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Un mesetto fa mi è capitato di essere invitato a parlare di un argomento un po’ inconsueto. Il titolo era: “Lobby: pressione indebita o legittima difesa degli interessi?”. Durante il convegno la tesi prevalente, che in questi termini condivido, era che l’attività di rappresentanza degli interessi è meglio che avvenga in modo trasparente e regolamentato, e non che sia costretta a scegliere fra non esserci (impossibile) ed esserci in modo sotterraneo (appunto).
In quell’occasione mi sono un po’ scatenato su alcuni concetti a me cari, peraltro rilevanti anche nel contesto del discorso sulle lobbies.
Primo: finché rimarrà un così ampio divario fra le regole e la loro applicazione, non potremo dirci una nazione civile. In Italia si continuano a fare norme (troppo) rigide per poi applicarle solo approssimativamente.
Anche volendo trascurare i comportamenti formalmente non a norma ma in pratica diffusissimi e tollerati (chi usa sempre le cinture di sicurezza sul sedile posteriore?), siamo pieni di esempi in cui la legislazione in pratica dice al cittadino: fregami pure, ma entro certi limiti. Questo è il senso di fondo degli accertamenti fiscali (se dichiari sotto una certa soglia vieni rivoltato come un calzino, ma se stai sopra sei abbastanza tranquillo), degli estimi catastali (la legge dice che se dichiari in compravendita un valore non inferiore alla stima ufficiale, sei esentato da controlli), e del combinato disposto fra le leggi anti-pirateria (ispirate alla filosofia che vediamo negli spot nei cinema: copiare è come rubare) ed il fatto che sui supporti vergini siamo costretti a pagare un sovrapprezzo alla SIAE per i diritti d’autore (nell’ipotesi che se uno compra un CD vuoto, sicuramente ci copierà sopra qualcosa illegalmente).
Civiltà è il contrario: regole chiare ed anche meno inutilmente roboanti e poi una serena loro applicazione.
Secondo: sblocchiamo il gioco al ribasso, per cui tutti frenano sulle riforme. Gli interessi di parte si mobilitano sempre e comunque per difendere i propri privilegi, mai per chiedere maggiori diritti che spesso sarebbero dovuti ma che vanno a toccare privilegi di altre categorie.
Se ognuno gioca in difesa, alla fine vince la conservazione. E l’Italia è un paese destinato al declino, se non sarà capace di cambiare. Perché si finisce di fare la somma di tante debolezze: non di forze, perché le forze implicano dinamismo e capacità di cambiare, alla ricerca di un migliore punto di equilibrio. Sono contento che questo tema sia quantomeno evocato sia dal governo che nel percorso costituente del PD.
Terzo: in tutto questo quadro, abbiamo bisogno di comunicare il merito delle cose e non restare semplicemente ancorati all’immagine che ci viene restituita da mezzi di informazione che sono parte non disinteressata del gioco politico ed economico; e che non solo tendono a usare pesi e misure molto diversi a seconda delle convenienze, ma soprattutto spesso rinunciano ad informare il lettore del reale merito delle questioni. Su questo non chiedetemi degli esempi, perchè potrei averne un po’ troppi da citare…