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A fine aprile la mia risoluzione – firmata anche da numerosi colleghi – che impegna la Giunta ad attivarsi per ottenere che le persone con disabilità over 65 possano scegliere di rimanere nella soluzione abitativa in cui si trovano è stata approvata all’unanimità. La risoluzione era stata integrata in corso d’opera con alcuni emendamenti volti a chiedere che la persona con disabilità over 65 possa, inoltre, scegliere di continuare a frequentare lo stesso centro diurno frequentato da una vita, dove ha creato legami affettivi, consuetudini e amicizie.
Il consenso unanime che ha accompagnato l’approvazione della risoluzione è molto importante: afferma con forza che non dobbiamo mai perdere di vista il progetto personalizzato, è questo il faro che deve orientare ogni scelta, nel pieno rispetto della persona e delle sue abitudini di vita. Dobbiamo essere fieri di questo principio e chiedere con forza la sua piena applicazione, superando l’approccio burocratico che si attarda in vecchie pratiche e che impedisce ad esempio di continuare a frequentare lo stesso centro diurno al compimento del 65esimo anno di età. È una questione di civiltà e al tempo stesso una questione molto concreta, che impatta sulla vita delle persone.
Infatti, in un’interrogazione successiva ho posto all’attenzione della Giunta il caso concreto di due persone con disabilità over 65, allontanate dal centro diurno frequentato da una vita. Ho fatto nomi e cognomi perché la loro storia è pubblica, così da essere facilmente verificabile. Si chiamano Silvana e Sergio ed entrambi non possono più frequentare il centro diurno “La Quercia” di Zola Predosa. Ho chiesto alla Giunta come intenda procedere, alla luce della risoluzione approvata, per consentire a Silvana e Sergio di continuare a frequentare il centro diurno che li ha accolti per vent’anni, così come hanno espressamente chiesto e in modo tale da tener conto del loro progetto personalizzato.
La risposta dell’assessorato è arrivata in questi giorni e in buona sostanza difende le ragioni di chi ha deciso lo spostamento delle due persone in un centro per anziani. In particolare, per quanto riguarda Sergio, “Anche se non è stato raggiunto un pieno accordo con la famiglia” – si legge nella risposta – “da quanto dichiarato dai Servizi non c’è stata una revisione automatica del progetto di vita sulla base della sola età anagrafica ma si è valutato un intervento appropriato e sostenibile e, pur essendo stato previsto un trasferimento ai servizi per anziani, è stata garantita la frequenza a tempo ridotto dei servizi per adulti frequentati in precedenza e un servizio di assistenza domiciliare”.
Alcune domande sono d’obbligo. La prima: se la Regione ha eliminato l’automatismo dei 65 anni – come si afferma nella risposta e come confermano la delibera di giunta regionale 733/2017 e la successiva 130/2021, nelle quali si stabilisce il principio che Comuni e Ausl devono assicurare “continuità di intervento, evitando revisioni del progetto individuale basate esclusivamente sul criterio anagrafico, quali ad esempio il trasferimento in strutture per anziani al compimento del 65° anno di età” – come mai proprio al compimento dei 65 anni gli uffici hanno ritenuto opportuno rivedere il progetto personalizzato delle due persone con disabilità e disporne lo spostamento in una struttura per anziani? Ci si sarebbe aspettati una valutazione periodica, che prescinda dalla fatidica soglia – ormai in teoria eliminata. Quanti anni sono trascorsi dal precedente progetto personalizzato? E quali fattori avrebbero portato a una sua revisione? Tutte informazioni che ho espressamente chiesto nella mia interrogazione e che avrebbero potuto essere utilmente chieste a chi ha preso quella decisione.
La seconda: che cosa si intende esattamente con “progetto personalizzato”? Perché forse c’è un equivoco da chiarire. Dalla risposta dell’assessorato, pare si evinca sia sufficiente una proposta alla famiglia fatta dall’Ausl. In un primo passaggio, infatti, si afferma genericamente che “i Servizi hanno proposto un trasferimento ai servizi per anziani sulla base di attente valutazioni di appropriatezza, impostando un progetto personalizzato sulla base delle necessità e delle caratteristiche delle persone e delle esigenze della famiglia”. Nel passaggio successivo si dichiara che “per uno dei due si è svolto un confronto approfondito con la famiglia e l’Amministratore di Sostegno, anche davanti al Giudice tutelare” e che “non è stato raggiunto un pieno accordo con la famiglia”. Se parliamo di progetto personalizzato, che senso ha prescindere dalla volontà della persona con disabilità e dei suoi familiari? In che modo viene rispettato il progetto personalizzato, se la proposta fatta di spostarsi in una struttura per anziani non è accolta favorevolmente dal diretto interessato? Viene il dubbio che “progetto personalizzato” sia solo un’etichetta da apporre ad una decisione presa d’ufficio semplicemente per bypassare il senso della risoluzione e le stesse delibere regionali.
Per quanto riguarda in particolare la proposta fatta a Sergio, nella fattispecie: 1) trasferimento ai servizi per anziani 2) frequenza a tempo ridotto dei servizi per adulti frequentati in precedenza e 3) servizio di assistenza domiciliare, mi chiedo se possa essere considerata una soluzione “appropriata e sostenibile”, invece che la semplice frequenza del centro diurno, come da lui richiesto.
Continuo a ritenere che per la Regione sia importante dare compimento alla risoluzione da poco approvata e proprio per questo accolgo con favore la proposta dell’assessorato di approfondire l’argomento, insieme agli enti locali coinvolti. Vi terrò aggiornati sugli sviluppi.