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Cattolici e politica, una intervista

6 Gennaio 2020 Interviste

E’ uscito il numero 41 di Essenonesse (Sostenere non sopportare), una bella newsletter curata da un gruppo di amici bolognesi impegnati nel campo ecclesiale. In questo numero, nella rubrica “l’angolino dei pensieri”, c’è una intervista che Sandra Deoriti mi ha fatto. Ne pubblico di seguito il testo.


Di quando in quando, alla redazione di Essenonesse, sono stati invitati esponenti degli Enti locali per una conversazione informale sulla situazione del nostro territorio e sulla qualità della partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica.
Alcuni mesi fa è stato nostro ospite Giuseppe Paruolo, Consigliere regionale del Partito Democratico, Presidente della V Comm. (Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport, Legalità) e membro della IV Comm. (Sanità e Sociale); gli abbiamo rivolto le seguenti domande:

Cosa vuole dire essere un cattolico impegnato in politica oggi?

E’ una bella domanda, a cui bisognerebbe provare a dare una risposta collettiva.

Risposta collettiva significa partito dei cattolici?

Proprio no. Il problema è proprio oscillare fra l’illusione antistorica e a mio avviso sbagliata del partito cattolico e il nulla all’estremo opposto, uno spazio vuoto in cui non c’è dialogo e confronto, ognuno fa quel che gli pare e la parola “cattolico” diventa una semplice etichetta per prendere o togliere voti.

Capisco per prendere, ma anche per togliere?

Certo, in alcuni ambienti sottolineare la fede di una persona è uno stigma, serve ad allontanare consensi. Come se si parlasse di una superstizione o di una teoria del complotto.

E quindi in cosa può consistere una risposta collettiva?

Occorrerebbe tornare a parlare di politica anche nelle parrocchie. Cosa che non significa tirare la volata a questo o a quel partito, ma confrontarsi sui temi, discutere, ridare cittadinanza ecclesiale anche all’impegno politico. Proprio perché fede e politica sono su piani distinti, ogni credente è chiamato a fare quel passaggio, ed è normale che persone diverse giungano a conclusioni diverse. Ma sarebbe importante che ci fosse un confronto costante, anche per verificare l’aderenza fra parole e fatti di coloro che sono impegnati in politica.

E’ una cosa che a te manca?

Sì. Ci sono i rapporti personali, c’è il dialogo con l’associazionismo, c’è il tentativo più o meno sommerso di fare rete, ma non basta. Anche perché chi fa politica deve sempre dare conto ai propri elettori, che ovviamente comprendono cattolici e non cattolici. La trasparenza quindi dovrebbe essere una esigenza sentita da tutti. Senza trasparenza c’è solo tanta confusione.

Qualche segnale positivo lo vedi?

In effetti qualcosa si sta muovendo. Mi ha fatto piacere quando il vescovo Zuppi ha accettato il mio invito a venire ad un dibattito ad una festa dell’Unità, al tempo stesso chiedendo che vi fossero rappresentanti delle diverse parti politiche. Credo sia il modo giusto: stare sui temi, ascoltare le diverse campane, ma non rinunciare ad un confronto vero sulla mediazione fra fede e politica. Perché è vero che le opzioni possibili sono diverse, ma discuterne è qualcosa che arricchisce ed educa le coscienze.

Altrimenti quali solo i rischi secondo te?

Lasciare campo libero alla convinzione che la politica sia una cosa sporca, che i politici siano tutti uguali, tutte premesse per cui da un lato dilagano sovranismi e populismi e dall’altro fa strada chi ha dietro risorse ed interessi economici robusti. Dire che i politici sono tutti uguali è peggio di una bugia: è una profezia autoavverante. E ne vediamo le conseguenze.

Di recente in Regione avete discusso e poi approvato una legge contro le discriminazioni, e tu sei stato protagonista nel presentare diversi emendamenti. Com’è andata?

Abbiamo raccolto un disagio forte, espresso in modo esplicito da associazioni e singoli in un dibattito a tratti duro ma comunque utile. Coi nostri emendamenti abbiamo depurato aspetti ideologici non condivisibili presenti nel testo iniziale, e riaffermato la condanna di una pratica di sfruttamento delle donne e dei bambini quale la maternità surrogata. Abbiamo dimostrato che si può fare una legge contro le discriminazioni verso le persone lgbt senza cedere all’impianto ideologico che viene abitualmente definito come “gender”. E abbiamo fatto il PD, ossia dimostrato di essere un partito plurale capace di trovare un punto di sintesi rispettoso di diverse sensibilità. Non è poco, di questi tempi.

Fra poco si tornerà a votare per la Regione, e anche tu sei ricandidato. Un consiglio agli elettori?

Non accontentatevi degli slogan e dei discorsi generici fatti per accontentare tutti. Informatevi, discutete, giudicate l’operato specifico dei candidati. Scegliete con attenzione, perché alla fine sono le persone a fare la differenza.

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