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Avanti il merito (ma servono anche le retrocessioni)

29 Maggio 2007 Scuola e formazione

Sabato scorso sono andato alla consegna delle borse di studio e dei premi agli studenti più meritevoli dell’istituto Aldini Valeriani Sirani. Un momento importante, secondo me, in cui quei ragazzi capiscono che studiare e meritare serve e soprattutto viene (almeno un po’) riconosciuto. Ed è proprio dell’importanza del merito che ho provato a parlare loro.

L’importanza del merito dal punto di vista sociale: unico baluardo rispetto ad una società in cui facciano carriera solo i figli di qualcuno che è già arrivato e può spianare loro la strada.
L’importanza del merito dal punto di vista dei risultati concreti per tutta la nostra società: se abbiamo bravi insegnanti ad insegnare, bravi medici a curare, bravi ingegneri a costruire, c’è un chiaro beneficio per tutti.

Ma siccome a parole sono capaci tutti, dobbiamo avere il coraggio di dire che per avere la possibilità di far salire i migliori occorrono anche gli strumenti per fare scendere i peggiori. E questo è quel che manca nell’Italia di oggi: ci sono tantissimi bravi insegnanti, ma se ve ne capita uno psicopatico (e può capitare) non c’è speranza se non attendere che vada in pensione; se un docente universitario decide di appendere il cervello al chiodo (e può capitare), comunque nessuno lo può toccare; se un chirurgo non ha proprio una bella mano (e può capitare) difficilmente lo si potrà dirottare verso incombenze meno rischiose per il paziente. E così via.

A tutti quelli cui, appena si parla di giudicare il merito, si rizzano i capelli in testa perché temono ingiustizie e differenze, e che invece sono molto rassicurati dai ruoli e dalle anzianità di servizio come unica misura su cui costruire una carriera, bisognerebbe chiedere di fare qualche conto. E calcolare quale enormità ci sta costando, come sistema-paese, questa subcultura fintamente egualitaria che perpetua le rendite di posizione e fa emigrare all’estero i più bravi.

Potrei poi aggiungere qualcosa sull’importanza del merito delle questioni contrapposto alla cultura dell’immagine e degli slogan. Quella per cui, per fare solo un esempio, nel dibattito politico che si svolge sui giornali oggi va così di moda il parere privo di sfumatura: va tutto male, oppure va tutto bene, l’importante è non sforzare troppo i neuroni dei lettori in un’analisi che vada alla sostanza (inevitabilmente differenziata e ricca di sfumature) delle cose. E qui il discorso si farebbe lungo…

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