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Non ho la minima voglia di confrontarmi col V-day con analisi pensose che sono sicuro leggeremo in questi giorni del tipo “sintomo di un malessere”, “campanello d’allarme” e così via.
Faccio un’unica premessa. Che l’Italia abbia dei seri problemi da risolvere per considerarsi non dico migliore, ma quantomeno paragonabile ad altre democrazie occidentali, è un fatto. Che per risolvere tali problemi occorra un salto di qualità della politica è un altro fatto, come pure che molti italiani pensino che l’attuale classe politica non sia all’altezza.
Detto questo, quando ascolto Beppe Grillo parlare sono d’accordo con circa metà delle cose che dice e delle proposte che fa. Anzi: diverse sono cose sacrosante. Quindi che problemi ci sono? Ne vedo due.
Primo, l’altra metà di cose non le condivido perché, per trascinamento, pagano la tendenza ad esagerare e a fare di tutta l’erba un fascio, tendendo a buttare via il bambino con l’acqua sporca. E su queste vedo un po’ difficile discuterne, perchè ho l’impressione che il verbo di Grillo sia un po’ all’insegna del prendere o lasciare.
Secondo, la realizzazione delle riforme giuste (ovvero la metà con cui concordo) richiederebbe da parte di chi grida in piazza al V-day di saper distinguere nella classe politica (per così dire) fra buoni e cattivi, per spingere e supportare i buoni sulla strada delle riforme attese. Altrimenti, se tutti i gatti di notte sono bigi, continueranno a scegliere le caste (plurale) e nulla cambierà.
Se Grillo e il movimento che è sceso in piazza riusciranno a risolvere questi due punti, dal V-day potrà venire molto di buono. Altrimenti, temo che sarà un’occasione perduta.