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Oggi diversi quotidiani raccontano delle osservazioni espresse dalla Corte dei Conti – nell’ambito dell’esame del rendiconto 2022 del Comune di Bologna e del bilancio preventivo degli anni successivi – in merito al People Mover. La Corte avrebbe parlato di «una sensibile inclinazione a favore del privato nell’assetto di interessi definito nella concessione e nel relativo piano economico-finanziario». Alcuni articoli colgono l’occasione per ripercorrere la storia dell’opera, trascurando di riportare o di sottolineare un passaggio importante di questa storia: giova quindi richiamarlo brevemente.
Nel bando promosso nel 2008 dalla Giunta di allora l’opera era stata prevista – e così è stata poi aggiudicata – come project financing, vale a dire con un contributo pubblico quantificato in sede di bando (i 27 milioni concessi dalla Regione) e l’intera gestione in capo al soggetto privato vincitore della gara. La successiva creazione dell’attuale consorzio di gestione, che comprende anche un’azienda a larga partecipazione pubblica (Tper), ha modificato sostanzialmente l’impostazione iniziale e non ha nulla a che vedere col bando originario. È stata una scelta che tuttora rimane senza padri politici che l’abbiano rivendicata come propria, su cui è intervenuta un’indagine giudiziaria e un processo, che ha peraltro congelato l’assetto societario esistente in quel momento (a fronte di patti che avrebbero previsto un progressivo subentro di Tper), e su cui nessun dirigente pubblico o dell’azienda a partecipazione pubblica in questione è stato mai chiamato a rispondere dal punto di vista sostanziale o politico.