Minimizzare l’elettrosmog con la partecipazione

Obiettivo minimizzazione

La legislazione italiana sull’elettrosmog è molto più cautelativa rispetto alla legislazione di altri paesi. Tuttavia, l’idea di affidarsi soltanto al limite di tutela dalle onde elettromagnetiche stabilito in 6 Volt/metro dove c’è permanenza di persone, pensando di poterci arrivare vicino, come succede se si lascia totale libertà al mercato, non è la soluzione migliore. La soluzione ottimale è quella di collocare gli impianti nel punto dove danno minore impatto, minimizzando quindi l’esposizione, e dove garantiscono il servizio nel migliore dei modi. Occorre farlo tenendo presente anche le evidenze controintuitive: ad esempio non è una soluzione ottimale collocare l’antenna lontanissima, perché poi il cellulare per collegarsi dovrebbe operare alla massima potenza, e quello l’abbiamo attaccato all’orecchio. Meglio invece avere l’antenna sufficientemente distante da nonavere un impatto elettromagnetico minimo e al tempo stesso non tropo lontana in modo da non costringere il cellulare a operare al massimo della potenza, bensì col minimo consumo di energia.

La stagione del dialogo con i cittadini

Alcuni anni addietro abbiamo vissuto una importante stagione di concertazione sull’ettrosmog, un approccio importante per uscire da una logica di contrapposizione fra il servizio da erogare e la difesa della salute: in questi tavoli, amministrazione, operatori e cittadini hanno dialogato per definire insieme la migliore erogazione del servizio che minimizzasse l’impatto elettromagnetico sulla popolazione. Dal 2004 al 2009 nel Comune di Bologna è stato attivo un tavolo di confronto per cercare la collocazione migliore delle antenne insieme a tutte le persone coinvolte: cercare la soluzione ottimale ci ha consentito quasi sempre di contenere l’impatto massimo al di sotto dei 2 Volt/metro. Questa stagione del dialogo è stato nei fatti interrotta dalla modifica della normativa nazionale, che ha fatto diventare predominante l’esigenza del servizio. Questo ci ha fatto tornare alla logica per cui il servizio va erogato purché stia all’interno dei limiti di legge, rinunciando quindi all’ulteriore minimizzazione resa possibile dalla concertazione. E’ così venuto a diminuire l’intervento regionale su ambiente, antenne e frequenze elettromagnetiche è la relativa stagione di concertazione con le realtà locali. Io credo che dovremmo aprire insieme una riflessione, e cercare di riannodare questo filo: gli aspetti sanitari non sono scollegabili dall’efficienza del servizio, e i risultati migliori si ottengono con la minimizzazione dell’impatto elettromagnetico grazie alla concertazione ed al coinvolgimento dei cittadini.

Serve una divulgazione scientifica equilibrata

L’avvento del 5G ha comportanto una crescita della diffusione delle preoccupazioni. Anche per questo serve rilanciare una stagione di concertazione, e per supportarla efficacemente c’è bisogno di una divulgazione scientifica equilibrata. Troppo spesso, infatti, ascoltiamo da un lato voci iper-allarmistiche che paventano effetti nefasti sulla popolazione anche quando l’emissione coinvolta è molto ridotta: si pensi alla lotta che a volte si fa contro il WiFi, nonostante i suoi livelli di emissione bassissimi rispetto a quelli di altre tecnologie come la telefonia mobile. D’altro canto, si sentono toni iper-rassicuranti che inducono a credere che poiché la legislazione italiana è più rigorosa non ci sia alcun bisogno di operare per la minimizzazione dell’elettrosmog, e l’unico tema sia quello dell’erogazione del servizio.

Io credo che ci possa essere una “via italiana” da perseguire e che debba mettere insieme la partecipazione ed il confronto fra gestori, amministrazioni e cittadini, una buona informazione scientifica, ed un nuovo protagonismo da parte della Regione.

(Estratto dall’intervento nella seduta dell’Assemblea Legislativa del 2 febbraio 2021)

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