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Fare squadra per essere competitivi in Europa

fondieuropeiL’Italia perde, o rischia di perdere, miliardi di euro di finanziamenti europei  per non averli saputi utilizzare entro la scadenza prevista.

E’ certamente una cosa assurda e dolorosa, ed aver acceso un riflettore su questo rischio è uno dei vari meriti di Matteo Renzi, il cui governo sta ora operando perché ciò non accada.

Nell’imminenza delle elezioni europee è giusto parlarne, anche per cercare di evitare la prossima volta di ridursi in queste condizioni.

Ma questi fondi non sono gli unici su cui occorre una riflessione e un salto di qualità. Infatti, i miliardi di cui si parla sono parte di risorse già destinate all’Italia. Ma ci sono anche i cospicui finanziamenti che la UE assegna con meccanismi competitivi ai progetti migliori: in quel caso, la “torta” è unica a livello europeo, e conquistare i fondi è per l’appunto frutto della competitività del Paese. Un punto su cui l’Italia può e deve fare di meglio.

Essere competitivi significa certamente disporre di idee e competenze per presentare progetti meritevoli di essere scelti e finanziati. Facciamo abbastanza per promuovere queste condizioni? Questa è la prima domanda da farsi.

Ma c’è un secondo aspetto, non meno importante: occorre anche essere presenti là dove le priorità vengono decise e incardinate nei programmi e là dove i bandi vengono preparati.

Altre nazioni, a partire da Germania, Regno Unito e Francia ma non solo loro,  si organizzano per fare davvero sistema: a partire dai parlamentari europei, passando per i funzionari per arrivare ai rappresentanti del mondo accademico e dell’industria, essi si comportano come una squadra coesa, e – a prescindere dall’orientamento politico – si impegnano per portare i migliori risultati per il proprio Paese.

Non possiamo certo dire che l’Italia faccia lo stesso. Qualche tentativo di coordinamento è stato fatto, ma senza mai riuscire a mettere in campo una squadra coesa. Mi è capitato addirittura di sentire italiani impegnati a Bruxelles giungere a negare che vi fosse da parte di altri Paesi una regia nazionale, arrivando a confondere la necessaria terzietà del funzionariato comunitario con la capacità di coordinamento e di fare sistema.

Se stiamo nei tavoli dove si decide e facciamo squadra è chiaro che poi sarà più semplice valorizzare il patrimonio di creatività e capacità di cui comunque il nostro Paese dispone. Oltretutto, contribuire a definire le priorità riduce il rischio di dover poi competere su obiettivi solo parzialmente utili ai nostri bisogni.

E qui forse occorre riconoscere che il terzo rischio di spreco su cui interrogarsi, dopo aver citato l’utilizzo dei fondi assegnati e la capacità di competere sui fondi messi a bando, è proprio quello di progetti finanziati che servono solo a fare lavorare le persone coinvolte senza lasciare in eredità risultati e prodotti effettivamente utili per la collettività.

Tutto ciò costituisce una chiave di lettura importante per le elezioni europee: non basta scegliere persone oneste e capaci, ma anche in grado di fare squadra. E serve un progetto capace di riportare l’Italia ad essere protagonista in Europa, non a chiacchiere ma con la dimostrazione di volere e sapere fare le riforme necessarie a cambiare davvero le cose.

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Mondo e noi, Partito Democratico, Politica nazionale

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