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La Regione Emilia-Romagna il 21 giugno ha dichiarato lo stato di crisi regionale. Si tratta del primo passo, quello successivo sarà la richiesta dello stato di emergenza nazionale per assistere la popolazione e gli interventi urgenti. Passo che il presidente Bonaccini compirà entro 24 ore, firmando la richiesta al Governo, come annunciato in Aula stamattina dall’assessora regionale all’ambiente Irene Priolo.
Piogge scarsissime e alte temperature. Un bilancio idro-climatico con valori, nel mese di giugno, paragonabili solo a quelli di fine estate. E le portate dei fiumi in diminuzione. È ormai evidente che il problema dell’impatto del cambiamento climatico non possa più essere ignorato, che l’emergenza non sia di oggi e che possa essere risolta soltanto con interventi di sistema.
Il quadro è allarmante. Ogni anno in regione si consumano circa 1,5 miliardi di metri cubi d’acqua, il 60% circa per usi irrigui (900 milioni), il 25% per il potabile (350 milioni) e il 14% per l’industria (200 milioni). Le condizioni meteo vissute a partire dall’autunno mettono ora a dura prova i prelievi necessari a soddisfare questi bisogni.
Le politiche finora perseguite in materia di risorsa idrica, basate sulla preservazione di qualità e quantità, sul risparmio e conservazione, sulla captazione intelligente, sull’uso corretto, sul riuso, sul potenziamento delle strutture esistenti, sul contenimento delle perdite dei canali di bonifica, seppure virtuose, non riescono a calmierare gli effetti della grave siccità. Lo evidenzia una risoluzione approvata oggi in Aula e che ho firmato insieme a tanti colleghi.
Per questo, gli impegni chiesti alla Giunta sono tanti. Innanzitutto, ottenere lo stato di emergenza nazionale dal Governo è fondamentale per la gestione unitaria delle criticità che interessano tutto il bacino del Po. Inoltre, è necessario snellire e velocizzare le procedure per realizzare gli investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico finanziati dal PNRR, nonché quelli previsti dal primo stralcio del piano nazionale di interventi nel settore idrico e del secondo stralcio per cui sono già stati stanziati 2 miliardi di euro.
I cambiamenti climatici in corso ci porteranno sempre più in futuro ad affrontare difficoltà legate alla scarsità della risorsa idrica. Occorre realizzare invasi e migliorare lo stoccaggio, in modo tale da trovare soluzioni permanenti e non solo ripieghi temporanei. Meno perdite di rete, impianti di depurazione più efficienti, strumenti smart per misurare i parametri dell’acqua, modellazione idraulica della rete per conoscerne i punti di fragilità. Sono solo alcuni esempi dei tanti investimenti necessari nelle infrastrutture idriche ma non bastano. Occorre agire con forza per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.
Non dimentichiamo, infine, che se il cambiamento climatico da un lato comporta il rischio di siccità – lo stiamo sperimentando in questo periodo – dall’altro implica anche quello di eventi di piovosità estrema concentrata in brevi periodi. Pertanto, alle opere necessarie per metterci in sicurezza rispetto al rischio di carenza idrica, si aggiungono anche quelle necessarie per fare fronti a improvvisi eccessi di precipitazioni, di cui ho già avuto modo di parlare in questo post sulle bonifiche.