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Ho partecipato con piacere all’inaugurazione degli appartamenti “Abitare insieme”, ieri mattina a Porretta. Sul palco e in sala tanti ospiti: esponenti di associazioni, professionisti del servizio sociale dell’Unione dei Comuni dell’Appennino bolognese e del distretto sociosanitario Appennino bolognese, il sindaco di Alto Reno Terme, parroci vecchi e nuovi, rappresentanti della Regione e l’arcivescovo Matteo Zuppi. Ma soprattutto al centro della scena erano giustamente Teresa Rota e Nadia Panichi dell’associazione Per Mano, le tenacissime signore che, in rappresentanza delle loro e di altre famiglie, hanno portato avanti in modo encomiabile l’iniziativa. In fondo il panel dei partecipanti racconta già come questi appartamenti siano una riuscita sinergia tra ente pubblico, famiglie e terzo settore. Una sinergia che ha realizzato un sogno, far vivere insieme persone con disabilità grave. Gli appartamenti, infatti, si inseriscono nel solco della legge “Dopo di noi” e si rivolgono a cittadini con grave disabilità intellettiva e/o doppia diagnosi o a situazioni di particolare fragilità personale, familiare, sociale. Gli obiettivi sono ambiziosi: sviluppare la cultura del Dopo di noi nelle famiglie. Favorire un distacco morbido dal nucleo familiare, secondo tempi e modi individuali e condivisi. Fornire sollievo alle famiglie e contrastare l’isolamento sociale che spesso deriva dal peso dell’assistenza. Stimolare le funzioni cognitive, le autonomie di base e relazionali attraverso le attività proposte interne ed esterne all’appartamento. Accrescere e sviluppare le autonomie personali. Attraverso mansioni pseudo lavorative, fornire un ruolo che renda il singolo parte attiva della società e lavoratore produttivo. Per realizzare questo bellissimo progetto, le famiglie sono state proattive nella ricerca di una soluzione efficace e riproducibile a livello regionale, ed hanno trovato la preziosa collaborazione della Parrocchia di Porretta, il sostegno della Fondazione Carisbo e della Curia bolognese, il sostegno nelle e delle istituzioni pubbliche. È la cosa più bella: essere riusciti ad affrontare con determinazione un bisogno concreto ed aver saputo trovare gli aiuti per arrivare a realizzare soluzioni utili alla collettività. Un esempio riuscito – ed anche commovente – di sussidiarietà.