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Siamo tutti coscienti di avere a volte una percezione non precisissima di fenomeni che pure ci riguardano e che pensiamo di conoscere. E sappiamo che la percezione è una componente importante, che a volte rischia di essere quasi più influente della realtà. Nel convegno “Migrazioni e cooperazione internazionale”, organizzato dalla Regione Emilia-Romagna lo scorso 25 gennaio, a cui ho avuto il piacere di partecipare, fra i diversi interessanti interventi è stata presentata una ricerca dal prof. Marco Valbruzzi dell’Istituto Cattaneo proprio su questo argomento, con dati che francamente mi hanno colpito.
Il tema in esame era appunto l’immigrazione, argomento rilevante in generale ed anche per l’impatto che ha ultimamente sulle intenzioni di voto, come si è ben capito dalle elezioni di quasi un anno fa. Quanti sono gli immigrati in Italia? Sono circa 5 milioni, a cui vanno aggiunti gli irregolari, arrivando così a una stima complessiva, per eccesso, di circa 6 milioni. Gli italiani però sono mediamente convinti che siano circa il triplo, ovvero in media pensano che gli immigrati extracomunitari siano il 25% della popolazione mentre realmente sono circa il 7%.
Un discorso analogo vale anche per gli altri stati europei, come si evince dai dati forniti dall’Eurobarometro in merito alla presenza di immigrati stimati dai cittadini in ciascuno degli Stati membri dell’UE. Tutti i cittadini europei sovrastimano nettamente la percentuale di immigrati presenti nei loro paesi, ma nessun altro paese ha una visione tanto lontana dalla realtà quanto l’Italia. Nell’unica slide che allego qui potete vedere quando è distante mediamente la percezione dalla realtà in ciascun paese europeo. Chi volesse guardarsi tutte le slide le trova fra gli atti del convegno.
La distanza della percezione dalla realtà varia, come prevedibile, al variare della geografia (al nord lo scarto percepito-reale è +10%, al sud +23%), del titolo di studio (laureati +11%, licenza media +28%), del luogo in cui si vive (in campagna +22%, nelle grandi città +30%), del ceto sociale (classe media +20%, classe operaia +29%), della collocazione politica (sinistra +18%, destra +30%).
Naturalmente c’è una correlazione fra la percezione e le opinioni dei cittadini, e quindi poi anche sulle proposte programmatiche dei partiti e sulle decisioni dei governi. I dati non chiariscono il nesso causa-effetto (ossia non è chiaro se la percezione influenza le opinioni o se l’opinione influenza la percezione), ma evidenzia la correlazione. Ad una maggiore distanza del percepito dal reale corrisponde una maggiore ostilità verso gli immigrati.
E’ interessante invece come la realtà influenzi meno questa distorsione percettiva rispetto ad altri fattori. Dai dati infatti non si vede una correlazione con l’effettiva percentuale di immigrati. Così ad esempio l’errore percettivo in nazioni che ospitano un grande numero di immigrati può essere molto basso come in Estonia (dove gli immigrati sono il 13% della popolazione, ma i cittadini li sottostimano -1%) oppure molto alto come in Austria (immigrati al 10%, errore percettivo +10%), e nazioni con un numero di immigrati molto basso possono avere una percezione molto errata come in Slovacchia (dove gli immigrati sono l’1%, ma la percezione è distorta di un +8%). La correlazione forte è invece col tasso di nazionalismo, nel senso che dove il nazionalismo è più diffuso l’errore percettivo è più alto a prescindere dal numero reale di immigrati nel paese.
I dati dicono anche molto altro, chi è interessato se li guardi, e si prestano a varie considerazioni. Qui dico solo che mi pare evidente che finché la distorsione del percepito dal reale viene usata come benzina per la paura e per raccogliere consenso da parte di alcune forze politiche, dubito che possano essere messe in campo politiche all’altezza della situazione: risolvere i problemi prosciugherebbe i serbatoi di quel consenso. Viceversa, per chi come noi è all’opposizione, deve esserci la consapevolezza che la distorsione percettiva difficilmente potrà essere curata con un atteggiamento didattico magari anche un po’ snob e saccente. Certo, la comunicazione ha la sua importanza, ma il nodo a mio avviso è mettere in campo politiche – dove possiamo farlo – capaci di risolvere davvero i problemi e dimostrare che la strada dell’integrazione è percorribile ed efficace nel rispondere e curare alla radice paure ed insicurezze.