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Scritta a quattro mani insieme con la consigliera Stefania Bondavalli e firmata da diversi altri colleghi, l’interrogazione sottolinea quanto sia importante riprendere subito l’attività sportiva per le atlete e gli atleti colpiti dal Covid-19. Importanza colta dalla Federazione Medico Sportiva Italiana, che in gennaio ha varato il cosiddetto protocollo “Return to Play”, che prevede visite e accertamenti semplificati sia per gli agonisti sia per i non agonisti, protocollo raccolto a livello ministeriale. Ma la semplificazione si è scontrata con l’intasamento, le lunghe file d’attesa e l’impossibilità di fatto di avere visite mediche in tempi rapidi, sia all’interno del Servizio sanitario nazionale sia in centri medici privati. La domanda è come fare per aumentare le prestazioni di visite sportive connesse al Return to play, dando priorità a bambini e adolescenti, per limitare al massimo fenomeni di abbandono dell’attività sportiva. Inoltre, come fare a cambiare alcune regole: per esempio come la visita prevista dal Return to play possa valere un anno e non semplicemente essere una proroga del certificato agonistico in corso di validità, in modo tale da ridurre la ripetizione di prestazioni in scadenza nel giro di poco tempo. Oltretutto, sono visite mediche che hanno un costo e impattano sul bilancio familiare.
Nella risposta, data ieri in Commissione IV, l’assessorato chiarisce di essere consapevole dei problemi, dovuti al gran numero di richieste e alla ridotta disponibilità di medici, impegnati nella gestione della pandemia. Purtroppo, non è possibile cambiare le regole per gli agonisti, in quanto la visita che consente il Return to play agli atleti agonisti non è una visita medica a tutti gli effetti, dal momento che consiste in approfondimenti cardiologici complementari, volti a valutare le possibili conseguenze da Covid-19 sulla funzione cardiaca. Gli atleti non agonisti, invece, praticano attività sportiva a basso impegno cardiovascolare e per loro è il medico che ha erogato la certificazione di idoneità non agonistica ad avere la responsabilità di ritenere valido il certificato dopo l’infezione oppure di revocarlo, chiedendo un approfondimento cardiologico come accade per gli agonisti. Per il Return to play non c’è obbligo di andare dallo stesso medico che ha effettuato la visita medica agonistica e secondo l’assessorato, infine, gli atleti non disabilità o fragili non hanno subito particolari ritardi e i tempi di attesa al momento sono diventati più sostenibili.
Sarebbe stato utile, nella risposta, qualche numero sugli attuali tempi di attesa e sulle misure specifiche per riuscire a ridurli, ma resta valida l’intenzione di affrontare concretamente la questione per riuscire a rientrare in parametri di normalità. Naturalmente mi auguro che ciò avvenga rapidamente, e su questo vigileremo.