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C’è qualcosa di buono nel mettere a nudo la prostituzione per quello che è veramente. E’ l’illuminazione che nasce quando si fa risplendere una luce in luoghi bui. E’ l’essenziale onestà che permette di mostrare i contorni come sono veramente.
Il tentativo di inquadrare la prostituzione nell’ambito dell’autodeterminazione sessuale semplicemente non regge, perché la nostra decisione non aveva nulla di sessuale, era dovuta unicamente a questioni economiche. L’elemento sessuale era per noi un supplizio e non una fonte di piacere, e se ci fossimo trovate in condizioni che ci avessero permesso di esercitare una reale autodeterminazione, il nostro pappone si sarebbe ritrovato con un bordello vuoto.
Dov’è la rivolta femminile davanti a tutto ciò? Una rivolta femminile estesa non esiste dal momento che la sessualità femminile viene considerata da troppo tempo una merce, al punto che le donne sono arrivate a credere che sia necessaria una categoria di donne a parte per poterla mettere a disposizione.
Quando una donna tollera che questo trattamento venga riservato a una sua simile, se lo accetta all’insegna del “liberalismo” o di qualcos’altro, allora, deve anche accettare il fatto che lei stessa stia fuori della prostituzione soltanto perché non si sono verificate circostanze tali da spingerla necessariamente al suo interno.
Qualora la mercificazione delle donne fosse accettata, avrebbe delle potenziali ricadute su tutte le donne.
Non soltanto prendere parte alla prostituzione, ma perfino tollerarla provoca negli uomini la perdita della sensibilità nei confronti dell’umanità femminile.
Se la concezione delle donne che un padre trasmette al figlio è che sono soltanto delle cose da comprare e da scopare, devo domandarmi che razza di mariti diventeranno ragazzi come questi un giorno? Che razza di compagni? Che razza di padri?
Sono alcune frasi tratte dal libro di Rachel Moran “Stupro a pagamento – La verità sulla prostituzione”, oggetto ed occasione di un incontro molto bello e profondo che si è tenuto a Bologna il 19 novembre scorso, con la partecipazione di diversi relatrici e relatori molto qualificati, e di cui trovate il video integrale all’inizio di questa pagina. Un libro difficile e bellissimo, profondo ma anche scomodo come solo la verità riesce ad essere, e al tempo stesso capace di unire istanze diverse nel nome di una comune battaglia per la dignità di tutte le donne: dall’associazione Papa Giovanni XXIII ad ArciLesbica, dal mondo femminista rappresentato da studiose ed attiviste di livello nazionale e internazionale a giornaliste impegnate e segmenti significativi della politica.
L’argomento del convegno è in linea con una risoluzione, di cui sono stato primo firmatario, approvata dall’Assemblea Legislativa dell’Emilia-Romagna il 23 maggio scorso, e che trovate qui. Nella risoluzione si parla del modello nordico della punibilità dei clienti e si invita a procedere in questa direzione, citando la proposta di legge in questo senso presentata dalla senatrice Caterina Bini, pure presente all’incontro.
Nel ringraziare l’Assemblea Legislativa per il patrocinio, devo dire sinceramente che non mi aspettavo che il Comune di Bologna decidesse di ritirare il logo comunale obbedendo con riflesso pavloviano all’alzata di scudi giunta, peraltro con argomentazioni di imbarazzante pochezza, da diversi esponenti dell’ArciGay. Mi dispiace che nella storia del Comune resti questa macchia, consumata peraltro nei confronti del racconto e del pensiero di una donna coraggiosa sopravvissuta alla prostituzione. Nessuno era obbligato a condividere integralmente i contenuti del suo libro, o il pensiero dei relatori intervenuti, ma non ricordo precedenti paragonabili di negazione del logo.
L’assessora Zaccaria lo ha spiegato alla stampa così: “sinceramente non avrei dato parere favorevole ad una iniziativa che si pone in contrasto con le politiche che noi portiamo avanti e che prevedono azioni di riduzione del danno e la piena consapevolezza che la prostituzione, sia pure in casi minoritari, può essere volontaria”. Posto che le azioni di riduzione del danno non c’entrano nulla (nessuno ha da ridire sul punto), è sulla difesa della prostituzione come scelta volontaria che in effetti si registra una diversità di opinioni. Non solo fra l’assessora Zaccaria e la risoluzione del PD votata in Regione, ma anche con la stessa assessora Zaccaria versione novembre 2016, quando nel presentare nella sala stampa del Comune una proposta di adozione di strumenti per il contrasto della domanda di sesso a pagamento (ossia esattamente la posizione che oggi contesta) ebbe a dichiarare: “La violenza che subiscono le donne che si prostituiscono è violenza di genere”.
Ma, al di là delle polemiche, a chi vuole farsi una idea su un argomento che è evidentemente delicato, consiglio di guardarsi la registrazione del convegno e ascoltare gli interventi. Ne vale davvero la pena.