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Erano le otto di sera del 19 marzo 2002 e Marco Biagi veniva ucciso in Via Valdonica, a Bologna, mentre faceva ritorno a casa in bicicletta. Era un esperto di diritto del lavoro e professore universitario, aveva 51 anni, una moglie e due figli, amici e persone care a cui è stato strappato. Assassinato da un commando di terroristi appartenenti alle nuove Brigate Rosse a causa delle sue idee: una riforma del lavoro volta ad introdurre modalità meno ingessate e servizi per l’impiego per fasce a rischio di emarginazione. Uno sforzo genuino per costruire condizioni sociali nuove che consentissero di affrontare meglio il futuro. Certo, non era obbligatorio essere d’accordo nel merito. Ma pensare che si possa giungere ad uccidere un uomo per le sue idee, è un fatto terribile e che ancora oggi deve farci riflettere.
Nel contesto attuale in cui tanti si fanno i fatti propri o cercano solo il modo di autopromuoversi, dovremmo imparare a riconoscere chi in modo generoso mette le sue capacità e la sua intelligenza al servizio della comunità. Dovremmo riconoscere e promuovere il dialogo onesto e sincero, che considera con attenzione il merito delle questioni, perché anche quando non si è d’accordo c’è sempre da imparare in un dialogo costruttivo e condotto con onestà intellettuale. Infine dovremmo sempre garantire il rispetto delle idee e sopra ogni cosa la dignità le persone che le esprimono.
Pensiamoci, mentre rendiamo onore alla memoria di Marco Biagi.