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Conoscevo già le problematiche dell’autismo e l’ANGSA, ma devo riconoscere che il mio rapporto con l’autismo ed ANGSA ha avuto una svolta nel novembre 2014, quando ho aderito all’iniziativa “Genitore per un giorno”. Lo scopo era far conoscere ai politici la vita quotidiana delle famiglie con soggetti autistici ed io ho raccontato la mia giornata nell’articolo “Per Elisa”, pubblicato sul mio sito il 23 novembre 2014, un minuto dopo la chiusura delle urne per le elezioni regionali di 5 anni fa.
Ho sempre sostenuto, e l’ho ribadito anche quando sono intervenuto ai convegni organizzati dall’associazione al teatro Duse, che di solito sono partecipatissimi, e nel corso delle audizioni tenutesi in Commissione sanità, che le associazioni hanno un ruolo chiave nel fornire suggerimenti e pungolare la politica per migliorare la risposta avere migliori sistemi sanitari e sociali. Questo è vero in generale e a maggior ragione nel caso di una problematica che sta crescendo in modo impressionante.
A valle dell’audizione svolta nel 2015, il risultato più importante è stato lo stanziamento nel 2019 di 2 milioni di euro per i bambini autistici nella fascia 0-6. Sono fondi che permettono di migliorare la risposta e soprattutto di intervenire in modo precoce e migliorare l’assistenza. Sono cosciente che restano ancora aperte questioni importanti, come la migliore definizione del progetto di vita per gli adulti. Se infatti molto è stato fatto per attivare i servizi integrati sanitari ed educativi per l’infanzia, gli adulti invece hanno più difficoltà a trovare una collocazione. Il problema in buona parte nasce dall’ampia variabilità dello spettro autistico, per cui accanto a casi “ad alto funzionamento” in cui l’aspetto cognitivo è integro, vi sono casi “a basso funzionamento” in cui il deficit cognitivo è importante. Proprio per questo diventa ancora più importante che il progetto di vita sia individuale e tagliato a misura delle esigenze proprie del singolo.
Credo che questa la sfida dei prossimi 5 anni: ottenere interventi per la formazione degli operatori impegnati nelle varie strutture, per l’accompagnamento ad una condizione lavorativa, e per il dopo di noi. Inoltre, è auspicabile una maggiore collaborazione diretta fra servizi socio-sanitari ed associazioni. Ora che ANGSA è sul punto di aprire una struttura in collina e spera di avere al più presto una sede a Bologna (finalmente!), si potrebbero pensare ed attuare interventi educativi in collaborazione fra le istituzioni e le associazioni, in un’ottica di matura sussidiarietà.