturbo alla salute pubblica ed un problema molto sentito dalla popolazione. Per aiutare la polizia urbana (che non sempre appare attrezzata sul tema) ad affrontare tale situazione, andrebbero introdotti e regolamentati sistemi di misurazione e registrazione permanente dei livelli di emissione sonora, dotati degli opportuni sistemi antimanomissione, in modo da consentire la verifica del rispetto dei limiti fissati. In questo modo, ad esempio, gli esercizi pubblici che chiedono di potere fare musica nel locale potrebbero essere autorizzati col vincolo di installare uno strumento di questo tipo, in modo da monitorare in modo certo le violazioni ed i comportamenti. Il ricavato dalle eventuali multe potrebbe essere reinvestito sul controllo del fenomeno. Per gestire tutto questo si potrebbe pensare sia ad un forte coinvolgimento di Arpa, sia all’istituzione di un nucleo specifico della polizia urbana specificamente formato e attrezzato, e in grado di intervenire sistematicamente e rapidamente, anche in modo preventivo, sul modello ad esempio delle “Brigades antibruit” di cui sono dotate le città francesi. (Grazie a Pietro per il suggerimento)
Per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, soprattutto per le fasce di lavoratori più in difficoltà (come disoccupati over 50, giovani con bassa scolarizzazione, disabili) è fondamentale un efficiente rete di centri per l’impiego. In Emilia-Romagna la situazione è migliore rispetto ad altre regioni, ma si può e si deve fare molto di più. Tenendo conto delle novità che introdurrà il “Jobs Act”, è necessario rilanciare il sistema regionale dei centri per l’impiego coinvolgendo le risorse disponibili, sia pubbliche sia private, e avendo come parametro di efficacia ed efficienza non solo il numero di contatti, ma anche e soprattutto il numero delle persone che, grazie ai centri per l’impiego, hanno trovato lavoro. (Grazie a Gaetano per la segnalazione)
Il corpo umano nella sua complessità vive di equilibri talvolta particolarmente delicati: l’infanzia, l’età avanzata, le malattie genetiche, quelle neoplastiche… Alcune perché particolarmente gravi o cronicizzate, altre perché interessanti l’età produttiva, richiedono una risposta terapeutica complessa che non può limitarsi alla malattia stessa, ma che deve considerare la persona nella sua globalità. A questo proposito, il supporto psicologico aiuta il paziente ad affrontare la malattia e le difficoltà presenti nel percorso di cura, dalla comunicazione della diagnosi, all’ospedalizzazione fino alla riabilitazione, senza scivolare in forme di depressione reattiva che complicano la malattia stessa inficiandone la guarigione. Ciò riguarda anche i familiari dei pazienti. La letteratura scientifica più recente più volte ha sottolineato come il supporto psicologico in corsia, specie in reparti particolarmente delicati (geriatria,pediatria, pediatria, oncologia, chirurgia dei trapianti) dovrebbe essere considerato uno standard di cura per l’efficacia della cura stessa. Oltre che migliorare ad umanizzare la cura potrebbe indirettamente supportare lo stesso personale sanitario concorrendo alla prevenzione del burn-out lavorativo. Più in generale, occorre porre particolare attenzione all’umanizzazione delle cure e al prendersi cura del paziente come persona, anche inserendo tali aspetti fra gli obiettivi e i criteri di valutazione dell’operato di direttori generali e sanitari, e monitorando il grado di soddisfazione degli utenti. (Grazie a Gioacchino e Laura per i suggerimenti)
Si stima che, in Italia, 1 abitante ogni 100 soffra di celiachia, ma le diagnosi reali sono solo circa un quarto di quelle stimate. In Emilia Romagna, inparticolare sono 10.933 (circa 2 ogni 1000 abitanti). Occorre uno sforzo per migliorare la qualità della vita di queste persone (specialmente per i bambini e gli adolescenti), per far sì che non si sentano “diversi” percependo un mondo “ostile” fuori dalle mura domestiche. E’ opportuno allargare l’offerta dei prodotti alimentari “freschi” senza glutine (pane, pasta fresca, pasticceria, prodotti da forno, pizzerie di solo asporto ecc.) venduti sfusi (non preconfezionati), senza limitarne il commercio alla grande distribuzione e alle farmacie. Incentivare l’apertura di questo “mercato” ne aumenterebbe la concorrenza e, di conseguenza, migliorerebbe decisamente la qualità del prodotto. Quindi, è necessario aiutare i piccoli imprenditori di questo particolare settore alimentare anche attraverso agevolazioni fiscali ma, soprattutto, riducendo i tempi di attesa per ottenere la convenzione e il nulla osta alla vendita diretta dei prodotti con pagamento mediante i “buoni-acquisto” erogati mensilmente dalla Regione ai celiaci. Altrettanto importante accelerare l’iter per la dematerializzazione dei “buoni-acquisto” e trasferirli su carta magnetica da utilizzare come carta prepagata presso gli esercizi convenzionati, che ne trarrebbero un vantaggio riguardo ai tempi di riscossione: in altre Regioni questo servizio è già attivo. (Grazie ad Aldo per la sollecitazione)
Dopo la VIA e la VIS (Valutazione d’Impatto Ambientale e sulla Salute rispettivamente) si parla ora della VIF dove la F sta per “Familiare” per valutare l’impatto dei provvedimenti sulla famiglia (l’idea è contenuta nel recente manifesto del Forum delle Associazioni Familiari). Credo costituirebbe una buona chiave di lettura per valutare quali scelte in effetti aiutano e quali invece creano problemi (spesso inutili) alle famiglie e in particolare alle famiglie con figli. Sarebbe più facile comprendere la necessità di una revisione del ticket sanitario, di cui ho già scritto, l’importanza di facilitazioni al credito, di dare sostegno alle esperienze di auto organizzazione fra famiglie, come micronidi, doposcuola e tagesmutter, l’applicazione del quoziente familiare ad imposte e servizi in cui sia sensato farlo. E ci aiuterebbe a spostare il dibattito sulla famiglia dal confronto ideologico ad un terreno in cui venire concretamente incontro alle necessità delle famiglie. A volte basterebbe poco, come ad esempio dare la precedenza nelle code per gli uffici pubblici, oltre che alle donne in gravidanza, anche al genitore che ha con sè bambini piccoli. Aiutare concretamente le famiglie è fondamentale per la coesione sociale e comporta importanti risparmi, come dimostra l’esperienza consolidata di altre regioni: in una società in cui il numero di persone sole tende a crescere sempre di più, portando con sé il rischio di fragilità in particolari momenti della vita, servirebbe un piano straordinario per favorire e aiutare chi scommette su legami duraturi e fecondi. Se mi perdonate l’analogia, anche per la società sarebbe utile la funzione “deframmenta” che c’è sui personal computer… (Grazie a Giuseppe e Stefano per le segnalazioni)
Il biologico non deve essere un prodotto di nicchia e per questo non deve costare di più rispetto agli altri prodotti dell’agricoltura di qualità del territorio. Tutti debbono poter usufruire di questi alimenti, chi utilizza il biologico lo fa per la sua salute oltre che per la tutela dell’ambiente. Questi devono essere i nostri indirizzi, come Regione che sostiene il benessere della persona. Per fare questo bisogna stimolare una politica di aggregazione e recuperare il ruolo del nostro territorio nel sistema biologico nazionale ed europeo. Dobbiamo creare un sistema emiliano-romagnolo che unisca le imprese agricole con gli artigiani del commercio e la piccola distribuzione locale. Un vera politica territoriale dove il tipico si possa spesso identificare con il “bio”, e dove il tipico si colleghi all’artigianato locale, alimentare e non. Insomma la vera Italia dove si sta bene, non solo per mangiare ma anche per l’artigianato locale, per l’arte e la vera cultura. Senza dimenticarci di promuovere la sostenibilità anche con confezioni e imballaggi che siano magari meno d’immagine ma più orientati alla sicurezza del prodotto e alla riduzione dei rifiuti. (Grazie a Giuseppe e Paolo per i suggerimenti)
Spesso intercorre un lungo tempo da quando un’opera pubblica viene dichiarata importante e quando finalmente viene realizzata, e nel prolungarsi dell’attesa spesso non si sa di chi o cosa sia la responsabilità del prolungarsi dell’attesa (che non è sempre solo una questione di risorse). Per amore di trasparenza, si potrebbe costituire una sorta di monitoraggio – consultabile via web – sullo stato di avanzamento delle procedure, in modo che in ogni momento si sappia con precisione di chi è la competenza del passaggio che si attende venga espletato, evitando la cortina fumogena del rimpallo delle responsabilità. Anche perché in alcuni casi l’attesa si prolunga per anni e nel frattempo qualcuno rischia di pagare prezzi alti per questo: è il caso ad esempio della rotonda all’uscita autostradale Interporto, incrocio particolarmente pericoloso soprattutto in alcuni orari di punta, annunciata da anni e ancora di là da venire. Alcune cose bisognerebbe riuscire a realizzarle prima che ci scappi l’incidente grave, non solo dopo: anche in questo campo prevenire è meglio che curare. (Grazie a Nicola per la segnalazione)
Le città della nostra Regione pullulano di palazzi storici, chiese ed altri edifici di rilievo culturale chiusi da tempo, talvolta in cattive condizioni o comunque non utilizzati. In questo l’esperienza delle giornate del FAI è illuminante: cittadini in fila anche a lungo per godere di un patrimonio culturale trascurato. Questo forte bisogno di identità va raccolto e valorizzato: la Regione può recuperare un ruolo di autentica progettazione, chiamando a raccolta le associazioni e ad esempio mappando le dimore storiche della Regione. Potrebbe seguire un programma di riapertura, con visite guidate, magari legato a mostre ed esposizioni per sfruttare le possibili sinergie turistiche. Le risorse possono venire, oltre che da sponsor privati e dall’impegno dei volontari, anche da un’attento uso dei fondi europei. Questa potrebbe essere anche l’occasione per una revisione e pianificazione su scala regionale delle rievocazioni storiche che tanto turismo richiamano. (Grazie a Roberto per la sollecitazione)
Nel quadro legislativo sui tirocini formativi ed il collocamento al lavoro occorre tenere conto anche di quella fascia di persone con problemi tali da non consentire nei fatti alcun accesso al mondo del lavoro se non in forma protetta e in luoghi specificamente dedicati alla riabilitazione, come le cooperative e le associazioni che si occupano di disagio. La recente legge sui tirocini formativi, che ha avuto il merito di aver riordinato una materia complessa, andrebbe integrata allo scopo di consentire ai servizi sociali di inserire persone in situazione difficile, che non avrebbero mai accesso alle aziende altrimenti, in percorsi protetti di lavoro che possano coinvolgere associazioni o soggetti del terzo settore che non sempre sono assimilabili alle aziende. (Grazie a Domenico per la segnalazione)
L’affido familiare da un lato vede una crescita delle situazioni problematiche nelle quali non si realizzano le condizioni per cui il minore possa rientrare nella propria famiglia e quindi la situazione diventa permanente (affido sine-die); dall’altro vi è una oggettiva difficoltà a trovare famiglie affidatarie e infatti si registra una prevalenza del ricorso all’inserimento dei minori nelle comunità: una scelta sicuramente più facile, molto più costosa, molto meno efficace, perché non esiste un aiuto più intensivo e terapeutico della disponibilità di un ambiente familiare sensibile e attento. Nella scelta delle strategie per promuovere l’affido e cercare famiglie disposte a fare questa esperienza, non ci si può affidare solo a comunicazioni mediatiche istituzionali: è molto più efficace il passaparola e le testimonianze di vita in cui una famiglia che ha vissuto o vive l’esperienza racconta in modo credibile e coinvolgente il proprio percorso di vita. È quindi fondamentale, per rilanciare la cultura dell’affido, la collaborazione, il confronto e la co-progettazione tra ente pubblico e associazionismo, con contesti di confronto anche permanenti, una chiara suddivisione di ruoli tra pubblico e privato sociale, e con percorsi che vedano corresponsabilità dei risultati e chiarezza nella cooperazione dei diversi soggetti coinvolti. Sono strade che dobbiamo concretamente intraprendere. (Grazie a Monica per il suggerimento)
Treno + bici rientra fra i temi su cui a parole siamo tutti d’accordo ma poi in pratica succede ben poco, o peggio diminuiscono i convogli in cui è possibile caricare biciclette, come è in effetti successo. Quindi #cambiaverso significa semplicemente fare seguire i fatti alle parole: servono più treni in cui ci si possa portare la bici al seguito. Su tutte le tratte, e in particolare sulla Porrettana, una linea su cui occorre tornare ad investire sul serio se vogliamo evitare che, a forza di fornare un cattivo servizio, a qualcuno venga in mente di chiuderla. Invece la linea Porrettana è un’infrastruttura indispensabile per il servizio di trasporto pubblico nell’area della montagna, inoltre rappresenta essa stessa un patrimonio storico e culturale che se salvaguardato e valorizzato, e che potrebbe fare da traino per un futuro sviluppo turistico della zona. Per restare in tema di bici, occorre assumere una iniziativa forte per unire i tratti esistenti e completare una ciclabile fra Porretta e Bologna, coordinata con la rete di ciclabili a lunga percorrenza che sta venendo avanti anche a livello sovraregionale. Sarebbe una cosa che richiamerebbe immediatamente turisti interessati, e che aiuterebbe anche a trovare nuova utenza per il treno. Per finire sul tema della ferrovia Porrettana, occorre che la Regione e la Città metropolitana promuovano una vera e ottimale funzionalità della linea, rimediando tra l’altro sul piano dell’accessibilità delle stazioni alle persone con disabilità, investendo sull’infrastruttura e operando una rimodulazione dei servizi di trasporto pubblico che porti ad una effettiva riduzione dell’uso delle automobili. (Grazie ad Anna Maria, a Sergio e a Danilo per gli spunti e i suggerimenti)
L’ultima pillola è in realtà un pillolone, perché tutti (tutti) non fanno che ricordare che serve una semplificazione che ci liberi da quella parte di burocrazia percepita come inutile o dannosa. I medici vorrebbero poter visitare i pazienti invece di passare metà del loro tempo nella compilazione di schede informatiche, gli imprenditori piccoli e grandi vorrebbero che la lunghezza delle pratiche non li mettesse fuori mercato, i cittadini vorrebbero evitare di fare delle code quando magari basterebbe scaricare un referto o un certificato da un sito web, un’associazione che vuole dare un rimborso spese a un giovane per intrattenere i bambini durante gli incontri vorrebbe non essere costretta a pratiche complesse quasi fosse un’azienda, non parliamo poi dei requisiti necessari se alcune famiglie si mettono insieme per aprire un mini-asilo-nido in casa. Un capitolo a parte lo meritano i danni inflitti in nome della normativa della privacy, su cui peraltro occorrerebbe aprire una riflessione meno ipocrita dei peana che ogni tanto si sentono: la certezza della legge italiana è una montagna di carte spesso inutili, poi quando servirebbe davvero la tutela spesso la questione si fa nebulosa. E’ assurdo, per esempio, che in nome della privacy se andate da un medico del Sant’Orsola non riusciate ad accedere al referto radiologico fatto in un reparto del Maggiore: queste cose non dovrebbero accadere mai, e sono le prime da risolvere. Altre regole assurde richiedono ad un cittadino che ha già ricevuto per email il risultato di alcuni esami di andare comunque a ritirare anche la versione cartacea. Oppure impediscono a medici che vorrebbero fare più del loro dovere di utilizzare attrezzature di cui dispondono e che ora giacciono inutilizzate per colpa di una circolare burocratica sorda e cieca. Serve quindi una vera stagione di semplificazione, ma per riuscirci non basta usare il buon senso (anche se sarebbe un bel primo passo): serve una visione. Non basta cioè dire: facciamo le stesse cose, ma in modo più semplice. Non basta perché non è affatto detto che dobbiamo sempre fare le stesse cose, forse occorre farne di diverse o serve cambiare i vecchi schemi. Ogni volta occorrerebbe chiedersi quali saranno gli effetti delle regole proposte, quali le conseguenze per le persone (e le famiglie), quali i costi e i benefici. Di più: serve una chiara visione degli obiettivi da raggiungere. Una visione ci farebbe comprendere che tanti eccessi di burocrazia a cui siamo soggetti nascono anche dal fatto che i tecnici della pubblica amministrazione spesso non hanno un obiettivo reale da raggiungere, uno scopo per cui battersi e che li faccia sentire utili. E se una classe di dipendenti pubblici, che tanto potrebbe fare per migliorare le cose, si sente fondamentalmente inutile, può capitare che si irrigidisca magari per il nobile scopo di avere la sensazione di meritarsi lo stipendio. Ecco perché serve una visione politica ampia capace di coinvolgere tutti in nome di comuni obiettivi. Meno burocrazia quindi, in nome di una visione comune. (Grazie a Fabio, Chiara, Franca, Giuseppe, Luca, Andrea, Stefano per gli spunti e le segnalazioni)
Un grazie di cuore a tutti quanti hanno fornito idee, suggerimenti, segnalazioni per le pillole pubblicate durante questa campagna elettorale. Naturalmente queste 40 #pillolediprogramma non esauriscono tutti gli spunti che ho ricevuto e che porterò ugualmente con me, e dunque un grazie di cuore va anche a coloro i cui suggerimenti non sono diventate “pillole”: