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Spesso il rapporto politici-giornalisti è molto particolare. Gli uni hanno bisogno degli altri, quindi ci si vede, si parla, si fa gli amiconi, salvo che è meglio tenere conto che ogni parola che dici potrebbe essere usata contro di te.
Quante volte capita di rileggersi sul giornale e pentirsi per l’unica frase che avresti fatto meglio a non dire, o a dire in modo diverso, e che naturalmente è l’unica riportata nell’articolo mentre le altre ottime cose che avevi detto sono state con grande naturalezza cestinate?
Ma se la frase l’hai detta non puoi farci niente, tranne imparare a tenere a freno la lingua la prossima volta…
A volte però capita che l’esigenza di sintesi (diciamo così) del giornalista giochi dei brutti scherzi. Perchè rendere lo stesso concetto in modo più sintetico, fa sì che si perdano delle sfumature…
L’esempio sul giornale di oggi è il breve riassunto di una raffica di domande che un’ottima giornalista mi ha fatto sulla presenza di cattolici nelle istituzioni.
Ad un certo punto ho detto una frase di questo tipo: “Bisogna distinguere i ruoli. Personalmente penso che la fede non vada nascosta ma nemmeno ostentata“. La giornalista a quel punto mi ha chiesto: “Allora non sei un teodem?”. E io: “No”.
Oggi sul giornale c’è: “Bisogna distinguere i ruoli. Non mi nascondo ma non sono un teodem“. Ad un lettore fine non sfuggirà che quella che era una risposta fattuale ad una domanda precisa è diventata un’affermazione un po’ sprezzante nei confronti di quei cattolici in politica che si fanno chiamare teodem. Questione di sfumature, appunto…