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Il 25 luglio 2019, dopo una maratona in aula di 40 ore dovuta ad un duro ostruzionismo della destra, come Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna approvammo la legge “contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”. Un passaggio importante anche perché concludeva un lungo e travagliato percorso, in cui non erano mancate tensioni e polemiche. Il testo finale, abbastanza equilibrato, era uscito da un percorso di confronto e mediazione interno al PD.
Non è un mistero infatti che all’interno del PD, pur tutti concordi sul volere combattere le ingiuste discriminazioni verso le persone lgbt+, ci siano due punti di vista diversi su questo tipo di temi. Ne ho parlato a lungo in altre occasioni, qui riassumo le due posizioni solo da un punto di vista logico. Da un lato c’è chi ritiene che l’autodeterminazione abbia un valore assoluto (e quindi ad esempio prostituirsi o affittare il proprio utero vengono interpretate come forme di libertà, e il genere di appartenenza è ricondotto ad una scelta personale senza che ci sia bisogno di alcun riscontro oggettivo o esterno di conferma), dall’altro lato chi come me ritiene che l’autodeterminazione abbia senso solo all’interno di confini definiti dall’etica e da percorsi che prevedano anche riscontri oggettivi ed aspetti verificabili.
Nel percorso che ha portato alla legge regionale 15/2019 dell’Emilia-Romagna alcuni miei colleghi consiglieri di allora difesero il primo punto di vista, io con altri il secondo, e molti altri colleghi si affidarono alla sintesi che fummo in grado di mettere a punto. Il confronto non fu affatto semplice e costellato anche di polemiche ma – anche grazie all’indicazione chiara che ci arrivava dai piani alti della Regione (“trovate la quadra”) – arrivammo infine in porto, inserendo nel testo il noto passaggio che richiamava la contrarietà alla gestazione per altri e lavorando nel merito perché il focus restasse sulla lotta alle discriminazioni e non su altro. Insomma, in quella occasione abbiamo fatto quello che dovrebbe fare sempre il Partito Democratico, nato proprio con l’ambizione di cercare una sintesi alta fra culture ed anime plurali per rendersi utile alla società.
Peraltro, la divaricazione su questi argomenti è trasversale e non riguarda solo il PD ma in generale il mondo della sinistra. Non è nemmeno riconducibile alla capacità di rappresentare il mondo cattolico, anche se è evidente una sofferenza su questo punto che approfondirò in seguito. In particolare su questi temi c’è una fortissima sofferenza in una parte consistente del mondo femminista, del mondo lgbt+ e c’è in discussione l’idea stessa di cosa significhi essere di sinistra. Per dirlo con le parole di Stefano Fassina, che non è certo sospettabile di essere spesso d’accordo con me, non si riesce a “comprendere come una cultura politica progressista possa ritenere una conquista l’estensione del mercato, con i suoi brutali e squilibrati rapporti di classe, nella sfera umana più preziosa e distintiva, cioè la maternità”.
Sono passati “solo” due anni dalla legge anti-omofobia dell’Emilia-Romagna, e sembra essere cambiato tutto. Invece di cercare un punto di mediazione alto su questi temi, invece di ascoltare anche le voci critiche interne al centrosinistra, si è scelto di farla diventare una pura battaglia ideologica, addirittura identitaria. Il PD ha scelto come responsabile del tema dei diritti a livello nazionale un esponente estremista della linea dell’autodeterminazione come valore assoluto, e lo stesso è accaduto in molti territori anche a livello locale. Il disegno di legge Zan è nettamente orientato ad introdurre questa logica, aprendo al cosiddetto “self-id”, mentre gli altri punti di vista sono stati completamente ignorati o oscurati. Ogni obiezione viene respinta come infondata, ma se non ci fossero cattive intenzioni basterebbe scrivere il testo in modo inequivoco. Non volerlo fare implica volere forzare per assecondare una precisa deriva ideologica, ed è una scelta politica incomprensibile perché aumenta i rischi, innesca divisioni, nega alla radice la natura e la missione del PD.
Per quanto riguarda me, io scrissi da subito quali erano (e sono) le mie perplessità sul ddl Zan, in un post che so essere stato letto da moltissimi ma a cui nessuno ha mai risposto e di cui nessuno ha mai parlato. Poi, nell’aprile di quest’anno, ho sottoscritto un appello per cambiare il testo del ddl Zan insieme ad altre centinaia di esponenti del centrosinistra e del PD.
Se l’obiettivo fosse stato quello di approvare una legge contro l’omofobia cercando una sintesi alta e plurale, c’era l’esempio dell’Emilia-Romagna che era facilmente percorribile. Invece niente, chi ha sollevato critiche è stato completamente ignorato. Non un confronto, non un approfondimento: come se non esistessimo. E non solo noi: penso ad esempio a Pierluigi Castagnetti, ignorato anche da coloro che storicamente hanno sempre avuto in lui un punto di riferimento. E’ forse un caso che personalità come Castagnetti, e Arturo Parisi, che furono fra i primi a delineare l’idea e la missione del PD, oggi fatichino a riconoscerlo in questa incomprensibile deriva ideologica? Io non credo.
Io sono nel PD in quanto credo ancora in quella missione. Ma non posso fare finta di non accorgermi di come sia in corso una mutazione genetica, nel silenzio complice o interessato di tanti. Un tempo pensavo che i diritti civili fossero un argomento importante ma non un crinale divisivo, e quindi che fosse importante cercare di andare avanti insieme, sicuramente nel PD, ma auspicabilmente anche oltre ed idealmente in modo largo e bipartisan. Ma qualcosa è cambiato: oggi vedo questi temi trattati in modo volutamente divisivo, c’è un’agenda per fare dell’autodeterminazione un assoluto, e la direzione a mio avviso è intrinsecamente assai poco di sinistra, almeno per come la concepisco io. Il tutto peraltro senza nessuna discussione e confronto interno: le correnti, che continuano ad aumentare, forse si occupano di altro, mentre la linea politica viene decisa in modo sostanzialmente autocratico. E chi non si allinea, semplicemente non esiste. Non va bene. Per me il PD vero è quello della legge del 2019 dell’Emilia-Romagna, mentre questo che sta venendo avanti, geneticamente modificato, mi pare tutt’altro. Se vogliamo parlarne il momento è questo, perché fra un po’ rischia di essere troppo tardi.