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Martedì scorso all’Arena del Sole la Regione ha presentato in grande stile la Community Network costruita attorno alla rete a banda larga Lepida, che connette e sempre più connetterà le pubbliche amministrazioni dell’Emilia Romagna.
L’idea di farsi una rete “in proprio” non è naturalmente l’unica possibile. Per di più, i rischi per un’amministrazione pubblica di uscire dal seminato tendono a crescere significativamente quando si diventa proprietari di un’infrastruttura che, come questa, sta sulla frontiera dell’evoluzione tecnologica. D’altra parte, si massimizzano anche le opportunità di innovazione e di risparmio: il problema per l’appunto è saper cogliere queste ultime ed evitare i rischi.
Tutto questo per dire che va dato merito alla Regione Emilia Romagna non tanto e non solo di aver sostanziosamente finanziato la rete Lepida, ma per il modo con cui ha impostato le cose, per aver condotto fin qui la vicenda con capacità e misura. L’enfasi messa sui servizi innovativi, l’aver scelto una modalità “leggera” per la società di supporto, l’attenzione ad una immediata valorizzazione delle opportunità di risparmio sono tutti elementi importanti.
E lo è soprattutto la Community Network, ovvero la strutturazione della partecipazione alle scelte da parte dei Comuni e degli Enti coinvolti nella rete. Apparentemente potrebbe sembrare solo buonismo partecipativo, ma in realtà è una premessa indispensabile per fare sul serio innovazione, che la Regione ha colto e che dovremmo riuscire ad affermare maggiormente anche a livello nazionale ed europeo.
Vi sono infatti due rischi opposti nell’introduzione dell’ICT nella pubblica amministrazione e nello sviluppo dell’e-government. Da un lato il rischio di un centralismo che confeziona soluzioni valide per tutti, che quindi in teoria realizza la massima economia di scala, ma che l’esperienza ci dimostra andare spesso tutt’altro che nella giusta direzione. Basti solo l’esempio dell’esperienza ormai ultradecennale della carta di identità elettronica per comprendere quanto male ci può fare un centralismo sordo alle richieste degli utilizzatori. Dall’altro lato il rischio dell’anarchia e dello spreco: ognuno si confeziona le sue soluzioni, con il bel risultato di sviluppare prodotti simili e magari incompatibili per fare le stesse cose.
Per questo la comunità degli utilizzatori è la chiave di volta per poter rendere reali parole come economie di scala, efficacia, standard comuni, interoperabilità. Non è buonismo, è realismo innovativo: peraltro l’80% dei servizi di e-government in Europa sono attualmente forniti dai Comuni. Le città devono essere quindi chiamate a giocare un ruolo di primo piano in questa partita, e la Regione Emilia Romagna ha fatto molto bene a farlo.