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Mettetevi comodi perché voglio rendere conto di una vicenda complessa. Riguarda Tper, ma credo costituisca un buono spunto di riflessione sul rapporto fra politica e società partecipate, sui meccanismi decisionali, la trasparenza, la complessità e altro ancora. Mi scuso in anticipo con coloro che sono abituati ad argomenti urlati e ultrasemplificati: a volte i temi sono complessi, e serve studio e pazienza per venirne a capo. Così come mi scuso con chi si attende un dibattito politico in cui chi governa dice sempre che va tutto bene e chi si oppone dice sempre che va tutto male. Io penso, invece, che bisognerebbe uscire da questo schema: mi piacerebbe una maggiore obiettività, con gli uni in grado di indicare anche le cose che non vanno e gli altri capaci di riconoscere le cose buone realizzate. Sono conscio di vivere e operare in una Regione all’avanguardia da tanti punti di vista, ma al tempo stesso sono convinto che l’eccellenza vada difesa anche indicando dove c’è da migliorare e usando sempre parole di verità. Da eletto e rappresentante dei cittadini, ritengo che questo sia un dovere, e nel mio piccolo provo a farlo.
All’inizio del luglio 2017 impariamo che Tper ha chiuso il bilancio 2016 con 15,4 milioni di attivo, pagandoci sopra 7,8 milioni in tasse e distribuendo ai soci dividendi per circa 4,6 milioni. La notizia mi stupisce un po’ perché mi pare naturale che le società partecipate puntino sì a chiudere in attivo ma non a fare utili rilevanti, soprattutto quando vengono finanziate con denaro pubblico per erogare servizi. Forse sarebbe stato meglio potenziare servizi, anticipare investimenti o altre spese necessarie, piuttosto che realizzare tanti utili e doverci pagare sopra tante tasse. Ma pochi giorni dopo veniamo a sapere che Tper chiede agli enti soci l’autorizzazione ad emettere obbligazioni per finanziare i propri investimenti. A quel punto mi viene il dubbio che la chiusura del bilancio con un utile significativo potesse essere una scelta propedeutica a questa operazione, visto che gli investitori comprano volentieri un’obbligazione se è garantita da una società solida. Al tempo stesso mi chiedo che senso abbia pagare quasi 8 milioni di tasse sugli utili e un attimo dopo fare debiti per finanziare gli investimenti necessari. E poi mi interrogo su quale sia il vantaggio di ricorrere al mercato obbligazionario per finanziarsi, piuttosto che ricorrere ad altri strumenti, meno vincolanti, come un prestito bancario. Infine, sia pure a grandi linee, capisco che l’ingresso della società nel mercato delle obbligazioni abbia delle conseguenze anche di tipo legale e mi chiedo se non finiscano per rendere la società meno controllabile dagli enti pubblici che ne sono soci. Considero il controllo delle partecipate uno dei temi più importanti da affrontare sul piano politico, perché ce ne sarebbe un gran bisogno, ma nonostante a parole tanti dicano che occorrerebbe fare di più per esercitare una funzione di guida vera, in pratica si continua a confondere la loro (giusta) autonomia gestionale con una (sbagliata) autonomia nella definizione degli indirizzi strategici.
Queste in breve erano le domande che mi sono posto nel momento in cui, all’incirca a metà di luglio, ho imparato dell’intenzione di Tper di emettere obbligazioni. Senza la pretesa di aver la verità in tasca, ma semplicemente nell’ottica di esercitare il mio mandato in modo coscienzioso. In un mondo normale, prima si approfondisce, si chiariscono i dubbi, si discute il problema e infine si assumono le decisioni. Qui invece la scansione dei tempi non l’ha consentito, e basta dare un’occhiata alle date per capirlo:
E’ chiaro che per come era stata impostata la tempistica era molto complicato che potesse avvenire una discussione approfondita, anzi aver presentato l’interrogazione ha inevitabilmente prestato il fianco all’interpretazione che stessimo “remando contro”. Però su questo modo di procedere dovremmo fare una riflessione vera, perché se è vero che Tper stava preparando da un anno questo passo, è singolare che gli eletti in Regione e Comune (i principali soci pubblici) lo abbiano imparato all’ultimo momento e in sostanza siano stati messi di fronte al prendere o lasciare. Ed è un tema generale e ricorrente, al punto che in anni passati, insieme ad Andrea De Pasquale, lo abbiamo in modo semiserio codificato come il paradosso temporale dell’attimo fuggente.
L’interrogazione del 19 luglio ha suscitato una discussione con risvolti anche polemici, naturalmente non desiderati da chi come me l’aveva firmata: noi avremmo voluto semplicemente avere tempo e modo per approfondire e discutere prima di decidere. Ma nel dibattito suscitato sono emerse anche alcune risposte agli interrogativi che avevamo sollevato, che vale la pena di richiamare.
Sul controllo pubblico della società, la presidente di Tper intervenne in commissione comunale e sui giornali precisando che “l’assetto societario di Tper non cambierà, i soci pubblici non perderanno le proprie prerogative”. Sul perché fosse necessario procedere così in fretta, disse che “si è aperta una finestra e bisogna accelerare i tempi, perché abbiamo dei treni da pagare”. In altre parole, c’era una congiuntura favorevole del mercato obbligazionario, da sfruttare con celerità. Infine ha ammonito ricordando che “sul mercato le polemiche non aiutano”, argomento che ha senz’altro un fondamento, ma che si presta anche ad essere usato dalle società quotate per dissuadere gli eletti dall’interferire.
La presidente di Tper cercò di rassicurare rispetto agli effetti collaterali, ma non entrò nel merito dei vantaggi finanziari che l’operazione avrebbe comportato, che furono invece sottolineati dal sindaco Merola che parlò della vicenda nella sua newsletter del 22 luglio: “Devo constatare una strana attitudine di certa politica a combattere battaglie di retroguardia anziché alzare lo sguardo verso lo sviluppo e l’innovazione. Mi riferisco (…) all’intenzione di Tper di emettere obbligazioni per estinguere un mutuo da 35 milioni, diventato ormai troppo esoso rispetto agli attuali tassi di mercato. (…) Credo che una società sana ed efficiente come Tper (…) faccia molto bene ad andare sul mercato per finanziare i suoi piani di crescita nell’ottica di migliorare ancora il servizio.” Per il sindaco quindi, al di là dei risvolti polemici, fare entrare Tper nel mercato obbligazionario era una scelta di modernità e di convenienza finanziaria.
Nessuno fornì una stima quantitativa del vantaggio dell’operazione in termini finanziari. Il punto non fu chiarito nemmeno dalla risposta all’interrogazione, che peraltro arrivò dieci giorni dopo la conclusione dell’operazione del collocamento delle obbligazioni, avvenuta il 15 settembre alla borsa di Dublino per importo pari a 95 milioni di euro, di obbligazioni non convertibili, al tasso fisso di 1,85% per una durata di 7 anni.
Non erano arrivate risposte esaurienti alle domande poste, in particolare sulla quantificazione del vantaggio finanziario del ricorso alle obbligazioni rispetto ad esempio all’accensione di un finanziamento bancario. Al tempo stesso non c’era più nessuna fretta, perché la decisione era ormai stata già presa e il collocamento completato. La mia richiesta di audizione dei vertici Tper ha avuto luogo in Commissione III il 25 gennaio 2018 (è disponibile l’audio integrale della seduta).
La presidente Gualtieri, pur dicendosi un po’ stupita delle mie domande su una vicenda che considera un grande successo per Tper (“siamo un esempio positivo in Italia, ci stanno tutti chiedendo come abbiamo fatto”), ha gentilmente risposto a diversi quesiti, insieme al direttore Paolillo. Riepilogo di seguito i chiarimenti che ritengo più importanti.
Sulla tempistica (scheda “2 – il percorso” nelle slide che ha presentato) la presidente ha spiegato che l’avvio dell’operazione è stato deliberato in CdA nel marzo 2017, in aprile c’è stata la selezione dell’advisor/bookrunner, in maggio-giugno è stata predisposta tutta la complessa documentazione necessaria mentre veniva chiuso il bilancio 2016, e solo nel luglio 2017 si è andati a chiedere ai soci l’autorizzazione a procedere. Ma fino all’ultimo momento Tper ha preferito tenere riservata la notizia, perché “se provi ma poi scopri che non ci riesci a quel punto è meglio non averlo neanche detto e cercare altre strade” e perché l’advisor ha sempre richiesto “il vincolo della riservatezza in tutto l’iter perché sono operazioni che hanno natura particolarmente delicata”. Sull’informazione preventiva ai soci ha detto che “l’avevamo già messa come possibile opzione nei piani di investimento, quella delle obbligazioni era una delle varie possibilità elencate”.
Sulla scelta delle obbligazioni rispetto a un finanziamento bancario, è stato spiegato che per chiedere soldi alle banche servono garanzie, mentre per le obbligazioni è sufficiente la solidità societaria. Il direttore Paolillo ha spiegato che siccome qui si parla di un finanziamento dello stesso ordine di grandezza del patrimonio di Tper, sarebbe stato possibile ottenere dalle banche un prestito a tassi simili o di poco superiori a quelli ottenuti con le obbligazioni, ma gli enti soci avrebbero dovuto dare garanzie alle banche. Mentre un prestito non garantito sarebbe stato più difficile da ottenere e comunque assai più oneroso. Alla mia successiva domanda se Tper abbia mai chiesto agli enti soci se preferivano dare garanzie alle banche oppure autorizzare il ricorso alle obbligazioni, mi hanno risposto che siccome la risposta sarebbe stata scontata, non hanno fatto nemmeno la domanda.
Infine mi hanno spiegato che la chiusura del bilancio 2016 con un rilevante attivo nulla avrebbe a che vedere con la scelta di quotarsi nel mercato obbligazionario.
La compressione dei tempi di discussione negli organismi elettivi è conseguente ad una scelta di riservatezza, che ha certamente delle motivazioni comprensibili, che però vanno a discapito della trasparenza e della possibilità di una discussione libera da vincoli temporali strettissimi.
Resta aperto il tema dei bilanci in forte attivo e del perché pagare tanto in tasse invece che migliorare il servizio o anticipare investimenti. Capisco che ci sia da affrontare il nodo del contratto di servizio, ma mi rifiuto di considerare ineluttabile il fatto di pagare 8 milioni e passa di tasse sugli utili a fronte delle tante proposte di migliorie e servizi in attesa di trovare copertura finanziaria. Tra l’altro nei giorni scorsi è arrivato il bilancio 2017, anch’esso con un forte utile (anche se vedo che hanno diffuso solo il dato dell’utile netto di 8,2 milioni, forse per evitare di sottolineare i milioni pagati in tasse sugli utili).
Viene a cadere la narrazione per cui la scelta di ricorrere al mercato obbligazionario sia stata motivata da una netta convenienza finanziaria: un risultato analogo sarebbe stato ottenibile con finanziamenti bancari, che però avrebbero avuto bisogno di garanzie da parte degli enti soci. E non mi conforta il fatto che non ci abbiano posto di fronte alla scelta fra le due opzioni, perché hanno dato per scontata la risposta.
Ma se il prestito bancario ha come svantaggio quello di dover fornire delle garanzie, quale effetto collaterale problematico ha la strada delle obbligazioni? A sentire i vertici di Tper, apparentemente nessuno: “I soci hanno mantenuto le stesse identiche prerogative che avevano prima” ha ripetuto la presidente Gualtieri in svariate occasioni. In realtà un effetto collaterale esiste, e non irrilevante.
Le leggi che regolano la PA sono abbastanza stringenti, ma in passato le società partecipate dagli enti pubblici hanno usufruito di margini di manovra assai più ampi, con gestioni quasi privatistiche benché fossero sostanzialmente pubbliche. Per dare una regolata a tutto questo è intervenuto il Dlgs 175/2016, che fissa un serie di regole cui si devono adeguare le società a partecipazione pubblica. Sono regole sul funzionamento degli organismi, sui tetti remunerativi, sulle incompatibilità, sulle modalità di reclutamento e gestione del personale e altro ancora.
Il comma 5 dell’articolo 26 recita: “Nei dodici mesi successivi alla sua entrata in vigore, il presente decreto non si applica alle società in partecipazione pubblica che, entro la data del 30 giugno 2016, abbiano adottato atti volti all’emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati. I suddetti atti sono comunicati alla Corte dei conti entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Ove entro il suddetto termine di dodici mesi il procedimento di quotazione si sia concluso, il presente decreto continua a non applicarsi alla stessa società. Sono comunque fatti salvi, anche in deroga all’articolo 7, gli effetti degli atti volti all’emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, adottati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.”
La legge, che è del 19 agosto 2016, quindi stabilisce un’esenzione dalle nuove regole per chi aveva adottato atti volti (ad esempio) all’emissione di obbligazioni entro il 30 giugno precedente. Dando entro due mesi comunicazione alla Corte dei conti e finalizzando l’emissione obbligazionaria entro un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo, l’esenzione diventa permanente. Siccome il dlgs era entrato in vigore il 23 settembre 2016, il termine per la quotazione, utile a restare fuori dall’ambito di applicazione del Testo unico citato, era il 23 settembre 2017.
Facendo un accesso agli atti nei giorni scorsi ho verificato che in effetti il 21 novembre 2016 la Presidente Gualtieri aveva scritto alla Corte dei conti, ai sensi del citato comma 5 dell’art. 26, informando che il CdA di Tper aveva approvato il piano industriale della società il 18 maggio 2016, in cui erano indicati diverse possibili fonti di finanziamento. Tra le diverse fonti di finanziamento, il CdA aveva valutato di procedere verso l’emissione di strumenti finanziari di debito quotati in mercati regolamentati. Ed erano stati attivati i rapporti con banche e consulenti per procedere verso un’emissione di obbligazioni fra i 50 e 100 milioni di euro.
Avendo completato l’iter della quotazione il 15 settembre 2017, a questo punto Tper è stabilmente fuori dal Dlgs. 176/2016.
Quando in luglio abbiamo chiesto un approfondimento, non conoscevo questo aspetto. Oggi capisco che se l’iter avesse subito un rallentamento per risponderci nel merito, difficilmente si sarebbe fatto in tempo a far rientrare la quotazione entro i termini temporali che ho appena illustrato. Tendo però a pensare che non fosse del tutto indifferente a Tper il riuscire a chiudere l’iter entro il 23 settembre. Nulla di male, intendiamoci, ma magari qualcuno avrebbe potuto dircelo, invece rileggendo la risposta all’interrogazione, sul tema dei limiti massimi per gli emolumenti di amministratori e dirigenti la risposta fu che “restano invariate” le decisioni dei soci ma che “tali argomenti sono materia del Dlgs 175/2016 che ha previsto nuove regole”. Che però bisogna vedere per chi valgono…
Nell’accesso agli atti avevo chiesto anche la deliberazione del CdA di Tper del 18 maggio 2016. Curiosamente mi hanno fornito un verbale con talmente tanti omissis per cui si evince solo che in quella riunione hanno approvato un piano industriale, ovviamente non allegato. Però nella lettera di accompagnamento si sono raccomandati che “il trattamento delle informazioni e dei dati si svolga nel rispetto e in coerenza della normativa con particolare riferimento alla riservatezza degli stessi”. Bene ma non benissimo.
Con tutto il rispetto per tutte le ragioni di Tper, e confermando l’apprezzamento per quanto di buono la società ha realizzato, faccio presente che:
1) Non è il massimo apprendere che si stavano preparando da un anno (e non da marzo) ad entrare nel mercato delle obbligazioni, e che lo hanno ugualmente detto all’ultimissimo momento. In conseguenza di ciò gli enti soci sono stati costretti a prendere o lasciare, e nessuno ha potuto ad esempio discutere se fosse preferibile la strada delle obbligazioni, lasciando che Tper uscisse dalla 175/2016, oppure dare le garanzie per un finanziamento bancario, ma tenendo Tper dentro la 175/2016.
2) Quanto appunto all’uscita dall’ambito di applicazione del Testo unico, c’è differenza fra un effetto collaterale di una decisione assunta per motivi del tutto indipendenti e una conseguenza cercata con chiara determinazione anche se mai esplicitamente dichiarata. Avrei preferito che ci avessero spiegato perché secondo loro era utile tener fuori Tper dalla 175/2016, invece di scriverlo formalmente negli atti come un mero effetto collaterale senza mai dire una parola sul punto né citare la scadenza, ma dicendo solo che occorreva fare in fretta per ragioni connesse ai mercati finanziari e ai treni da comprare.
Insomma scegliere la strada delle obbligazioni e disobbligarsi dal rispetto del Testo unico sulle partecipate era certamente una possibilità legittima, ma sarebbe stato meglio discuterla con trasparenza e dando il tempo agli enti soci per approfondire l’argomento con serenità. Così non è stato, ed è un peccato.